Nella seduta straordinaria ed urgente di giovedì 29 giugno, il consiglio comunale non ha autorizzato il sindaco e l'amministrazione da lui retta ad esercitare il diritto di prelazione sulla “Torre di Manfria” e, considerato che il termine ultimo per farlo è domenica 2 luglio, uno dei simboli della città, pertanto, non entrerà a far parte del patrimonio comunale.
L’Eni, attraverso le compensazioni del protocollo 2014, metteva a disposizione del Comune 350 milioni di euro, di cui 250 milioni per l'acquisto e le spese di rogito, più 100 milioni per l’esecuzione della progettazione finalizzata al restauro e messa in sicurezza del monumento, secondo quanto si legge testualmente nella bozza del documento attuativo. Tanto la Regione siciliana, quanto la Soprintendenza provinciale, non hanno espresso alcun interesse ad esercitare la prelazione.
Ad acquistare La “Torre di Manfria” per 220 mila euro è una giovane società che fa capo ad un imprenditore bolognese. In quanto parte del sistema di avvistamento delle torri costiere della Sicilia, fu costruita tra il XVI ed il XVII secolo. Dichiarata “bene architettonico” di rilevante importanza ai sensi della Legge 1089/39, è sottoposta a vincolo della Soprintendenza come “bene storico”.
Invero, il bene riveste un notevole interesse anche sotto il profilo “paesaggistico” e “naturalistico” per il luogo ove è ubicato. Torre di avvistamento e difesa, è posta su un promontorio dal quale si possono osservare interamente i 60 km del Golfo di Gela.