Il 20 e 21 settembre prossimi, a meno di improbabili rinvii, si voterà per il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari.
Sono seriamente, fortemente preoccupato, come forse non lo sono stato mai negli ultimi anni. Perché ho la chiara sensazione che l’Italia stia precipitando in una oligarchia senza precedenti.
Sono cresciuto, fin da ragazzo, aderendo e propugnando i valori di libertà e democrazia della Repubblica. Ho ben chiaro che la democrazia si basa sulla rappresentatività, sulla separazione dei poteri, sul sistema dei “contrappesi” tra gli organi dello Stato. Maestri politici del calibro di Ugo La Malfa e Giovanni Spadolini hanno confermato queste mie convinzioni.
Ma oggi sono veramente preoccupato. I cittadini saranno chiamati a votare su un provvedimento demenziale, assurdo, che vuole tagliare i parlamentari da 945 a 600. Un provvedimento che viene presentato, soprattutto dai “grillini”, come una riforma epocale, che consentirà al Parlamento di lavorare meglio e con più efficienza. Ma parliamone un po’.
La riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari è stata votata, oltre che dai Cinquestelle e dal Pd, anche da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Non perché fossero convinti della bontà del taglio, ma per non apparire negativi di fronte alla “pancia” della gente. Oggi, a poche settimane dal referendum, ascoltiamo i vari distinguo: molti di Forza Italia voteranno no, molti del Pd (tra cui Cuperlo) pure, altri di vari schieramenti si sono espressi per il NO. E 183 costituzionalisti hanno sottoscritto un appello per votare NO alla riforma, coscienti dei danni che questa arrecherebbe alla democrazia se fosse approvata.
Uno degli argomenti base dei “grillini” è il risparmio dei costi della politica, presentato con numeri esilaranti: quasi cento milioni di euro all’anno, mezzo miliardo in cinque anni di legislatura. Dimenticano però che per ottenere lo stesso risparmio sarebbe stato sufficiente prevedere la riduzione di un terzo degli altissimi compensi e degli assurdi privilegi dei parlamentari. Se invece di 15.000 euro al mese ne incassassero “solo” 10.000 non credo rischierebbero la bancarotta, anzi in questo modo ci avvicineremmo alla media europea (visto che gli stipendi dei parlamentari italiani sono i più alti in Europa).
L’altro argomento, gridato a mo’ di slogan nei vari passaggi televisivi è che “l’Italia ha il più alto numero di parlamentari in Europa”. E’ vero, ma detta così è un’immane bugia. Basti consultare la tabella (fonte: Servizio Studi del Senato) che indica il numero di parlamentari in rapporto alla popolazione: siamo agli stessi livelli della Francia e della Spagna, e la maggior parte degli Stati europei ha un numero di parlamentari, in rapporto alla popolazione, superiore di gran lunga all’Italia. Se la riforma del taglio dovesse passare, ci troveremmo ad un rapporto tra parlamentari e popolazione che ci spingerebbe , in negativo, al secondo posto in Europa. Dunque, bugie e solo bugie.
Con la riforma, se dovesse passare, interi territori del Paese avrebbero una grave diminuzione della rappresentatività in Parlamento. Ed anche questo è un grave affronto alla democrazia, che si basa proprio sulla rappresentanza parlamentare. E se un senatore deve rappresentare trecentomila elettori (come recitano sorridenti i radiocomandati grillini), è chiaro che la funzione non si potrà realizzare: si perderà il legame tra l’eletto e i cittadini, e l’eletto si occuperà di tutt’altro che il territorio.
Il problema dell’esito di questo referendum è “la pancia” della gente. I commenti dei sostenitori del SI sono spesso allucinanti: “mandiamo tutti a casa”, “non servono a niente, tagliamoli il più possibile”, “non ci rappresentano” e via di questo passo.
Certo, non si può pretendere che “l’uomo della strada” abbia conoscenze in merito alla Costituzione e alla democrazia (spesso è gente che non va neanche a votare), e comunque i nostri rappresentanti a Roma hanno spesso dato brutte prove. Ma, fermo restando che il risparmio si poteva ottenere tagliando gli stipendi, l’assurdo è che questa riforma che, secondo gli allocchi, vuole combattere e ridurre il potere della “casta”, avrà l’esatto effetto contrario, cioè quello di aumentare il potere della casta stessa.
E’ sicuramente più facile, infatti, controllare a vista un minore numero di parlamentari, e il potere si accentrerà sempre più nelle mani dei partiti, o meglio delle segreterie di partito, quei pochi leader che avranno nelle proprie mani un enorme potere: altro che casta, qua viaggiamo verso l’oligarchia di pochi personaggi che avranno in mano il Paese.
Già oggi i partiti rappresentano le forche caudine sotto cui devono passare i cittadini che vogliono candidarsi. Merito della legge elettorale (il “rosatellum”) che impedisce la candidatura senza il placet dei partiti.
Faccio un esempio. Poniamo il caso che io stesso, dopo una vita di lavoro, dopo avere accumulato varie esperienze politiche e professionali, decidessi di voler dedicare gli ultimi anni di vita al bene del Paese e del mio territorio, candidandomi ad un seggio parlamentare, da uomo libero. Non lo potrei fare in autonomia, perché dovrei trovare un partito disponibile a candidarmi. Infatti, secondo la legge in vigore, anche se volessi presentarmi in un collegio uninominale, la mia lista sarebbe tenuta a presentare candidati “in tutti i collegi uninominali del collegio plurinominale”. Quindi dovrei avere una lista che si presenta in sei o sette collegi, non potrei candidarmi in autonomia.
A mio avviso, ma è un’opinione personale, questa norma è incostituzionale e comunque antidemocratica: il cittadino non è libero di candidarsi in autonomia e deve chiedere asilo politico ad un partito, o meglio ai capibastone di un partito, elemosinando un posto in lista e giurando fedeltà (non al partito ma al suo leader). Complimenti per la democrazia!
E’ delle ultime ore la posizione del Pd che per bocca di Zingaretti (la “rana dalla bocca larga”?) tenta una inversione a “U” dicendo che voterà SI ma a condizione che prima del 20 settembre si faccia la riforma elettorale. Queste dichiarazioni dimostrano l’assoluta incapacità di questo partito di avere una politica lineare: davvero sono convinti di fare una (buona) riforma elettorale in tre settimane? Un argomento così importante e basilare per il Paese da sviscerare in fretta e furia in venti giorni? Non sanno di cosa parlano.
Più che sulla quantità dei parlamentari, occorrerebbe trovare misure che favoriscano la qualità, la competenza, la professionalità degli eletti. Occorrerebbe una riforma elettorale che togliesse il potere alle segreterie partitiche che giostrano per fare eleggere i “fedelissimi” e impediscono la candidatura di voci libere e difficilmente controllabili. Oggi, tra i parlamentari, abbiamo gente che è stata eletta vincendo un terno al lotto: un esempio eclatante è Sergio Battelli, grillino, Presidente della Commissione Affari Europei della Camera, titolo di studio terza media e un passato come commesso in un negozio di animali per dieci anni.
Quest’uomo è stato votato alla presidenza di una Commissione che dovrà decidere sull’utilizzo e sulla distribuzione dei fondi europei assegnati all’Italia per il Covid-19. E’ quindi urgente (ma i partiti strutturati non lo faranno facilmente) prevedere precisi requisiti di accesso al Parlamento, in termini di competenza, capacità, professionalità: il nostro futuro non può essere nelle mani di commessi di negozio (con tutto il rispetto) e bibitari vari.
Ma torniamo al referendum. Non essendoci il quorum il governo ha accorpato il voto alle regionali. Una grave scorrettezza, perché si è assicurato che almeno in sette regioni i cittadini andranno a votare anche la riforma costituzionale. Vedremo come andrà a finire.
Ma, riepilogando, gli argomenti dei SI sono più che altro bugie mediatiche per allocchi. In verità, a mio avviso 8e ho spiegato le ragioni) solo la vittoria del NO potrà portare ad una sconfitta per la “casta”, ad una diminuzione di potere delle segreterie partitiche, evitando di restringere gli spazi democratici.
In passato (referendum sul divorzio del 1974, referendum sull’interruzione di gravidanza del 1978) il popolo italiano ha dimostrato di essere più avanti, più aperto rispetto ai propri governanti. Mi auguro con tutto il cuore che questo avvenga anche nel 2020, con la vittoria del NO, con la vittoria del “cervello” nei confronti della “pancia”.
(Nel prossimo numero, un intervento a favore del SI)