My father's eyes non è solo il titolo di un vecchio successo discografico della rockstar britannica Eric Clapton, che i suoi fan hanno ribatezzato con il soprannome di “mano lenta” per il suo particolare modo con cui muove le dita sulla tastiera della sua chitarra Fender stratocaster.
May father eyes è anche il titolo che un estroverso musicista di Cernusco sul Naviglio, di origini siciliane, Omar Contrafatto (nella foto), 46 anni, ha voluto dare al documentario Facebook (con video e foto) del suo viaggio avventuroso affrontato in Sicilia con una bici a pedalata assistita. Lo ha fatto, come ci spiegherà più avanti, per rendere omaggio alla memoria del proprio padre, Angelo, buterese di nascita, deceduto in Lombardia nel 2019, all'età di 70 anni, ma anche per visitare i luoghi in cui il genitore è nato e cresciuto.
Omar, laureato in relazioni pubbliche, facoltà di Scienze della comunicazione e dello spettacolo, dopo varie esperienze lavorative ha preferito comprare e gestire la sua nicchia artistica, il "Vino Blues Wine Bar" a Gessate, a pochi km da Milano, un piccolo ma vivace locale pieno di iniziative per dedicarsi anche alla musica, all'arte, allo sport e alla cultura.
Lo abbiamo incontrato durante la sua tappa che lo ha portato nella zona di Butera.
«Sono anni che manco dalla Sicilia – ci ha raccontato, Omar – e in generale mi mancava tantissimo. Due anni fa è morto mio papà, così l’anno scorso ho sentito forte il desiderio di tornare, e di farlo in bici, guardando tutto da una prospettiva diversa, facendo anche fatica fisica, e ripercorrendo i luoghi dove stanno le mie radici, in omaggio a lui e alla ricerca di una parte di me forse dimenticata. La pandemia mi ha obbligato a rinunciare nel 2020, ma alla fine ce l’ho fatta».
– Sei nato in Lombardia ...
«Sì, a Cernusco, alle porte di Milano, dove la famiglia di mio padre si è trasferita nei primi anni 60 dalla Sicilia... Mia madre invece è pugliese.
Sono sposato con Manuela, ho un bambino meraviglioso, Martin. Ovviamente questo era un viaggio da fare da solo».
– Hai pianificato il viaggio tutto da solo?
«Sì. Sono partito il 18 maggio da Milano in treno per Genova, mi sono imbarcato per Palermo e la mattina del 20 maggio ho iniziato a pedalare. Ho percorso quasi 650 km, toccando prima tappe sul litorale, Palermo, Scopello, Erice, Trapani, Marsala, Mazara del Vallo, Selinunte, Sciacca, Siculiana, Porto Empedocle, Agrigento, Licata, la mia amata spiaggia di Tenutella a Marina di Butera e la Contrada Carruba dove mio nonno aveva la casa. Poi sono andato nel cuore della Sicilia, all’interno passando da Butera, Caltanissetta, Enna per poi tornare in treno a Palermo e a Genova in nave».
– E' stata dura?
«La mia Legnano a pedalata assistita mi ha aiutato parecchio, nonostante una fatica tremenda su tantissime salite».
– Cosa rappresenta per te quest'Isola?
«Come dicevo la sento profondamente connessa a me. Sono cresciuto a Milano e probabilmente molto di me è legato alle esperienze e ai ritmi di questa città, ma quel nodo indissolubile che ognuno sente verso un luogo di origine, io ce l’ho ancora verso la Sicilia, quasi inspiegabilmente se vuoi. Lo devo senz’altro a mio nonno, in primo luogo».
– Di notte dormivi in tenda?
"No. Ho prenotato prima di partire alcune case o Bed & Breakfast e devo dire che sono rimasto piacevolmente sorpreso in ogni posto dove sono stato, soprattutto perché, sarà una casualità, ma ho trovato gli alloggi quasi tutti gestiti da donne, cordiali e piene di iniziativa».
– Non hai avuto timore di rapine, furti, aggressioni?
«Onestamente, a parte qualche rara situazione dove mi sono sentito un po’ osservato, non mi sono mai preoccupato di aggressioni o furti; quando parti per un viaggio così lo metti in conto che qualcosa può succedere, ma può accadere in ogni parte del mondo. Il vero piccolo momento di panico l’ho avuto quando mi sono ritrovato in mezzo alla Sicilia più remota, tra Caltanissetta é Enna, su una strada sperduta due volte improvvisamente interrottasi nel nulla, e ho dovuto spingere la bici in mezzo alle sterpaglie. Ne porto ancora i segni! Poi finalmente sono arrivato a una strada provinciale, ma a quel punto ho cambiato itinerario. Sarei dovuto andare a Gangi e poi a Castelbuono, ma la strada tra Caltanissetta e Enna, verso cui poi ho dirottato, mi ha lasciato senza fiato: è il bello di questi viaggi, li programmi ma devi lasciare che il caso ti sorprenda».
– Cosa porti con te di questa terra anche dopo il tuo viaggio.
«Mi riporto a casa tanto del mio passato, del mio presente, e anche del mio futuro. Perché solo ritrovando bene la strada che hai fatto puoi percorrere quella che resta con consapevolezza».
– Perché non hai voluto mettere Gela nel tuo percorso?
"Gela nei miei ricordi di bambino è sempre stata la città grande con tutti i servizi, per noi poveri campagnoli. Ci si andava soprattutto se serviva. Anche se mi ricordo dei bellissimi concerti sul lungomare, la bellissima zona archeologica e ovviamente tanti amici indimenticabili conosciuti in spiaggia. In ogni caso considerando il tragitto e i chilometri (non sembra ma allungare di 20 km una tappa già lunga 100 km vuol dire molto…), ho scelto ovviamente zone a cui ero più legato».
– Quanto ti costerà alla fine questo tuo bike tour?
«A spanne, 300 euro di nave, 50 di treni, una media di 40 euro a notte per dormire (240 totali), e 30 euro al giorno per mangiare (sul fronte cibo il rapporto qualità prezzo in Sicilia è insuperabile). Quindi poco più di 700 euro per otto giorni di viaggio».
– Lo consiglieresti ad altri?
«Assolutamente sì. Ovviamente è un viaggio da preparare bene sia a livello logistico che a livello mentale e fisico-atletico, ma se ci si riesce, sulla spada della proprio vita si mette una tacca davvero importante».