Ha fatto proprio bene il Commissario del Comune, Arena, a dare una scossa ai Vigili urbani. Nell’immediato, perché “le regole vanno rispettate” (e con qualche multa in più magari il Comune incassa qualcosa).
Ma certamente la presenza dei Vigili urbani, come di tutte le forze dell’ordine, servirà a Gela tra breve, diciamo tra qualche mese, quindi è bene prepararsi per tempo. Tra qualche mese, infatti, saranno in pieno vigore le norme sul cosiddetto “reddito di cittadinanza”, cavallo di battaglia elettorale dei penta stellati. Non sono ancora chiari i dettagli, che sembrano cambiare un giorno sì e l’altro pure, ma i cardini fondamentali sembrano tre: una vigorosa riforma dei Centri per l’impiego, l’impegno a lavorare per il Comune otto ore a settimana, e l’impegno a cercare lavoro per il resto del tempo disponibile.
Partiamo dai Centri per l’impiego. Una volta li chiamavano “uffici collocamento”, poi qualcuno si è accorto che non collocavano neanche un pomodoro “spatto” e hanno deciso la nuova denominazione, Centri per l’impiego (sottinteso: l’impiego dei pochi dipendenti che ci lavorano). Questi Centri, secondo il Governo, con un paio di miliardi verranno potenziati, digitalizzati, saranno collegati in rete tra loro per acchiappare al volo i posti di lavoro disponibili da offrire ai disoccupati cronici. Sarà, ma non sono convinto.
Chi vorrà ottenere il “reddito di cittadinanza” dovrà dimostrare che cerca lavoro. Già immagino frotte di centinaia, migliaia di disoccupati che vagheranno per le vie cittadine, tipo zombie resuscitati da un antico cimitero di Haiti, chiedendo lavoro, o magari chiedendo a negozianti e imprenditori una certificazione che possa dimostrare che il lavoro lo hanno cercato e non lo hanno trovato. Per fermare gli zombie, ad iniziare dai Vigili urbani, ci vorrò anche l’Esercito.
Altro requisito per non perdere il “reddito di cittadinanza” sarà quello di accettare almeno uno dei tre lavori che verranno proposti dai Centri per l’impiego. Facciamo un conto: se a Gela ci sono ventimila disoccupati, il CPI dovrebbe potere proporre almeno ventimila posti di lavoro, se non di più. Non credo che possa farcela, neanche dopo il potenziamento, perché a Gela il lavoro non c’è. E’ semplice, ma sembra che il prode Giggino sia riuscito ad ubriacare tanti con le sue promesse impossibili da mantenere.
In verità qualche speranza ci potrebbe essere, se solo i gelesi non continuassero a farsi prendere per i fondelli, prima dal governo di centrosinistra, ora da quello di centrodestra, sia a Roma che a Palermo. La grande truffa sta tutta nell’Area di crisi industriale complessa di Gela, che ad oggi è una scatola vuota, gestita da Invitalia senza alcun interesse, e nella quale i due governi nazionale e regionale hanno impegnato la miserabile somma di 25 milioni (per un’area che arriva sino al Vallone e comprende più di 400.000 abitanti). Anzi no, il tentativo di riempire un po’ la scatola c’è: l’idea di fare diventare Gela la grande cloaca siciliana dei rifiuti (probabile inquinamento e pochissima occupazione).
Il futuro non è quindi tanto roseo: quattro impianti previsti per il trattamento dei rifiuti e la raffineria “verde”, che da notizie non confermate andrebbe ad utilizzare impianti di vecchia generazione e garantirebbe due o tre centinaia di posti di lavoro. In questo truce scenario si accavallano le liti tra i presunti candidati a sindaco, le liti per il predominio nei partiti e nei movimenti, le liti per un posto al sole della politica. E non ci si accorge che il sole sta per spegnersi definitivamente.