A Gela, da tre generazioni, una famiglia ha associato il proprio cognome, Catalano, alla viticoltura.
Se tutto ha avuto inizio con la piccola proprietà assegnata a suo padre dalla riforma agraria all'alba del secondo dopoguerra, in contrada “Spinasanta”, a dare la sferzata decisiva è Totò Catalano che negli anni '70 del secolo scorso decide di dedicarsi alla coltivazione della vite, allargando i confini a circa 4 ettari ed impiantando, già ben 40 anni fa, il “Nero d'Avola”. A questi, nel frattempo, si è aggiunto il figlio Rosario, forte dell'esperienza maturata, dopo gli studi in biologia ed enologia, presso altre aziende, lavorando per anni al fianco di importanti enologi in diverse realtà agricole nella zona del Cerasuolo di Vittoria.
Con il nuovo secolo, l'azienda oggi guidata da Totò e da Rosario, padre e figlio, ha impiantato nuove vigne in uno dei siti più adatti per produrre grandi vini di altissima qualità, la contrada “Arancio” tra Gela e Butera dove, tra le cave di gesso (a circa 400 m.s.l.m.), sono stati impiantati altri 5 ettari di vigneti. Dalle colline buteresi nasce il “Grillo” doc (al 100%), a cui col tempo si sono affiancati il “Frappato” I.G.P Terre Siciliane (dai vigneti in contrada “Salmè” a Vittoria), il "Moscato/Passito" I.G.P Terre Siciliane (dai vigneti in contrada “Passo di piazza”) ed infine il “Cerasuolo di Vittoria” D.O.C.G. 2016 (Frappato di Vittoria 60% - Calabrese 40%).
La passione per la viticoltura e la ricerca di una forma artistica di concepire il vino, ha portato la famiglia Catalano a misurarsi con le sfide di un percorso tanto difficile quanto soddisfacente nei risultati. Il tutto frutto dell'amore per la propria terra, tramandata attraverso il padre, da nonno a nipote: «già da bambino – ci racconta Rosario Catalano – ero affascinato dalla natura e da tutto quello che grazie alla natura si poteva ottenere.
Come tutti i bambini ero incuriosito dalle piante e dagli animali e dal loro ciclo di vita. Essere cresciuto in un ambiente famigliare con delle radici nell’agricoltura mi ha sicuramente portato ad essere attirato dall’ambiente agreste. L’esperienza nello scoutismo durante l’adolescenza ha amplificato questa mia inclinazione, impartendomi i principi del rispetto dell’ambiente e della natura».
A quel punto la scelta di approfondire gli studi in questo ambito è venuta da sé: «dopo gli studi liceali - ha proseguito - ho frequentato la facoltà di scienze biologiche durante la quale ho approfondito le molte sfaccettature insieme ai fenomeni chimico-fisici che stanno dietro a quello che rappresenta la vita di tutti gli organismi. Così già poco prima di completare gli studi ho fatto la mia scelta. Era la fine del millennio e si iniziava a parlare di viticoltura in Sicilia con l’arrivo di molti imprenditori dal nord Italia. Sicché, dopo la laurea ho preferito continuare gli studi con una specializzazione mirata alla viticoltura ed all’enologia».
Effettuando, di fatto, una scelta di vita: «premesso che – precisa Rosario Catalano - solo con una forte passione si può affrontare l’attività di imprenditore agricolo, perché la terra è sacrificio sotto tutti gli aspetti, compreso quello fisico, ho iniziato la mia professione come tecnico consulente esterno per diverse aziende nella zona del ragusano, e poi anche presso enti pubblici e privati, nonché istituti scolastici. Dopo molti anni ho iniziato a lavorare ad un progetto tutto incentrato sull’azienda di famiglia. Oggi produciamo diversi vini, sia per il consumo giornaliero delle famiglie e dei privati, che per la distribuzione e vendita in diversi canali commerciali.
I nostri clienti sono per la maggior parte ristoratori siciliani, ma anche enoteche e distributori stranieri tutti europei, oltre che un importantissimo marchio leader mondiale della Gdo. I nostri prodotti sono tutti prodotti da vitigni autoctoni siciliani, perché credo molto nel nostro territorio e nella nostra storia e mi lascio difficilmente affascinare dalle mode e dal mercato».
Un'iniziativa privata ed un progetto produttivo che, sostanzialmente, hanno tenuto botta anche a fronte di una crisi imprevista ed imprevedibile come quella della pandemia covid-19: «come tutti anche noi - ha ammesso l'imprenditore agricolo - siamo stati presi alla sprovvista dalla pandemia e dopo i primi mesi ci siamo dovuti adeguare, cercando in tutti i modi di andare avanti. La mia azienda, come tutte le aziende agricole d’Italia, non si è potuta fermare davanti alla pandemia, infatti il ritmo ed il ciclo vitale delle piante non hanno risentito per nulla di questo virus, così come l’uomo non fa caso se un virus colpisce una coltivazione.
Sono regole della natura e tutti gli organismi viventi possono prima o poi essere messi in pericolo da altri organismi, anche se microscopici. Ho cercato di stare vicino prima di tutto ai miei clienti ristoratori incoraggiandoli e supportandoli, perché loro come altre categorie sono state messe in ginocchio dalla situazione economica che si è creata. In secondo luogo ho cercato di aiutare anche i braccianti che operosamente ci aiutano giornalmente prestando il loro sacrificio per l’ottenimento di una buona produzione.
I consumi di prodotto si sono spostati per lo più verso i privati e le famiglie, oltre che verso la Gdo e per questo abbiamo iniziato a fornire anche un importante gruppo sul territorio nazionale. Sicuramente, senza la pandemia, in questi due anni avremmo fatto dei passi da gigante ma sono molto soddisfatto per esserci difesi e non aver fatto dei passi indietro».
Con uno sguardo che rimane rivolto al domani ed un sogno nel cassetto, in una realtà come quella gelese dove non è facile fare certi discorsi e soprattutto tradurli in fatti concreti: «la prospettiva per il futuro – ha svelato - è quella di riuscire a mettere in bottiglia tutta la nostra produzione di uve, infatti ad oggi una parte viene venduta come vino sfuso oltre a vendere una parte delle nostre uve. Ma il vero obiettivo è quello dell’enoturismo. Riuscire a creare un indotto di aziende di diversi settori, dal vino all’olio ad altre produzioni locali che insieme agli operatori turistici e della ristorazione attirino verso il nostro territorio i turisti sia italiani che stranieri.
L’enoturismo è un turismo di élite che valorizza le produzioni e le bellezze naturalistiche dei territori. Per far ciò serve un grande contributo da parte di tutti, la politica e gli enti preposti, che con azioni concrete devono aprire la strada per poter intercettare i flussi turistici, i cittadini attraverso il senso del dovere e l’educazione civica oltre all’apertura mentale ed al rispetto per l’ospite, e le aziende dotandosi di spazi ricettivi e personale formato professionalmente all’accoglienza. Questo nuovo obiettivo – conclude il viticoltore gelese - credo sarà il più difficile da raggiungere perché ad oggi non tutta la popolazione gelese è preparata all’accoglienza».