L'evoluzione urbanistica di Gela costituisce un unicum nella storia del Mezzogiorno d’Italia.
Andrebbe studiata con scrupolo da esperti, perché offre elementi di grande interesse, che esorbitano dalla stessa vicenda urbanistica, pur rilevante. Gela in mezzo secolo ha infatti attraversato rapidi e vari cambiamenti economici, passando da un'agricoltura sottosviluppata all’industria di base, e da questa, a causa della prevedibile obsolescenza, a un'economia commerciale e terziaria.
L’esistenza di autentiche eccellenze in campo industriale ed in campo commerciale (merchandising) non influiscono minimamente sulla condizione economica e sociale di Gela, perché le prime non investono in loco e le seconde si affidano a catene di produzione esterne alla città; eppure i cambiamenti hanno segnato pesantemente lo stile di vita dei suoi cittadini.
Anche in ambito urbanistico vanno considerate le eccezioni, come la realizzazione di un quartiere residenziale: Macchitella è nato quasi come un corpo estraneo ai piedi della collina, su cui poggia il vecchio agglomerato urbano, cresciuto senza regole come una bidonville cementata e, all’interno degli immobili, solo all’interno, tutto sommato vivibile. Queste due realtà urbane hanno creato una rappresentazione fisica della doppia anima di Gela, con conseguenze negative sulla formazione di una identità culturale e sociale della comunità e sulla deriva illegale che ha segnato profondamente il destino della città post industriale nei terribili anni Ottanta.
La popolazione residente ha subito gli eventi che non era in grado di padroneggiare né prevedere, e non ha avuto un governo locale autorevole e provvisto di competenze e risorse idonee a competere con essi. Le spinte esterne e l’evoluzione spontanea del processo urbanistico ci regalano un panorama di una città indifesa ed indifendibile ancora oggi.
Non tutto nasce e si evolve a Gela, naturalmente. Il processo di urbanizzazione accelerata nei paesi in via di sviluppo è un fenomeno complesso con implicazioni sia positive che negative. La crescita demografica e urbanistica presenta molte sfide, tra cui la formazione di insediamenti informali, l'aumento della pressione sulle risorse naturali e le infrastrutture esistenti, nonché la necessità di servizi essenziali a una popolazione sempre più concentrata nelle città.
Gli insediamenti informali, noti anche come baraccopoli o bidonvilles, che a Gela aggrediscono la collina declinante verso la piana (quartieri “abusivi”, risultato di una speculazione fondiaria selvaggia illimitata e sanata dalla legge) sono aree urbane dove la popolazione meno abbiente si stabilisce senza l'autorizzazione formale delle autorità. Gli insediamenti mancano di servizi di base come acqua potabile, condotte fognarie adeguate, viabilità. Inquinamento ambientale e degrado del territorio.
Il processo di urbanizzazione è continuato, spostandosi sulla pianura, facendo nascere insediamenti urbani a raggiera, e un’area commerciale di grande attrazione. Le motivazioni di questo movimento spontaneo sono tante: le aree periferiche delle città offrono spazi più ampi e disponibili rispetto al centro, dove l'insediamento urbano potrebbe essere più costoso e congestionato. Gli affitti e i costi operativi possono essere inferiori nelle periferie rispetto alle zone centrali, il che attira aziende interessate a ridurre i costi.
Le periferie, tuttavia, mancano di infrastrutture adeguate, come strade, trasporti pubblici e servizi pubblici, rendendo difficile l'accesso per la popolazione. Un movimento dei centri commerciali verso le periferie accresce inevitabilmente il divario tra le aree ricche e povere, poiché i servizi e le opportunità si concentrano sempre più lontano dalle aree svantaggiate della città. Lo sviluppo in periferia contribuisce alla dispersione urbana, aumentando la dipendenza dall'automobile e aumentando la pressione sulle risorse naturali.
Per mitigare queste sfide, sarebbe stata fondamentale una pianificazione urbana oculata e sostenibile. Le autorità avrebbero dovuto cercare di bilanciare lo sviluppo economico con la fornitura di infrastrutture, servizi e opportunità per tutte le fasce della popolazione.
La storia urbanistica di Gela ci ricorda l’ineluttabile realtà. Nel periodo iniziale, con un'economia agricola sottosviluppata, la città disponeva di una struttura urbana relativamente semplice, con insediamenti concentrati intorno alle aree agricole e risorse naturali. Con l'avvento dell'industrializzazione, la città ha avuto una rapida crescita demografica a causa dell'attrazione di lavoratori dalle zone rurali circostanti.
Con l'obsolescenza dell'industria è iniziato un declino economico e un nuovo cambiamento nella struttura urbana. Le fabbriche sono rimaste inutilizzate o chiuse, non sono state bonificate, nonostante una legge lo prevedesse espressamente, e si sono creati problemi di degrado urbano e disoccupazione.
Su un altro versante, l'adozione di un modello economico commerciale ha stimolato un'ulteriore evoluzione urbana, creando nuovi punti focali della città. L'architettura ha subito cambiamenti per riflettere questa nuova fase economica, con una maggiore enfasi su edifici commerciali moderni e strutture per servizi. Un’arteria extraurbana, Via Venezia, nata come circonvallazione alfine di smaltire il traffico di attraversamento, si è trasformata in un grande centro commerciale “a cielo aperto”, un imbuto per il traffico cittadino ed extracittadino sprovvisto di servizi di prima necessità (marciapiedi, arredo urbano, parcheggi).
L'evoluzione descritta avrebbe richiesto una pianificazione urbana flessibile e adattabile per gestire questi cambiamenti. La riqualificazione delle aree industriali obsolete, la promozione del commercio e dei servizi, e la creazione di spazi pubblici accessibili avrebbero dovuto essere priorità.
Inoltre, la preservazione delle aree storiche e la promozione della sostenibilità ambientale avrebbero potuto giocare un ruolo fondamentale nella pianificazione urbana. Ma queste considerazioni appaiono utopiche in una città non governata, abbandonata a se stessa ed al suo dinamismo ingestibile.
In sintesi, il passaggio dalla sottosviluppata economia agricola all'industrializzazione e successivamente all'economia commerciale e terziaria ha avuto un impatto profondo sull'urbanizzazione, sull'architettura, sull'economia e sulla vita dei cittadini. Se fosse stato governato da una pianificazione urbana sensibile ed equilibrata il dinamismo gelese avrebbe potuto costituire una risorsa.
Il caso di un centro commerciale ubicato su un'arteria extraurbana di grande traffico, ai piedi di una collina urbanizzata abitata dalla popolazione residente tradizionale, costituisce un evento fisiologico positivo, se ben governato. Nuove attività commerciali, uffici e servizi sorti attorno al centro commerciale, portano a un aumento dell'attrattiva di questo paesaggio urbano, grazie a nuove strutture, parcheggi e infrastrutture stradali con conseguenze nefaste
per i piccoli negozi locali, che non possono competere con le offerte del centro commerciale. L'impatto sulla città di un'area commerciale vasta, nata e cresciuta spontaneamente, può avere gravi implicazioni e influenzare le dinamiche sociali, le tradizioni e il senso di appartenenza dei residenti.
La pianificazione urbana e la gestione delle conseguenze sociali, economiche ed ambientali saranno perciò cruciali per bilanciare il progresso economico con il benessere della comunità esistente.
La forza di attrazione di Via Venezia suscita una maggiore concentrazione di acquisti all'interno dell'area commerciale e una diminuzione delle transazioni nei quartieri tradizionali, dove abitualmente le persone si incontrano e interagiscono. Appare prioritaria la necessità di riqualificazione dell’insediamento commerciale.
Per affrontare queste sfide è fondamentale una pianificazione urbana attenta e strategica. La collaborazione tra le autorità locali, gli imprenditori, la comunità residente e altre parti interessate può aiutare a gestire l'espansione commerciale in modo sostenibile e a preservare l'identità e le tradizioni della città.
Il quaderno delle cose da fare è facile da riempire. L’esperienza, anche recente, ci avverte che a Gela non è credibile il fatidico libro di sogni, fonte di delusioni, tradimenti e spudorati inganni.