Venerdì scorso si è svolta una conferenza organizzata dall’Auser che ha affrontato un tema molto delicato quanto attuale, “Dat (disposizione anticipata di trattamento) e testamento biologico”.
Hanno relazionato Irene Di Dio (a sinistra), avvocato, che ha curato la parte giuridica e Maria Grazia Fasciana (a destra nella foto), assistente sociale al centro di Igiene mentale di via Madonna del Rosario, che ha trattato il tema sotto l’aspetto psico-sociale.
L’avv. Di Dio ha spiegato al pubblico presente molto interessato all’argomento, cosa prevede la legge in merito, la n. 219 del 2017 che è entrata in vigore il 31 gennaio scorso.
«La legge prevede la possibilità di esprimere la propria volontà in materia di trattamenti sanitari – ha specificato l’avv. Di Dio – e in particolare sul consenso o rifiuto di accertamenti diagnostici, scelte terapeutiche e trattamenti sanitari».
Ha poi spiegato le modalità di redazione della Dat: atto pubblico, scrittura privata autenticata, scrittura privata consegnata personalmente dal disponente all’ufficio di stato civile del proprio comune di residenza che provvede alla notazione in un apposito registro o in mancanza nelle strutture sanitarie. Ciò è previsto nella circolare del ministero dell’Interno del febbraio scorso.
Maria Grazia Fasciana ha parlato delle problematiche del fine vita e del ruolo dell'assistente sociale.
«Il fine vita porta con sé una serie di problematiche che coinvolgono non solo la sfera individuale ed emotiva delle persone – ha detto – ma anche quella cognitiva, sociale e familiare. Il ruolo dell'assistente sociale diventa, in questo contesto, quello di intraprendere una relazione d'aiuto, anche se di fronte alla gravità di certe patologie, nessun tipo di aiuto è utile ad alleviare le sofferenze della persona malata, la quale può arrivare alla conclusione di percepire come inutile una vita considerata non più degna di essere vissuta. In questi casi – ha specificato – è da ritenersi giusto il diritto della persona a scegliere il rifiuto della terapia, anche quella salva-vita».
Sulla legge 219/2017 ha detto che si tratta di “una conquista importante dell'autodeterminazione e della libertà individuale, ma anche che non sarà facile fare spazio alla morte all'interno della nostra esistenza, in quanto nella nostra società contemporanea abbiamo smarrito il senso ed il valore della morte e del suo legame indissolubile con la vita. La sfida – ha sottolineato – consiste nel prendersene cura”.