Con ordinanza del 28 ottobre 2020, il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia ha sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge della Regione Siciliana 3 marzo 2020, n. 6 (Rinvio delle elezioni degli organi degli enti di area vasta.
Disposizioni varie). Nel far ciò, il giudice amministrativo di primo grado riferiva di essere stato investito di un ricorso col quale Sara Cavallo(nella foto, a destra), candidata non eletta al Consiglio comunale di Gela in occasione delle elezioni amministrative della primavera del 2019, aveva invocato l’annullamento del verbale delle operazioni dell’Ufficio centrale elettorale nella parte relativa all’attribuzione del premio di maggioranza, chiedendo una parziale correzione del risultato elettorale.
Nell’ordinanza di rimessione si dà conto di come le liste collegate al candidato sindaco risultato eletto al turno di ballottaggio avessero conseguito 11 seggi, in base al criterio di assegnazione del numero di consiglieri previsto all’art. 4, comma 4, della legge della Regione Siciliana 15 settembre 1997, n. 35 (Nuove norme per la elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale).
A questi l’Ufficio centrale elettorale ne aveva aggiunti 4, in applicazione del successivo comma 6, che prevede il premio di maggioranza nell’ambito delle elezioni dei sindaci e dei consigli comunali dei Comuni siciliani con popolazione superiore a 15.000 abitanti. La disposizione in questione stabilisce che «alla lista o al gruppo di liste collegate al candidato proclamato eletto che non abbia già conseguito almeno il 60 per cento dei seggi del Consiglio viene assegnato, comunque, il 60 per cento dei seggi ….».
Secondo la ricorrente nel giudizio principale, candidata nella lista «Avanti Gela» – facente parte di una coalizione concorrente rispetto a quella presentatasi a sostegno del sindaco eletto – l’Ufficio centrale elettorale avrebbe applicato in modo erroneo tale disposizione, perché il 60 per cento di 24 (numero totale di seggi di cui si compone il Consiglio comunale di Gela) corrisponde a 14,4.
In forza di un «principio generale», si sarebbe dunque dovuto procedere all’arrotondamento del decimale all’unità più prossima, mentre l’arrotondamento all’unità superiore sarebbe possibile solo ove il numero risultante dall’operazione di calcolo «contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi». Concludeva la ricorrente assumendo che l’Ufficio centrale elettorale avrebbe allora illegittimamente assegnato alle liste di maggioranza 15 seggi anziché 14.
Nelle more del giudizio, entrava in vigore l’art. 3 della legge reg. Siciliana n. 6 del 2020, rubricato «Interpretazione autentica del comma 6 dell’articolo 4 della legge regionale 15 settembre 1997, n. 35», ai cui sensi «il comma 6 dell’articolo 4 della legge regionale 15 settembre 1997, n. 35 e successive modifiche ed integrazioni si interpreta nel senso che, nei casi in cui la percentuale del 60 per cento dei seggi non corrisponda ad una cifra intera ma ad un quoziente decimale, l’arrotondamento si effettua per eccesso in caso di decimale uguale o superiore a 50 centesimi e per difetto in caso di decimale inferiore a 50 centesimi». In effetti, una interpretazione autentica che dotava di cornice legislativa il “principio generale” invocato dalla ricorrente.
A quel punto il giudice amministrativo rimetteva la questione alla Corte Costituzionale, osservando che in applicazione della norma censurata, avrebbe accolto il ricorso, mentre in caso di una pronuncia della Corte che ne dichiarasse l’illegittimità costituzionale, avrebbe rigettato il ricorso della Cavallo, in forza di un «orientamento granitico della giurisprudenza amministrativa», secondo cui «il dato testuale impone di assegnare alla coalizione vincente “almeno il 60 per cento” dei seggi, con conseguente necessità, in caso di quoziente frazionario, di arrotondamento all’unità superiore». Il 60 per cento dei seggi costituirebbe, cioè, «non il limite massimo bensì quello minimo» dei seggi alla stessa spettanti, voluto dal legislatore a garanzia della governabilità dell’ente.
La Corte costituzionale, presieduta da Giuliano Amato, rileva che il ragionamento del rimettente si basa su un semplice calcolo matematico, e sul raffronto del risultato di tale calcolo con il testo letterale della disposizione asseritamente interpretata. Essendo attualmente 24 i componenti dei consigli nei Comuni in esame, il 60 per cento dei seggi equivale a 14,4, e l’arrotondamento per difetto, poiché il decimale è inferiore a 50 centesimi, comporterebbe l’assegnazione alle liste collegate al sindaco eletto di 14 consiglieri, pari al 58,33 per cento: dunque, di un numero di seggi inferiore al 60 per cento, appunto «in spregio al dato letterale».
Nel merito, pertanto, la questione posta dal Tar è fondata. Per la Consulta, infatti, l’arrotondamento per difetto, quando il decimale è inferiore a 50 centesimi, comporta l’assegnazione alle liste collegate al sindaco eletto di 14 consiglieri, pari al 58,33 per cento dei seggi consiliari, perciò, senza dubbio, di un numero di seggi inferiore al 60 per cento, in evidente contrasto con il dato testuale esibito dalla disposizione asseritamente interpretata.
Tale attribuzione alla disposizione interpretata di un significato non desumibile dal suo testo originario, in aggiunta alla produzione di effetti retroattivi in lesione della certezza del diritto in materia elettorale e la conseguente violazione dell’affidamento nutrito, in tale materia, dai candidati alle elezioni (e dagli stessi elettori) determinano l’illegittimità costituzionale, per irragionevolezza, dell’art. 3 della legge reg. Siciliana n. 6 del 2020.
Nulla da fare dunque per Sara Cavallo, il seggio conteso rimane ad appannaggio di Romina Morselli (nella foto, a sinistra). Sul piano formale c’è ancora da aspettare il giudizio definitivo del Tar, ma come ha ricordato questa sentenza della Corte, avendo quest’ultima dichiarato l’illegittimità costituzionale, il Tar opterà per il rigetto del ricorso.