Non ha mai perso occasione di replicare, colpo su colpo, in aula come sui media, ad ogni accenno di critica e polemica pronunciata dagli esponenti di opposizione, fino a lanciare a quest'ultimi, noncurante del netto vantaggio numerico degli avversari politici in seno al consiglio comunale, il guanto della sfida sulla sfiducia.
Giunta però la decima firma, il temerario primo cittadino di Gela, Lucio Greco, ha dovuto cambiare atteggiamento, obtorto collo. Man mano che ci si è avvicinati verso il “giorno del giudizio”, poi individuato in martedì 2 maggio, il sindaco ha iniziato a realizzare che ridursi a soli otto consiglieri comunali, sul piano della sfiducia, era come non averne nessuno, al pari di quel Domenico Messinese, primo sindaco ad essere stato sfiduciato nella storia repubblicana di questa città.
Greco ne acquisisce piena consapevolezza, verosimilmente, il giorno dopo aver giocato la carta della proroga di trenta giorni concessa dalla Corte dei conti sui correttivi, senza di fatto ottenere scossoni.
La riunione “pre-sfiducia” tenutasi in aula comunale, in settimana, ha visto il sindaco impettito e tutto d’un pezzo, ridursi a chiedere una sorta di assegno in bianco a suo favore, un atto di fede da parte delle forze politiche che erano presenti e che hanno risposto all'appello, anche se solo per correttezza istituzionale.
Nel corso della riunione, però, non è emersa nessuna novità nei conti. Nemmeno la notizia dei presunti trenta milioni di liquidità in avanzo compensa la preoccupazione del disavanzo da ripianare e che risulta dall’unica certezza, per contro, rimasta: il rendiconto consuntivo 2021, che doveva essere approvato dal consiglio comunale entro il 30 aprile 2022, non vede il traguardo neanche ad un anno di distanza, cioè il 30 aprile 2023. Una circostanza inconfutabile, che gioca nettamene a sfavore.
A fronte della quale, del resto, la tesi di fondo non cambia: se la crisi finanziaria è figlia di gestioni contabili allegre e disattente tenute dalle amministrazioni precedenti, la mancata approvazione dei documenti contabili da parte di questa amministrazione, è frutto della lentezza della macchina burocratica comunale, aggravata dall’essere a corto di personale, a cui si è aggiunto un eccessivo zelo mostrato dal collegio revisori dei conti sorteggiati. Nessun “mea culpa”, neanche di riflesso.
Peraltro, alla riunione non erano presenti due forze politiche, “FdI” e “Dc” che insieme fanno metà dei consiglieri firmatari (5 su 10). Infatti, il consigliere Gabriele Pellegrino (nella foto a sinistra) è entrato a far parte ufficialmente del partito cuffariano aggregandosi al collega Vincenzo Cascino (nella foto a destra).
Non partecipare alla riunione è un atto di coerenza che i meloniani in particolare hanno tenuto a rimarcare: «se tieni una porta aperta non puoi tenere la sfiducia», che «ha lo scopo di fare chiarezza, oltre a ribadire i motivi per i quali il sindaco deve andarsene. Gela non merita un altro anno di umiliazioni, Gela merita il coraggio della svolta».
Ne consegue che «comunque andrà la deliberazione sulla mozione di sfiducia, la linea dettata dal partito vede l’espulsione dallo stesso per chi vota in modo contrario»; inoltre «la trattazione della stessa sarà fondamentale per capire gli assetti politici futuri», in vista della coalizione elettorale di centrodestra.