Sono nove anni che la Provincia regionale di Caltanissetta è commissariata, da quando Pino Federico (foto a destra) si è dovuto dimettere per la determinata incompatibilità tra deputato Ars e presidente di provincia, ruoli ricoperti contemporaneamente dal politico gelese.
Quasi due lustri trascorsi col susseguirsi di tanti burocrati a capo dell’ente intermedio, nel frattempo sono cambiati tre presidenti di regione e ne è stato mortificato il ruolo sovraterritoriale.
Mortificate anche la funzione e le risorse umane che vi operano, ciò è accaduto in particolare per gli uffici della provincia di Gela. L'edificio di Piazza Roma ridotto a un simulacro di un’operatività forzatamente sopita, pochi ma valorosi dipendenti che, per di più, subiscono il rischio della chiusura e il trasferimento nell'egocentrico capoluogo. Sono rimasti veramente in pochi nelle stanze dell'ex caserma dei carabinieri, accanto al cancello dell’immobile una targa ricorda che in quei locali c’è la Provincia regionale di Caltanissetta, dentro una ventina d’impiegati dislocati in alcuni servizi: l’ufficio tecnico, lo sviluppo economico, l’ambiente, l’istruzione, quest’ultimo che cerca di occuparsi ancora degli studenti, conclusivo vessillo del sogno universitario in città.
Gela si guarda indietro per l’ennesima volta, cerca l’occasione perduta, 13 anni ininterrotti di presidenza gelese non sono riusciti a creare la Provincia a due teste con pari dignità per le due città principali. Gli uffici di Gela sono rimasti un traballante decentramento della sede centrale di Caltanissetta, invece di avere una sua autonoma ragione di esistere. L’Università, che poteva essere un'altra testa di ponte della Provincia “equa”, è rimasta nelle maldestre mani del consorzio nisseno, entità off limits per qualsiasi ambizione di Gela ad avere un insediamento universitario, sebbene la Provincia ne fosse il principale finanziatore.
Condannati al decentramento precario, nonostante l’avversità nissena e nel silenzio dei rappresentanti gelesi in consiglio provinciale, in qualche modo un’esperienza universitaria a Gela c’è stata. Voluto nel 1999 dal presidente della Provincia Collura (foto a sinistra) si è creato un decentramento didattico gestito direttamente dall’Ente per oltre dieci anni. Inizialmente un ripiego, per l’ostracismo del consorzio universitario nisseno, la presenza dell’Università di Catania a Gela, con due presidi delle Facoltà di Economia e Lettere, è stata una bella esperienza per la città e un modello di sperimentazione didattica per l’Università che ha coinvolto diverse risorse intellettuali locali a supporto del lavoro dei docenti di Catania. Tanti giovani e diversamente giovani gelesi che avevano la possibilità di seguire studi superiori, ma anche molti studenti dei paesi confinanti, Niscemi, Mazzarino, Acate, riempivano le aule ricavate nel seminterrato dell’Istituto di scuola media superiore Luigi Sturzo (la ragioneria), poche comodità, non molte risorse finanziarie, ma tanta buona volontà.
Negli anni centinaia di persone che, per svariati motivi anche economici non potevano andare fuori sede, hanno avuto la possibilità di seguire le lezioni, studiare e laurearsi col supporto del decentramento didattico di Gela. Poteva essere la prima cellula di una scelta politica per la città, centrata sull’innalzamento culturale e scientifico del territorio, è rimasta l’unica presenza dell’Università statale a Gela. Non ci resta che sognare, del resto il funambolico presidente della regione chiama sogno il diritto acquisito da Gela, seguendo le prescrizioni di due leggi regionali, di cambiare ambito sovra comunale, migliaia di voti gelesi che nel referendum del 2014 hanno manifestato la volontà di lasciare Caltanissetta e aderire alla città metropolitana di Catania.
Democrazia mortificata sull’altare di non dichiarati personalissimi interessi elettorali, i deputati regionali gelesi che sfuggivano al dibattito e al confronto sull’opportunità di restare con Caltanissetta sono gli stessi, cambia qualche nome e scudo partitico ma resta uguale l’atteggiamento silente, che continuano a non fare emergere lo stupro democratico compiuto dalla regione sul popolo di Gela. Tre onorevoli regionali gelesi afoni su tutto, in particolare sulla sanità, oggi più che mai feudo indiscusso dei “potenti” nisseni: amministratori e politici a cui rivolgersi all’occorrenza ma che in cambio vogliono “fedeltà”.
Nel deserto della politica gelese viene da Milena il vice principe, votatissimo all’elezioni regionali del 2017 come non mai un forestiero a Gela, da cui andranno i signorotti locali del consenso portando in dono voti, incesso e devozione. Gela città sospesa che rischia seriamente di crollare su se stessa, orfana di un benessere che continuando così non tornerà più. A Gela resterà il grido del popolo antico che duemila e settecento anni fa si insediò sulla collina che saliva dal fiume da cui la città prese il nome e lo strillo dei gelesi che chiedevano a Mussolini, nella sua visita a Gela il giorno della vigilia di ferragosto del 1937, Duce niente vogliamo Gela provincia…