Quando, nel novembre del 2014, l'Eni decise di chiudere la raffineria di Gela e riallocare altrove i suoi 1500 occupati (tra diretto e indotto) per realizzare al suo posto la green Refinery da 200 dipendenti, le parti firmarono un protocollo d'intesa nel quale, tra gli altri investimenti, era prevista l'erogazione aziendale di un contributo di 32 milioni di euro in favore di Regione e Comune da spendere per "misure di compensazioni e riequilibrio ambientale".
Il documento tracciò in linea di massima le opere da realizzare ma lasciò un margine di discrezionalità nella scelta ai soggetti destinatari, fissando tuttavia in 60 giorni il tempo per definire i cambiamenti. Da allora son passati oltre 6 anni senza che sia stata ancora compilata una lista finale delle opere da realizzare.
L'unica cosa certa è la ristrutturazione della ex casa-albergo per avviare il "Macchitella Lab", un progetto da 2 milioni e mezzo di euro destinato alla promozione e alla incentivazione di start-up giovanili. Poi tanti appetiti. Cose piccole, grandi, utili e inutili. Si starebbero per finanziare anche ricerche archeologiche che spetterebbe alla Regione finanziare.
Qualcosa ben definita sembrava fosse stata abbozzata nel dicembre del 2017 con la giunta di Domenico Messinese (ex M5S). Ma di quell'elenco di opere tutto è rimasto sulla carta, astratto (come la sconcertante vicenda del porto rifugio) e l'Eni che si comporta come il "Marchese del Grillo". Vi ricordate la scena del famoso film di Alberto Sordi quando a modo suo, da cinico burlone, si prende gioco degli accattoni, dei questuanti che il giorno prima aveva preso a pigne in testa e che perciò protestavano sotto il balcone di casa sua? Ve la raccontiamo.
"Che vogliono? – chiede il marchese al suo servitore, Ricciotto. "Li sordi" – risponde, quello. "Vonno li sordi? - ripete interrogandosi con un sorriso beffardo il marchese ... "E mo' li avranno!" Così butta nella brace del camino delle monete fino a renderle incandescenti, quindi con una pinza le raccoglie su un vassoio e affacciatosi al balcone, falsamente pentito, chiede scusa:
"Brava gente mi dispiace, io non sapevo di farvi del male, vi ho portato i paoli (i soldi) vi risarcisco tutti. Tenete, pigliate ... godete ..." Quindi le lancia ancora roventi ai mendicanti, che ignari le afferrano, litigando fra di loro... ma gridando subito dopo per il dolore. Il Marchese del Grillo ride con sarcasmo. Per quella povera gente altro che goduria: ustioni gravi alle mani. In un certo senso, l'Eni è come il Marchese del Grillo. Fa litigare i politici, il Comune con la Regione, crea fratture, ustioni, ma i cordoni della borsa li tiene sempre lui, l'ente nazionale idrocarburi.
E se qualche volta i suoi dirigenti sono chiamati a giudizio per gli errori aziendali del passato, quando non riesce il tempo a fare scadere i termini di prescrizione, c'è sempre una scappatoia legale per ricorrere in appello, poi in cassazione, e ottenere un rinvio e magari l'assoluzione...
E tornando alla metafora de "Il Marchese del Grillo", ai tempi del Papa re, ci piace ricordarvi un'altra scena interessante: quella della scazzottata in osteria, con tutti i partecipanti arrestati. Il commissario di polizia riconosce il marchese e mortificato lo rimette in libertà col servitore, Ricciotto, punendo invece gli altri e lo sbirro che l'aveva fermato.
Alberto Sordi, alla fine, andando via, con tutta l'arroganza del suo potere di nobile, deride gli arrestati dicendo loro: "mi dispiace... ma io so' io e voi non siete un ca...". Ecco l'Eni sembra dire così ai gelesi ogni volta che litigano per avere quattro monete roventi di quei 32 milioni di elemosina umiliante che avrebbe dovuto consegnare da tempo a Comune e Regione.