I provvedimenti del governo Conte per aiutare gli italiani nel periodo di chiusura per coronavirus sono stati fin qui confusi e pasticciati. Ecco perché parlerei di “governo Cimabue”: fa una cosa e ne sbaglia due.
Col primo decreto (Cura Italia) ha stabilito un’elemosina di 600 euro per i lavoratori autonomi e una cassa integrazione in deroga per le piccole aziende. A distanza di oltre due mesi, circa un milione di autonomi attende ancora i 600 euro. La cassa integrazione, filtrata dalle Regioni che devono lavorare le pratiche e poi trasmetterle all’Inps, è stata corrisposta, dopo oltre due mesi, a poco più del venti per cento dei lavoratori, nel frattempo rimasti nell’impossibilità di mantenere le famiglie.
La stessa velocità riguarda il decreto “Liquidità”: le aziende che da oltre un mese hanno presentato le richieste alle banche sono ancora in attesa di riscontri. Va registrato che ogni banca si comporta da repubblica autonoma, richiedendo documentazione non prevista dal decreto, e il governo ha perso ogni controllo sugli istituti di credito.
Stessa velocità per il decreto “Rilancio”, annunciato in conferenza stampa il 13 maggio, con una bozza che è stata più volte modificata, e pubblicato solo il 20 maggio.
C’è una completa divergenza tra gli annunci mediatici e la realtà dei fatti: migliaia di piccole aziende rischiano di non potere riaprire mentre gli aiuti promessi tardano ad arrivare, rallentati dalla enorme macchina burocratica.
Andrà tutto bene? Nessuno sarà lasciato indietro? Non si perderà nessun posto di lavoro? Sono solo balle megagalattiche, e lo dico con amarezza.
Nel governo del Paese non esiste la capacità di comprendere quello che significa, in pratica, gestire una piccola azienda: non lo possono sapere i docenti universitari, i carrieristi di partito, né tantomeno i disoccupati che all’improvviso sono stati catapultati in Parlamento per avere indovinato il terno al lotto dei Cinquestelle.
Ma se fossimo governati dal centrodestra sarebbe meglio? Probabilmente no, ma è comunque certo che i provvedimenti di questo governo sono confusi, pasticciati e lacunosi.
Con il decreto “rilancio”, appena pubblicato, non vengono prorogati i versamenti Irpef di giugno: vorrei che gli “scienziati” governativi spiegassero come faranno i cittadini a trovare i soldi dopo tre mesi di chiusura delle loro aziende e senza che sia arrivata la liquidità promessa.
Non mi sento rappresentato da questo Governo, registro misure inadeguate a far ripartire il Paese. Non ne posso più delle conferenze stampa mediatiche e degli annunci roboanti dietro ai quali c’è il nulla. E quel che è peggio, non vedo all’orizzonte valide alternative. C’è una forte, netta spaccatura tra la politica e le reali necessità dei cittadini, che invocano misure immediate per potere tirare avanti e invece vengono risucchiati nel vortice burocratico.
Andrà tutto bene? Può darsi. Lo spero. Ma la situazione non sembra delle migliori.