Ci avviciniamo sempre di più al fatidico 4 maggio, giorno nel quale il nostro Paese inizierà la “Fase 2” del percorso per tornare alla normalità per l’emergenza Coronavirus.
Il Dpcm del Governo, ha toccato più punti, ipotizzando una ripresa totale di tutte le attività in un mese. Anche in questo caso, non mancano le polemiche, per alcune decisioni ritenute penalizzanti. Ad essere “colpiti” sono i proprietari di attività di bar e palestre. Per entrambi i luoghi, la riapertura al pubblico è prevista per il primo giugno, ma i primi già dal quattro maggio potranno servire a domicilio. Una misura, che non accontenta, poiché i guadagni con la modalità di asporto, non coprono tutte le spese inerenti alla gestione. A destare ancora più malcontento, la mancanza di chiarimenti sulle misure da adottare per la ripresa, che sembra molto difficile.
«Non sono assolutamente d’accordo – dice amareggiata Valentina Averna proprietaria di un bar – con la decisione presa dal Governo per la categoria di cui faccio parte. Per una caffetteria, il servizio d’asporto, non garantisce un guadagno tale da sostenere i costi. Oltretutto si tratterebbe solo di poter fare caffè e cornetti, da poter gustare lontano dall’attività. Riaprire adesso, o anche i primi di giugno, a queste condizioni non ha molto senso. Ho visto che sono state pensate delle soluzioni, come l’utilizzo del plexiglass per i tavoli. Io vado a sedermi, con le persone con cui passo il maggior tempo della giornata, quindi sarebbe insensato apportare tale modifica. Anche la distanza rappresenta un problema, per la copertura limitata. Secondo me – continua - soluzioni plausibili non ce ne sono, in un bar o ristorante, si è sempre un minimo vicini.
Bisognerà capire quali cambiamenti possono comportare un danno minore, ma quelle sentite fino ad oggi non lo sono. Tenere le serrande abbassate per due mesi è complicato, anche perché i pagamenti di acqua e luce proseguono, così come quelli ai fornitori. Adesso, anche le il costo delle merci sarà più alto. Dobbiamo essere più tutelati, nella speranza di tornare il prima possibile alla normalità».
A far storcere il naso, ai proprietari di palestre, è stata la decisione di consentire l’attività fisica all’aperto, anche lontano dalle mura domestiche.
«La decisione di farci “ripartire” tra un mese – commenta Massimo Catalano proprietario di una palestra - è assolutamente sbagliata. Parto dal presupposto che lo sport è salute fisica e mentale. In questo periodo, siamo stati costretti ad avere abitudini tutt’altro che salutari, con una vita sedentaria unita ad un’alimentazione errata. Per combattere questo nemico invisibili, una delle cose più importanti da fare è rafforzare il sistema immunitario e l’attività fisica può essere utile, ma senza compromettere la salute. Bisogna tenere conto delle dovute precauzioni per evitare il contagio e in questo caso si dovrebbe aumentare anche la distanza tra una persona e l’altra.
Dobbiamo responsabilizzare la gente, e gli organizzatori di attività sportive, a disinfettare periodicamente gli attrezzi, però bisogna tornare il prima possibile. L’ igiene sarà essenziale, tenendo anche prodotti utili alla portata di tutti. Questo, però, lo si faceva anche prima. Noi, per la riapertura, vorremmo sapere quali sono le misure di sicurezza. Naturalmente, sarà nostro compito evitare gli assembramenti, magari scaglionando le presente. Ognuno, tramite la segreteria, si potrebbe prenotare e successivamente stabilire un numero massimo di persone per ogni ora. In questo modo, ci sarebbe maggiore possibilità di usufruire, in tempi celeri, dei vari attrezzi».
Catalano, si dice molto scettico sulle lezioni a distanza, metodo utilizzato in questi due mesi: «Un istruttore deve poter guardare attentamente tutti i partecipanti per garantire lo svolgimento corretto di ogni esercizio durante le varie lezioni. In questo periodo, attraverso i social abbiamo seguito i nostri clienti, con delle schede personalizzate anche in base agli oggetti presenti tra le mura domestiche, ma ovviamente non è la stessa cosa».
Luigi Malluzzo, proprietario di una struttura, la cui all’interno è presente una piscina, palestra e centro estetico, non nasconde il grave danno economico recato da questa emergenza: «La riapertura a giugno rappresenta un ulteriore danno per la nostra economia.
La mia struttura, per quanto riguarda la piscina e la palestra, resterà ancora chiusa, poiché ormai la stagione, che va da gennaio a maggio, nel quale abbiamo un maggiore utilizzo è passata. Riaprire a luglio o agosto non avrebbe molto senso, non riuscendo a coprire tutte le spese necessarie per le modifiche da apportare e la riattivazione. Per il centro estetico invece, ci stiamo attrezzando per la riapertura. Attendiamo tutte le direttive necessarie, anche se già in passato, le misure di sicurezza, come la sterilizzazione dell’ambiente, venivano già apportate. Per recuperare tutti gli incassi ci vorrà minimo un anno».