In questo suo primo anno da sindaco abbiamo imparato a conoscere meglioLucio Greco e gli elementi già raccolti bastanoper poter asserire, con sufficiente ragionevolezza, che il primo cittadino eletto al ballottaggio delle amministrative gelesi 2019, ha dimostrato di non sapere manco lontanamente cosa sia il "politically correct" e chissà, verosimilmente, non ha la benché minima intenzione di colmare questa “lacuna”.
Non vogliamo spingerci a definire l’avv. Lucio Greco una personalità litigiosa, ma di certo non è uno che le manda a dire ed ha dimostrato, nel rapporto con le opposizioni, di non perdere occasione anche per rilanciare, senza limitarsi a replicare e controbattere, come se fosse in battaglia a campo aperto. Questo perché, non è più un mistero, il sindaco ha sempre considerato un attacco personale e non politico, pertanto non digerendolo affatto, i ricorsi subiti al Tar in prima battuta e quello al Cga successivamente.
Ma anche nelle relazioni interne con la sua maggioranza, Greco ha dimostrato di essere poco avvezzo alle mezze misure, contribuendo ad alimentare anziché spegnere tensioni endogene che avrebbe potuto evitare con una condotta politicamente più accorta. Un sindaco impegnato in ogni situazione a dimostrare a tutti i costi di voler avere le mani libere, anche quando nessuno avrebbe interesse al contrario.
L’esempio più recente è l’ennesima incomprensione con il leader del movimento Una buona idea, Terenziano Di Stefano, che ha dato vita con altri al progetto civico, per poi condividerlo con lo stesso Greco, candidandolo alla carica di primo cittadino.
Ebbene, Di Stefano, che oltre ad essere vicesindaco è anche assessore allo sviluppo economico, ha espresso tutte le sue perplessità nel venire a sapere dalla stampa, invece che dal sindaco, l’intesa raggiunta con la Cassa depositi e prestiti che fornirà consulenza al comune affinché quest’ultimo si doti di un parco progetti attraverso cui intercettare finanziamenti europei, nazionali e regionali. E non è, lo ribadiamo, la prima incomprensione in carniere.
Se nel momento in cui scriviamo, sindaco ed il suo vice, accompagnato dal gruppo dirigente del movimento Una buona idea, vanno verso un incontro chiarificatore, anche questo l’ennesimo di una serie che inizia ad essere folta, tra Greco e l’assessore Robilatte (nella foto) è piena rottura, con quest’ultima che ha consegnato le dimissioni nelle mani del suo segretario, Peppe Di Cristina e non ancora al sindaco il quale, da parte sua, non ha ritenuto di doversi informare in merito né con la Robilatte, né con il segretario cittadino del Pd.
Rottura definitiva o meno lo sapremo a breve, ma di certo anch’essa è figlia di ripetute incomprensioni. Alla Robilatte non sono piaciute le esternazioni di alcuni giorni fa da parte del sindaco che ha invitato chi non è in grado, semplicemente a farsi da parte. L’argomento, guarda caso, era la pulizia della città. In una vicenda che ha visto scontrarsi l’assessore all’ambiente Grazia Robilatte e l’assessore al decoro urbano Giuseppe Licata.
Un equivoco sul piano delle deleghe di cui unico responsabile non può che essere colui che le deleghe le assegna, cioè il sindaco; arricchito altresì, come se non bastasse, dal ruolo della Ghelas Multiservizi, le cui competenze in proposito non sono mai state definitivamente chiarite, così da poter ricorrere alla partecipata come una tappabuchi, trattandola alla stregua di una ditta qualsiasi e non come una spa degna di questo nome, nella sua ratio di “house providing” comunale. Sarà pure un caso, ma nel giorno della rottura con l’assessore Robilatte, in sua assenza il sindaco ha disposto al dirigente del settore ambiente di affidare il diserbamento del perimetro urbano alla Ghelas.
Un problema di dialogo e comunicazione fra il primo cittadino, assessori ed alleati? In buona parte si, anche perché nella fattispecie in questione, alla scarsa propensione del sindaco al “politically correct”, va associata la scarsa dimestichezza con la prassi e la dialettica politica da parte di quella che rimane sostanzialmente una figura tecnica, qual è appunto la Robilatte, pur se indicata dal partito democratico. Ma consegnando le deleghe al partito, l’assessore Robilatte ha trasformato la questione in un caso politico a tutti gli effetti. Solo il giorno prima, i dem attraverso il suo segretario cittadino invitavano il sindaco a mettere da parte le polemiche, per poi ritrovarsi l’indomani a gestire questa bella grana.
Ed essendo diventato un caso politico, le opzioni possibili si restringono a due. Non si scappa. L’ipotesi numero uno è che il caso rientri, con la Robilatte che torna al suo posto ovvero con un nuovo assessore che subentra alla stessa sempre su indicazione dei dem. L’alternativa è che il caso non rientri affatto, il Pd ritira il suo riferimento in giunta e passa ad un appoggio esterno con i due consiglieri del Pd che si limiteranno a valutare caso per caso gli atti che arriveranno in aula.