Apprendo che il candidato sindaco Totò Scerra, 22 per cento dei suffragi, oppositore duro e puro, ha deciso di donare la messe di voti ottenuta nel primo turno alla candidata sindaco Grazia Cosentino, challenger di Terenziano Di Stefano.
La trincea, profonda costruita fra sé e la tecnocrate fortemente voluta – tra gli altri – dal manager della Albert, Angelo Caci, si è dissolta come neve al sole: è stata abbattuta con irrisoria facilità, offrendo alla ex avversaria-nemica su un piatto d’argento il successo finale e alla città di Gela un governo locale di ispirazione… aziendale.
Ora la parola passa al popolo di Scerra, e non è affatto scontato che i followers ubbidiscano. Il cambio di prospettiva del giovanotto, duro e puro, intriga, tuttavia: affascina, stordisce, consuma ragionamenti e pensieri volatili. Pensamenti e ripensamenti su come va il mondo, suggestioni vaghe ambigue, vaghe indistinguibili percezioni e la nostalgia, naturalmente canaglia, di un passato bruttissimo ma pieno di dignità. Il giovanotto non vuole uscire dal lotto di quelli che contano. Niente di nuovo. Si rimane sorpresi, e non si dovrebbe per la conoscenza del mondo politico accumulata negli anni, ogni volta che capita di ascoltare una sfrontata negazione di ciò che si è appena affermato.
Se perfino il “guerriero” dell’opposizione consiliare si scopre in braghe di tela, così debole e fragile alle lusinghe del potere temporale (l’Albert è una chiesa), vuol dire che la forza della necessità – restare nel lotto della schiera dei decisori – abbatte ogni resistenza anche nei campioni di coerenza.
Non collochiamo Scerra sul banco degli imputati, colpevole del tradimento (politico) – chi siamo noi per assolvere e condannare l’umana natura, e poi l’acquartieramento è un po' anche il ritorno a casa (Fratelli d’Italia) – piuttosto medito sulla faccia tosta politica di quanti, e sono tanti, si esercitano nel salto della quaglia, trasformando il rinnegamento del credo professato un vezzo tollerabile, perfino legittimo, perché così fan tutti. Serve solo eleganza, bon ton, buoni motivi illustrati con grazia a beneficio di vicini e lontani.
Come scoprire per tempo la faccia tosta? Quali indizi la lasciano sospettare? Che cosa la tradisce? sguardo sfuggente o troppo fisso, le sopracciglia che si inarcano, la fronte che si raggrinza, i muscoli facciali tirati, l’aria stralunata, le rughe che si formano sulla fronte, i movimenti tesi e innaturali dei muscoli facciali in momenti di tensione o falsità, l’aria stralunata, le espressioni fuori luogo o esagerate? Un pittore, seppure così abile da descrivere ogni moto dell’animo, resterebbe con il pennello in mano, sconcertato e frustrato, pronto alla resa.
Gli indicatori fisici non servono a nulla. Non è certo la fisiognomica la scienza che può venirci in aiuto. Il dato caratteriale sfugge ad ogni inquisizione. Chi sa fingere, con se stesso prima che con gli altri, eredita la duttilità, la nonchalance, modula parole, gesti, toni, tratti somatici adatti ad affermare qualcosa e il suo contrario, trovando il terreno favorevole.
I destinatari della finzione, ben confezionata, dispongono della tolleranza che serve, della memoria distratta e indulgente che sopporta contraddizioni intollerabili, bugie inaudite, idiozie spudorate. La sfrontatezza, spudoratezza, impertinenza, protervia, impudenza sono state sdoganate, promosse a abilità, intelligenza politica, perché la narrazione veritiera non piace quasi mai, ed è utile raccontare ciò che si vuole ascoltare.
Sviluppare un pensiero critico eviterebbe di essere ingannati e manipolati. È un'abilità che si affina col tempo e con l'esperienza e si impara se si è attrezzati, caratterialmente e culturalmente. Fare i conti con se stessi è la pietra angolare. La questione trascende il caso-Scerra. La faccia tosta non ha un volto, ed il caso Scerra, in definitiva, non è rappresentativo delle magagne politiche. Le sfiora, quasi con tenerezza. C’è ben altro in plancia.
Come fa, per dire, la gelida Meloni a tenere insieme l’amor della patria (una e indivisibile) con l’autonomia differenziata che traccia una mappa dei bisogni (negati) fra una regione e l’altra, a favore delle “padanie” invocate dal leghismo d’antan, sconfitto dalle urne? Ci vuole una gran faccia tosta quando si abdica a se stessi con dedizione. La cultura della flessibilità e dell'adattamento nasconde o imbelletta interessi da bottega; farle onore prestandovi fede è una boiata pazzesca, per usare una generosa espressione fantozziana.
Abbandoniamo perciò il caso Scerra al suo destino, e quello della città agli elettori, che dovranno esercitare il loro diritto-dovere fra qualche giorno, provando a ragionare sugli strumenti di cui disponiamo per guardarci attorno.
Non è una digressione peregrina. Nel panorama politico italiano contemporaneo, la tolleranza verso i comportamenti manipolatori e contraddittori dei politici è un fenomeno con cui fare i conti. L’indulgenza verso la manipolazione e l’inganno, spesso percepita come un male necessario, ha peraltro radici complesse che affondano nella cultura, nella storia e nelle dinamiche sociali del nostro paese ed hanno serie implicazioni per la nostra democrazia.
L'Italia, con la sua lunga storia di trasformazioni politiche e sociali, ha sviluppato una certa resilienza verso le contraddizioni. Dai tempi della frammentazione comunale e delle Signorie, fino alle turbolenze della Prima e della Seconda Repubblica, gli italiani hanno imparato a navigare un mare politico spesso tumultuoso.
La cultura del "sapersi arrangiare", profondamente radicata nel tessuto sociale, si riflette inoltre anche nella percezione della politica. I cittadini, abituati a trovare soluzioni creative e adattive nella loro vita quotidiana, sono indotti a estendere questa mentalità alla sfera politica, giustificando così comportamenti che altrove sarebbero considerati inaccettabili.
La modernità ha portato con sé una rivoluzione nella comunicazione politica. I media, con la loro capacità di modellare e manipolare la percezione pubblica, giocano un ruolo cruciale. La politica spettacolo, la personalizzazione del potere e l'uso strategico dei social media hanno reso più facile per i politici sfuggire alla responsabilità delle loro contraddizioni. Gli elettori, bombardati da una miriade di informazioni e disinformazioni, si mostrano disorientati e più inclini a perdonare o ignorare l'incoerenza.
Un altro fattore significativo è la disillusione crescente verso la classe politica. La sfiducia nelle istituzioni e nei loro rappresentanti ha portato a un diffuso cinismo, l'incoerenza viene vista come una caratteristica intrinseca del potere, piuttosto che come un'aberrante deviazione.
Il fenomeno del leaderismo, dove l'attenzione si concentra più sulla figura del leader che sui contenuti delle politiche, amplifica ulteriormente questa indulgente accettazione. Leader carismatici e abili comunicatori possono riuscire a mantenere il sostegno popolare nonostante evidenti contraddizioni, grazie alla loro capacità di incarnare speranze e desideri collettivi.
L'indulgenza verso i politici manipolatori e incoerenti rappresenta quindi una sfida per la democrazia italiana. Educare i cittadini alla partecipazione attiva e consapevole, rafforzare il ruolo dei media come guardiani della verità e incentivare una politica basata su principi etici sono passi fondamentali per costruire una società più giusta e rispettosa. Quanto a Gela, beh, non richiede particolare perspicacia né doti particolari, per fare una scelta oculata.