Se è vero (ed è vero!) che la Storia è maestra di vita, credo che andrebbe fatta una riflessione sulle modalità di attuazione del sistema democratico italiano.
Che è fondato sul suffragio universale: tutti i cittadini hanno diritto di votare ed eleggere i propri rappresentanti, liberamente, e anche se troppo spesso spuntano brogli o strane inversioni di voti di lista, il sistema sembra resistere.
Naturalmente la democrazia dovrebbe avere inizio dai partiti, che dovrebbero essere la cerniera tra il popolo e le istituzioni. Ma in questo caso siamo clamorosamente rimasti al Medioevo, anzi direi che siamo nel bel mezzo di un sistema feudale.
Gli esempi di mancata democrazia non mancano. A partire dal Pd, che per dimostrare la sua natura ecumenica ha inventato le “primarie”, facendo votare le candidature e gli organi dirigenti non solo dagli iscritti, ma anche dai simpatizzanti. Un sistema che spesso non ha funzionato, quando alcuni gruppi hanno chiamato al voto extracomunitari e rom un massa per riuscire a vincere le consultazioni. Per il resto si osservi quel che sta accadendo in questi giorni in Sicilia con lo scontro tra i “renziani” e il resto del Pd, candidati che si ritirano e primarie che, forse, si faranno con un candidato unico.
I Cinquestelle hanno inventato la “democrazia in rete”, però purtroppo priva di controlli, per cui gli attivisti possono solo fidarsi e prendere per buoni i risultati che vengono loro propinati dalla “Casaleggio e associati”. Un sistema democratico, quindi, privo di controlli e legittimità.
Ma sono i gruppi del centrodestra che hanno le più forti reminiscenze storiche. Reminiscenze che partono dal feudalesimo, quando il Sovrano nominava tra i nobili di alto rango i Vassalli, i quali a loro volta tra i nobili di medio-basso rango nominavano i Valvassori. I quali, a loro volta, nominavano i Valvassini. Nella parte bassa della piramide c’erano i servi della gleba, cioè la plebe, il popolo che lavorava per mantenersi e mantenere tutti gli altri. Naturalmente ogni categoria di nominati era tenuta ad obbedire alla categoria immediatamente superiore, per evitare che la nomina potesse essere revocata.
E’ quello che avviene oggi nei vari partiti del centrodestra, dopo più di mille anni non è cambiato niente. In Forza Italia si attende da mesi che il coordinatore provinciale Mancuso nomini il coordinatore cittadino, che a sua volta nominerà il direttivo a sua immagine e somiglianza.
Nella Lega il coordinatore regionale Candiani ha nominato il coordinatore provinciale Aiello (che ha subito chiarito: posso parlare solo io!), che a sua volta ha nominato il coordinatore gelese, alla faccia degli altri circoli esistenti mel territorio. Anche Fratelli d’Italia segue lo stesso meccanismo, e addirittura anche l’Udc, in cui quel vecchio arnese del segretario nazionale Cesa ha nominato il coordinatore provinciale. Per concludere, anche “Diventerà bellissima” attende le nomine di coordinatori e direttivi calati dall’alto. Scusate, ma assemblee in cui fisicamente si discute e si vota, no?
Dunque, non elezioni, attraverso assemblee degli iscritti che liberamente eleggono i propri dirigenti, ma nomine “a cascata” decise dall’alto: quanto di più antidemocratico e feudale possa esistere. Perché è ovvio che il “nominato”, se non vuole perdere il suo incarico, dovrà guardarsi bene dal contestare il “nominante”, al quale è legato da vincolo di obbedienza e fedeltà.
Ed ecco l’amara conclusione: nel sistema politico italiano, basato sulla democrazia rappresentativa, il bello ed il cattivo tempo sono decisi da partiti che adottano sistemi di voto interno taroccati o peggio ancora sistemi di tipo feudale (in uso più di mille anni fa).
E nessuno mi venga a parlare di “nuovo che avanza”, per favore, o si ritroverà oggetto di un pernacchione che supererebbe anche quelli del mitico Totò!