Quanti sono e chi sono gli orfani della Grande abbuffata da Superbonus a Gela?
Ci piacerebbe saperlo, ma sappiamo che fare nomi è come mettere la testa sotto la tagliola. E chiederli, perciò, è tempo perso. Si nasce sconfitti e con l’amaro in bocca. Quindi, meglio niente? No, ci si deve accontentare dei numeri. Quanti Superbonus sono stati concessi e quanti cantieri sono stati autorizzati?
La privacy non c’entra nulla. Il Comune di Gela, cui ci siamo rivolti, non commetterebbe alcuna irregolarità, formale o sostanziale. Si tratta solo di sapere quanto ha inciso la generosa norma nell’economia cittadina, in particolare nel comparto edilizio. E qui è entrata in azione la burocrazia, che si rappresenta come controparte anche quando non lo è. Niente da fare.
Il nostro interlocutore, al quale risparmiamo la notorietà perché è l’ultima ruota del carro e finirebbe con il portare sulle spalle le responsabilità del mondo com’è e non ci piace per niente, balbetta metaforicamente parlando. I numeri così restano in cassaforte virtuale, luogo ben più munito della cassaforte reale, robusta e finemente passwordata.
L’amministrazione pubblica dovrebbe essere un palazzo di cristallo, il segreto d’ufficio non può essere opposto a meno che non riguardi la sicurezza e sia causa di danno. E’ rimasta una consuetudine a mantenerlo. Un capovolgimento delle regole del diritto. Capita, invero, anche in penale, quando al sospettato viene affidato l’onere di provare la sua innocenza, mentre è l’accusatore a dovere provarne la colpevolezza.
La difesa della privacy in mano alla burocrazia si trasforma, volente o nolente, in divieto di accesso. Inevitabile che sorgano i sospetti, anche quando non ce n’è una ragione apparente. Ma è altrettanto inevitabile che venga usata per proteggere informazioni che si avrebbe diritto di avere e invece non si hanno, a vantaggio di chi ha qualcosa da nascondere.
La privacy, intesa come strumento di protezione dei dati personali, spesso diviene un ostacolo all'accesso libero alle informazioni, alimentando percezioni di segretezza ingiustificate.
Ci è stato suggerito di inviare la richiesta per iscritto, in modo da ottenere la risposta che, se negativa, deve essere motivata (e nel caso presente non ne troviamo una). La richiesta, invece, non ha bisogno di essere motivata, essendo decaduto tale obbligo ormai da anni.
Tornando al Superbonus made in Gela, ed ai suoi orfani, la ricerca di una condizione altrettanto generosa è faticosa e piena di ostacoli. Passa attraverso la campagna elettorale?
Forse, ma non è questo il punto. Per intanto il comune di Gela è chiamato a fare rispettare regole elementari, come il ripristino dei luoghi dopo la chiusura dei cantieri edilizi autorizzati, obbligo cui in alcuni casi ci si sottrae. IL comune, richiamato alle sue responsabilità in un caso, ricevuto l’esposto, ha diffidato l’impresa a mettere a posto le carte, secondo una prassi consolidata, che non lascia prevedere sanzioni. Si è compiuto un atto d’ufficio, dunque, che non esaurisce l’iter.
Sapere quanti casi di insolvenza dell’obbligo sono stati registrati è utile. La questione non è di poco conto. Il ripristino dei luoghi è un onere cui non ci si può sottrarre ma impone un costo in un contesto, quello del Superbonus, in cui tutto ciò che si realizza non costa niente, e c’è pure l’omaggio a fine opera. Diventa perciò insopportabile, a prescindere dall’entità della spesa.