Opere pubbliche, classi politiche inadeguate a sostenere lo sviluppo

Opere pubbliche, classi politiche inadeguate a sostenere lo sviluppo

Una sola grande opera pubblica nell’ultimo ventennio: il Palazzo di Giustizia, costato circa 50 mln euro.

La più antica, la prima che si potesse definire tale: la diga Disueri, “ideata” addirittura nel 1885, i cui lavori iniziarono nel 1939 e completati nel 1948.
Dalla diga al tribunale, prima e ultima opera pubblica realizzata in ordine cronologico (lasso di tempo 1948-2011), Gela ha visto tagliare il nastro inaugurale di grandi opere in sole tre altre occasioni: il Palazzo municipale (1951), il Museo archeologico (1958), la nuova stazione ferroviaria (1977).

Troppo poco per una città che ha avuto uno sviluppo industriale abnorme con l’insediamento del più grande complesso petrolchimico d’Europa (Anic), ed una crescita demografica sproporzionata. Squilibri che hanno provocato un degrado del tessuto sociale, con cui ancora facciamo i conti in termini di invivibilità, insicurezza, carenza di servizi (acqua, viabilità, infrastrutture portuali, verde pubblico).
Sul banco degli imputati, una classe politica asservita ai potentati di Caltanissetta, che hanno tenuto a guinzaglio gli ascari gelesi di turno.

Ne salviamo solo uno: Salvatore Aldisio, la cui indipendenza dalla politica nissena gli ha permesso di ottenere per la sua Gela importanti stanziamenti. Dopo di lui, il diluvio.
E la delusione Crocetta...