L’Europa e l’Italia che verranno

L’Europa e l’Italia che verranno

L’Italia sarà la stessa dopo il coronavirus? Io credo di no, ma potrà essere migliore a patto che il sistema Italia tragga lezione da ciò che sta accadendo e comprenda:


1. che la concentrazione della struttura produttiva nazionale in una zona specifica del paese rende vulnerabile l’intero sistema economico nazionale;
2. che la concentrazione degli investimenti sanitari e dei servizi in un’area delimitata del territorio nazionale rende il sistema inefficiente e lascia scarsamente protette vaste aree del suo territorio;
3. che l’U.E. non è Europa, ma un insieme di Stati legati da un patto d’affari in permanente concorrenza tra loro dove i popoli non hanno voce;

4. che ha fatto male, anzi malissimo, l’Italia a lasciare agli altri paesi europei di attrezzare i loro porti consentendo loro di divenire la porta d’Europa rinunciando a realizzare quelle stesse infrastrutture in una Sicilia che avrebbe consentito di incrementare il Pil nazionale in modo significativo e alla Sicilia di sfruttare una enorme opportunità nel Mediterraneo;5. che grandi infrastrutture e investimenti concentrati in una ristretta area del territorio nazionale e quasi nulla nel resto della nazione sono la grande debolezza di un’Italia che è via via e inesorabilmente arretrata nella classifica dei paesi più industrializzati del pianeta;
6. dopo il coronavirus cambieranno i rapporti con l’Europa, gli italiani l’hanno già cambiato nella loro testa, ma dovranno cambiare anche quelli tra nord e sud del paese e tra nord e Sicilia. Molti meridionali, molti siciliani lo hanno già compreso.

Se l’Italia non saprà comprendere tutto ciò ed non assumerà politiche conseguenti, allora saranno necessarie iniziative politiche importanti perché il futuro dei territori emarginati sia migliore.
L’Italia del coronavirus dovrà comprendere che non può proseguire con una politica che ha realizzato una economia duale basata su una locomotiva che avrebbe trainato il resto del paese, ma che non riuscendoci, decide di sganciare i vagoni affinché la locomotiva possa proseguire il suo viaggio da sola sperando che se la cavi.

In presenza di una crisi sanitaria gravissima stiamo investendo cifre significative anche se insufficienti per superare l’epidemia, ma si dimostra in tal modo che è possibile una politica diversa e propulsiva, contrariamente a ciò che l’Europa ci ha costretto a fare da troppi anni.

Saprà l’Italia, al termine di questa epidemia planetaria, correggere il tiro e scegliere strategie diverse nei confronti dell’Europa e al suo stesso interno?
Saprà comprendere questa Nazione che dovrà smettere di agire in termini nord centrici e ragionare dal punto di vista degli interessi dell’intero territorio nazionale?
Mi auguro di si, altrimenti potrebbe prendere avvio un periodo turbolento dagli esiti alquanto incerti.