Torna la preoccupazione ed il fermento tra sindacati e lavoratori intorno al progetto Argo-Cassiopea, a cui sono legati il futuro a breve termine dell'indotto e quello a medio termine del diretto Enimed.
E' quanto emerso dalla riunione della Rsu di Enimed che ha già fissato una data limite, il 20 ottobre, dopo la quale, reiterandosi l'attuale situazione di stallo, si programmerà l'assemblea generale che dovrà decidere le azioni rivendicative da mettere in atto.
Nell’attesa che sindacati nazionali incontrino i vertici della multinazionale, mercoledì pomeriggio si è svolta «una riunione informale – ci svela Emanuele Gallo (segretario generale Cisl - a sinistra nella foto) – della quale l'azienda ha voluto approfittare per presentare di fatto il nuovo amministratore delegato di Rage, Massimo Lo Faso, anticipando per il resto alcune iniziative, azioni e scenari per il futuro. Ma il tutto – ribadisce Gallo – in maniera informale e non ufficiale. Si è trattata di una riunione di presentazione e non c'è stata alcuna trattativa. Non s'è parlato di Argo-Cassiopea, sul quale dovremmo saperne di più - conclude l’esponente cislino - a fine mese».
Una riunione informale «che non ci ha offerto informazioni su Argo-Cassiopea – ci conferma Ignazio Giudice (segretario generale Cgil - a destra nella foto) – ma una qualche anticipazione sugli investimenti programmati sulla raffineria è trapelata, come l'investimento per il completamento del “Btu” e la produzione di “Biojet”, cioè combustibile per aerei, su cui – si sbottona un attimo Giudice – varrebbe la pena di insistere».
Continuano, dunque, gli investimenti sulla green refinery destinata a posizionarsi nelle zone alte della classifica internazionale delle raffinerie "free oil palm" e ci sono anche investimenti che esulano il protocollo, «ma ad oggi - precisa Giudice - quel che noi sappiamo è che l'indotto supera le 1200 unità, che decresceranno sensibilmente tra dicembre e gennaio». La società continua a rassicurare che il progetto Argo-Cassiopea si farà e che i ritardi sono soprattutto effetto del covid, «ma anche – aggiunge l’esponente della Cgil – per il contingente panorama produttivo che non rende oggi, per Eni, economicamente sostenibile il progetto».
Per cui, l'ovvia preoccupazione dei sindacati rimane cosa accadrebbe, tanto al diretto, quanto all'indotto, se il progetto dovesse saltare del tutto. «Per fortuna – afferma Giudice – diverse imprese edili stanno uscendo dal paradosso della mono-committenza e per i mesi di dicembre e gennaio lavoratori dell'indotto andranno in altri cantieri». In più ci sarebbe la scommessa dell'ecobonus, «con la possibilità di creare un'intesa con “Eni Gas e Luce” con la riserva di operare con manodopera locale, guardando anche ad inoccupati e disoccupati di lunga durata esterni all'indotto».
Insomma coinvolgere Eni su iniziative che comportano occupazione è buona politica, rivolgersi solo ad Eni per opere pubbliche a cui dovrebbero guardare i pubblici poteri è una politica fallimentare: «non si tratta più di miopia - conclude Giudice - ma di cecità vera propria. E quando la politica è cieca, la comunità sbatte». Ne abbiamo contezza in campo sanitario, portuale ed altro ancora, per non parlare di campetti e fontane che non hanno creato un posto di lavoro.