La morte di Benedetto XVI: le sfide del teologo Ratzinger, papa “conservatore e rivoluzionario”

La morte di Benedetto XVI: le sfide del teologo Ratzinger, papa “conservatore e rivoluzionario”

Nel tentare un sintetico ma credibile profilo di Joseph Ratzinger occorrerebbe riflettere su quanto egli abbia dato alla Curia romana prima ancora del suo breve e travagliato pontificato, e questo a partire dal Concilio Vaticano II dove approdò nel 1962 al seguito dell'Arcivescovo di Colonia Josef Frings,  che lo portò con sé come consulente teologico.

Nel 1977 Paolo VI lo volle arcivescovo e poi cardinale. Ci fu poi  la sua preziosa vicinanza a Giovanni Paolo II, che il 25 novembre 1981 lo nominò Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. E a proposito del  rapporto fra i due, è bene sottolineare come la completa diversità di carattere: il papa polacco grande comunicatore, il cardinale tedesco timido e discreto, mai ostacolò la loro collaborazione, e come piuttosto il pontificato di Wojtyla  trovò slancio e sostanza in quel prezioso consigliere, già allora “umile servitore nella vigna del Signore”.

Nato a Markti il 16 aprile 1927 nella casa dei genitori in Baviera, Joseph Aloisius Ratzinger entrò in Seminario nel 1946, dopo la guerra che lo aveva visto arruolato nella Lutwaffe e poi in fanteria. Vivere negli anni del regime nazista fu per lui una grande sofferenza che si porterà dietro lungo tutta la sua esistenza. Joseph venne ordinato presbitero nel 1951 e nel maggio del 1957 ottenne la Cattedra di Teologia fondamentale presso l'Università di Monaco.

Nel dicembre dello stesso anno ottenne la Cattedra di Teologia dogmatica e fondamentale presso l'Istituto superiore di Teologia e filosofia di Frisinga. Divenne poi professore  nel 1959 all'Università di Bonn, e nel 1963 – mentre era già impegnato al Concilio vaticano II – si trasferì all'Università di Munster.

Succeduto a Giovanni Paolo II e divenuto Sommo pontefice il 19 aprile 2005, come Vescovo di Roma e 264°successore di Pietro, Benedetto XVI sarà sempre ricordato per la sua rinuncia al papato avvenuta il 28 febbraio del 2013, una decisione molto controversa, che venne interpretata dagli osservatori  in modo spesso strumentale e arbitraria. Certo è che il passo indietro di Benedetto XVI, non fu un atto di codardia. Né si può accostare la sua rinuncia al lontano precedente che vide papa Celestino V abbandonare il Soglio di Pietro il 13 dicembre 1294. 

Oggi, al di là delle tante illazioni e delle sterili polemiche, è acclarato che Ratzinger lasciò perché la sua non eccellente salute (già allora aveva 88 anni!) lo indusse responsabilmente e coraggiosamente a fare una scelta che consentisse alla Chiesa di avere un nuovo respiro, proprio in un momento storico in cui la Curia vaticana  viveva delle forti criticità e necessitava di un Pastore forte, capace di prendere il timone e raddrizzare la rotta. Si pervenne quindi all'elezione di papa Francesco.

E se poi qualcuno ha voluto speculare pure su questo inedito scenario che per 10 anni ha visto in Vaticano due pontefici, l'uno regnante, l'altro emerito, immaginando una rivalità fra i due, i fatti hanno dimostrato invece che papa Bergoglio non ha governato con un “nemico in casa” ma con una figura che nel silenzio e nell'ombra molto lo ha sostenuto. Non a caso nella prima enciclica di papa Francesco Lumen Fidei, del 2013, ci fu un importante contributo da parte di Benedetto XVI che quell'enciclica aveva iniziato a scrivere sul finire del suo pontificato. 

In verità, lontano dagli occhi del mondo, Ratzinger ha continuato a servire la Chiesa nel miglior modo possibile, cioè pregando! La sua clausura, voluta, direi desiderata, al Monastero di Santa Mater Ecclesiae, è stato il servizio ultimo di uno spirito eletto ed illuminato. E se durante il pontificato non sono mancate critiche acerbe al suo operato (il problema della pedofilia, le incomprensioni con il mondo mussulmano ed ebraico), sarà il tempo a dare le corrette valutazioni sul papa tedesco, che comunque – con la sua gentilezza e il suo stile – ha sempre saputo dare risposte chiare e concrete ai suoi detrattori. 

Piuttosto io mi soffermerei sul fatto che Ratzinger – mentre l'Europa dei burocrati e dei finanzieri rinnegava la nostra storia e la nostra civiltà – abbia saputo esprimere con forza il bisogno di recuperare e difendere le radici cristiane e combattere il secolarismo che aveva (e ha) posto Dio in un cantuccio. 

Al contempo Ratzinger, ha ridato dignità agli ordini religiosi, fagocitati e quasi emarginati dai movimenti nati nel post-concilio. Non a caso egli da Vicario di Cristo volle prendere il nome che era stato di san Benedetto da Norcia, il santo compatrono d'Europa e fondatore dei Benedettini, testata d'angolo di quella che fu la nascente civiltà occidentale all'indomani del crollo dell'Impero romano. 

Benedetto – contrario a balli, battute di mano e “show” musicali in chiesa – volle pure recuperare la solennità della più nobile tradizione liturgica, anche attraverso la musica sacra. D' altronde, figlio della sua cultura, egli amò visceralmente Mozart e Bach, così come il canto gregoriano. Contrario anche ad una distorta e fuorviante interpretazione del Vaticano II,  il 10 marzo del 2010 affermava:

«Dopo il Concilio alcuni erano convinti che tutto fosse nuovo, che ci fosse un'altra Chiesa, che la Chiesa pre-conciliare fosse finita e ne avremmo avuta un'altra, totalmente "altra". Un utopismo anarchico! E grazie a Dio i timonieri saggi della barca di Pietro, papa paolo VI e papa Giovanni Paolo II, da una parte hanno difeso la novità del Concilio e dall'altra, nello stesso tempo, hanno difeso l'unicità e la continuità della Chiesa, che è sempre Chiesa di peccatori e sempre luogo di Grazia».

La coerenza credo sia stata forse la virtù più importante di Benedetto XVI; coerente nel condurre il suo Magistero in maniera lineare e trasparente; coerente soprattutto nel combattere la disgregazione morale e religiosa dei nostri tempi.  E in questo va sottolineato come nel suo essere teologo (l' Arcivescovo di Canterbury Justin Welby, Capo della Chiesa anglicana, ha riconosciuto Ratzinger come uno dei più grandi teologi della nostra epoca), il papa emerito sposò e promosse un pensiero che mettesse insieme “fede e ragione”, come architravi fondanti del cammino dell'uomo nella sua ricerca di Dio. 

Certo, tutto ciò che è stato papa Benedetto lo scopriremo ancor meglio man mano che i suoi scritti verranno studiati, approfonditi, interpretati, a cominciare dalle sue encicliche Deus caritas est, (2006), Spe salvi (2007), e Caritas in veritate (2009), sino ai suoi innumerevoli saggi, tradotti e pubblicati in tutto il mondo. Sebbene, forse, la Summa della sua Teologia e della sua Fede venga a trovare la più alta concezione nei suoi tre corposi volumi dedicati a Gesù di Nazareth.

Personalmente, conservo un bel ricordo di Benedetto XVI,  che potei filmare a Piazza San Pietro nell' estate del 2004, durante le riprese del mio docu-film su san Rocco. Era l'udienza generale del mercoledì, e proprio in quell'occasione era presente in piazza anche l'Associazione Internazionale “Amici di san Rocco”, che venne salutata pubblicamente dal papa. Così, potei inserire nel mio documentario quel prezioso documento visivo che immortalava il pontefice mentre a bordo della “papa mobile” si muoveva fra migliaia di fedeli in festa.

I funerali di Ratzinger, celebratisi il 5 gennaio dal decano del Collegio cardinalizio, S.Emin.za Giovanni Battista Re, e presieduti da papa Francesco, hanno visto in Piazza san Pietro 60.000 fedeli, e 200.000 sono stati i pellegrini che hanno reso omaggio alla sua salma nei tre giorni che ne hanno preceduto le esequie;  cifre che se da un lato ci hanno rivelato un insospettabile devozione popolare per il papa emerito, dall'altro ci hanno narrato che sino a quando la Chiesa avrà alla sua guida uomini di tale spessore, le tenebre su di essa non prevarranno.

Joseph Ratzinger sarà santo? Non ci vuole un profeta per dare una risposta affermativa. Benedetto XVI sarà santo e sicuramente, a riconoscimento del suo monumentale numero di scritti, sarà anche Dottore della Chiesa.