Non ci sarà nessun porto hub gelese nel recovery plan che l'Italia presenterà all'europa.
E non solo, non ci saranno nemmeno altre infrastrutture che attendiamo da 50 anni. Il ritardo è tale che risulta difficilissimo un recupero che, a questo punto, definire disperato è poco. Ovviamente la politica locale è lungi dal recitare davvero il mea culpa, preferendo il solito gioco della politica parolaia ed a tratti del rimpallo delle responsabilità, così come delle fughe in avanti.
Il risultato è la solita inconcludenza a cui si perviene sempre, fedelmente esposta nel consiglio comunale in videoconferenza tenutosi venerdì scorso, alla presenza dei parlamentari nazionali Giusi Bartolozzi e Pietro Lorefice, gli unici due esponenti della deputazione espressa dal territorio che si sono collegati attraverso la piattaforma streaming, mentre gli altri sono stati impossibilitati a partecipare per precedenti impegni assunti così come hanno recitato le rispettive note fatte pervenire al presidente del civico consesso, Totò Sammito. Connessi e presenti invece il Sindaco e diversi esponenti della giunta.
Una verità amara con annessi “chiarimenti” emersi da subito, a partire dagli interventi introduttivi dei due esponenti di "Una buona idea", Davide Sincero e Rosario Faraci (tra i firmatari della richiesta di una seduta monotematica sull'argomento), in cui oltre a delineare con chiarezza le direttrici lungo le quali si potevano e si dovevano inserire gli interventi da finanziare, si rilevava che gli unici interventi suscettibili di inserimento nel recovery plan, erano solo quelli non coperti da precedenti finanziamenti. In altre parole, laddove in altre porzioni del territorio nazionale si potevano inserire interventi di potenziamento infrastrutturale (di infrastrutture già esistenti e completate, mai oramai vetuste o deteriorate), ciò non era possibile per territori come quello gelese.
Un territorio, cioè, doppiamente penalizzato, perché aspetta ancora di poter usufruire di infrastrutture mai completate, ma che non possono essere inserite nel Recovery plan, una sorta di “Piano Marshall” settanta anni dopo, perché comunque per queste infrastrutture sono già previsti precedenti finanziamenti. E' il caso dell'autostrada Siracusa-Gela, per fare un esempio, ovvero dello scorrimento veloce "Nord-Sud", che collega Santo Stefano di Camastra a Gela, per fare un altro esempio: vale a dire, opere che sono in corso di realizzazione e che attendono di essere completate da mezzo secolo.
Cosa fare allora? La deputata Giusi Bartolozzi (Fi) ha parlato di tempi strettissimi, quasi impossibili da rispettare, con i termini che scadono ad aprile, suggerendo pertanto di concentrare tutti gli sforzi su un unico progetto, con ricadute economiche ed occupazionali importanti, come un porto hub a Gela. L’invito è quello di un fronte unico bipartisan, accolto anche dalla maggior parte dei consiglieri intervenuti, da entrambi i fronti. Ma è un fronte unico sul nulla.
E’ la stessa Bartolozzi infatti a rivendicare di aver sollecitato l'incontro avvenuto recentemente tra il sindaco Lucio Greco ed il presidente dell'autorità portuale di Palermo, Paqualino Monti, mentre il senatore Pietro Lorefice (M5s) ha ribadito che servono progetti esecutivi e misurabili entro aprile, aprendo alla possibilità di inserire altre iniziative, oltre all'hub, senza dimenticare che l'innovazione riguarda anche la parte normativa.
Sicchè, tirato in ballo dalla on. Bartolozzi, il sindaco Greco ha spiegato che il comune aveva inviato via mail a chi di competenza a livello statale, alcuni progetti in un quadro sinottico di interventi che coinvolgono il comprensorio gelese, come il "Progetto Ciliegino" citando un solo esempio, in aderenza alle linee guida europee. Senza però chiarire che nel far ciò, il comune si era di fatto ed obtorto collo sostituito ad una Regione riluttante a provvedere in tal senso, nonostante fosse di sua competenza farlo. Poi, incalzato dal dibattito, ha rivelato che nel doppio incontro avuto con il presidente Nello Musumeci, fra l’altro, si è parlato di un progetto (con finanziamenti privati) di uno “shipping” portuale, non concorrenziale all'eventuale hub ad Augusta.
Cosa intendesse il primo cittadino per shipping non è dato sapere perché dopo essersi leggermente sbottonato, Greco è tornato a rifugiarsi in quel massimo riserbo sulla questione a cui si era ripromesso. Per “shipping” forse voleva intendere un porto destinato a scopo solo turistico, punto d’approdo per navi da crociera, traghetti e simili? Abbiamo forti dubbi che ci siano investitori pronti a mettere sul piatto tre miliardi di euro solo per una struttura di questo tipo.
O forse il sindaco voleva intendere “transhipment”, perché nel qual caso proviamo noi allora a fare un po’ di chiarezza, a beneficio dell’incolpevole lettore. Il transhipment altro non è che il “trasbordo” di un carico merci da un mezzo ad un altro. Esso avviene prevalentemente attraverso container che vengono caricati nelle navi e rientra prettamente nelle attività di “carico e ricarico” proprie di un porto “hub”: cioè di uno snodo logistico a mare, a cui ricorrono le navi di grandi dimensioni per depositare (momentaneamente) quei container che (successivamente) vengono infine caricati in navi più piccole utilizzate per raggiungere le destinazioni finali (dove i fondali sono più bassi e le grandi navi non possono accedere). Se è a questo, ciò a cui alludeva il sindaco Greco, la non concorrenzialità presunta attiene verosimilmente al tipo di finanziamenti: privati per il progetto hub di Gela e pubblici (Recovery plan) per quello di Augusta.
Per questa via, il dado è tratto: non ci sarà alcun porto hub gelese nel Recovery plan. L’unica possibilità che si rincorre è quella di un progetto con ingenti finanziamenti privati, innanzi ai quali non si comprenderebbero eventuali perplessità della Regione siciliana e del suo presidente. Ne deduciamo che il porto hub non meglio specificato nel prospetto di settembre, è stato già individuato ad Augusta, nell’ambito dell’autorità di sistema portuale “Sicilia orientale” (Catania ed Augusta).
Lo confermerebbe, del resto, il silenzio che è sopraggiunto ad Augusta e dintorni, evidentemente rassicurati dopo l’allarmismo dei primi giorni successivi alla notizia, assolutamente falsa ed errata, di un porto hub ipotizzato addirittura a Marsala. Inoltre, il potenziamento dell’infrastruttura portuale di Augusta è già inserita nella programmazione regionale, mentre lo stesso non può dirsi per Gela.
Altra distinzione che ricorre nella logistica è quella tra il sopra citato hub ed il “gate” (termine abbreviato di gateway), nel quale ultimo lo snodo logistico non si esplica a mare, ma nel retroterra portuale. Le navi cioè scaricano le merci al porto e queste poi vengono smistate verso le destinazioni finali attraverso il trasporto su gomma (strada) o ferro (ferrovia).
La ragione per cui il Comitato GMG preferisce l’idea di un gate con terminal container (il porto isola trasformato) per Gela (in pratica sia hub che gate) è dovuta ad una semplice constatazione: Augusta non ha un area retroportuale, che Gela invece ha tra ex Asi (zona industriale) e perimetro dello stabilimento occupato da impianti non più attivi, già smantellati o da smantellare. Con il suo porto industriale e l’immensa area retroportuale a disposizione, Gela rappresenta una risorsa strategica di eccezionale vantaggio complemen-
tare ai porti di Augusta e di Catania, collegando i scali sullo ionio e sul canale di Sicilia lungo il quale scorre un grande traffico internazionale. Oltre a rappresentare un riferimento economico decisivo per il rifornimento di Gnl, senza dimenticare che Gela è terminale europeo del gasdotto libico, mentre dal territorio gelese viene estratto ulteriore gas metano. Potenzialità che possono determinare un forte impulso economico all’intera Sicilia e all’Italia se assumerà le decisioni conseguenti.
Fra queste, non lo si menziona, ma lo si evince tra le righe, è il suggerimento di realizzare una volta per tutte il “ponte sullo stretto”, nella lettera che il comitato Gmg ha inviato al Presidente della Repubblica, al Presidente del consiglio, al Ministro ed al sottosegretario alle infrastrutture, alla Presidente della commissione europea, al Commissario europeo per la fiscalità ed unione doganale ed agli altri 22 sindaci dell’area di crisi complessa.
La domanda in conclusione è: ma se nel Recovery plan possono essere inseriti solo progetti esecutivi (e cantierabili) non coperti da precedenti finanziamenti pubblici, inseriti nella programmazione regionale e/o nazionale, perché monopolizzare l’argomento sull’hub e non approfondire quello sulla darsena commerciale, nella parte in cui è stata de-finanziata ed inserita nella successiva programmazione regionale? L’unico accenno a questa possibilità è del capogruppo consiliare di “Un’altra Gela”, Giuseppe Morselli, oltre all’appello del “Comitato del Golfo di Gela” tornato alla carica in questi giorni.