Protocollo e Bioraffineria, ma non solo. Altro che andare via, Eni tira dritto, come è sempre stata abituata a fare da queste parti.
Tra i sospiri di sollievo di chi ci sperava ed i voti cupi di chi invece ne auspicava l’addio, Eni rimane e rinnova la sua presenza a Gela, in aderenza al Protocollo di 5 anni ed asserendo di andare oltre lo stesso. Lo fa con un colpo di vernice “verde” e con un nuovo lessico, nel quale prendendo anche a prestito espressioni anglosassoni che vanno tanto di moda, si introducono concetti come “economia circolare”, “decarbonizzazione” ed altri ancora, affiancandoli a quelli già metabolizzati come “bonifiche”, “risanamento” e così via. Innanzi a tutto ciò la politica continua a dividersi in fazioni, polemizzando ed accusandosi a vicenda, collocandosi in una posizione di latitanza sostanziale sulla vicenda, a rappresentare una sorta di “terra di mezzo” tra il fungere da semplice spettatore ed il vestire i panni di una silente complicità.
La notizia è che lo scorso mercoledì 25 settembre 2019, Eni ha inaugurato la "Green Refinery", dando definitiva attuazione al punto più saliente del Protocollo del 2014, cioè il piano di riconversione della Raffineria convenzionale che aveva il suo fulcro nel tanto famigerato pet-coke. Nel comunicato stampa inviato ai media dal "cane a sei zampe", quella di Gela viene definita come «la più innovativa bioraffineria d’Europa.
Avviata nel mese di agosto 2019, con una capacità di lavorazione fino a 750.000 tonnellate annue, sarà in grado di trattare progressivamente quantità elevate di oli vegetali usati e di frittura, grassi animali, alghe e sottoprodotti di scarto per produrre biocarburanti di alta qualità.
Tutti gli impianti del petrolchimico realizzato a partire dal 1962 sono stati fermati: per la riconversione della raffineria sono stati a oggi spesi – si afferma nel comunicato – 294 milioni di euro, a cui si aggiungono ulteriori 73 milioni di investimento previsti per ulteriori attività propedeutiche e per la realizzazione del futuro impianto per il pre-trattamento delle biomasse, che verrà completato entro il terzo trimestre 2020 e consentirà di alimentare la bioraffineria interamente con materie prime di seconda generazione, composte da scarti, oli vegetali grezzi e materie advanced. Il processo di conversione da raffineria tradizionale a bioraffineria, iniziato nell’aprile 2016, è stato completato dopo oltre 3 milioni di ore di lavoro di persone Eni e delle imprese terze con l’importante traguardo raggiungo di zero infortuni.
Per realizzare l’impianto Ecofining™ sono state modificate le due esistenti unità di desolforazione ed è stato costruito lo “Steam Reforming” per la produzione di idrogeno, componente fondamentale nel processo di produzione dell’HVO (Hydrogenated Vegetable Oil), cioè il biodiesel che, addizionato al gasolio fossile in una quota pari al 15%, compone il carburante premium Enidiesel+. I lavoratori Eni impiegati nel sito di Gela - prosegue la nota - sono oltre mille, di cui 426 nella bioraffineria. La realizzazione della bioraffineria Eni di Gela garantisce il miglioramento di tutte le matrici ambientali grazie all’abbattimento delle emissioni (SO2, NOX, CO, polveri) superiore al 70% rispetto al ciclo tradizionale.
Sul fronte ambientale, proseguono gli interventi di bonifica, per cui sono stati spesi oltre 800 milioni di euro dal 2000 a oggi. Al fine di migliorare l’impatto visivo del sito, saranno realizzati numerosi interventi: al camino già demolito si aggiungerà la rimozione della vecchia torcia più alta, che sarà sostituita da nuove di minore altezza e che migliorano l’impatto ambientale. Sono anche stati ultimati numerosi lavori di demolizioni di varie infrastrutture, tra cui serbatoi, pensiline di carico, le strutture per il recupero gas e la desolforazione del gasolio e del frazionamento benzine.
Lo skyline dell’area industriale è destinato a migliorare con gli interventi in programma fino al 2022, compresa la demolizione del camino dello Snox non più in uso. La bioraffineria Eni di Gela – conclude il comunicato – è progettata per trattare cariche advanced e unconventional fino al 100% della capacità di lavorazione, ed è una delle poche bioraffinerie al mondo ad elevata flessibilità operativa.
La caratteristica di processare materie prime di seconda generazione, cosiddette “unconventional”, derivanti da scarti della produzione alimentare, quali oli usati e di frittura rigenerati (RUCO, regenerated used cooking oil), grassi animali (tallow) e sottoprodotti legati alla lavorazione degli oli vegetali fa di Gela un impianto innovativo a elevata sostenibilità ambientale, che consente di processare cariche che andrebbero a smaltimento, con aggravio dei costi per la comunità e impatto sull’ambiente, valorizzandole a biocarburante, nel rispetto dei requisiti dell’economia circolare».
Per l’Amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, quello del 25 settembre è stato: «un giorno molto importante per noi. A Venezia siamo stati i primi al mondo a convertire una raffineria tradizionale in bioraffineria e adesso inauguriamo la seconda, ancora più innovativa: un nuovo esemplare di eccellenza italiana.
Si tratta di un grande passo avanti nel nostro percorso di decarbonizzazione, un cammino che come Eni abbiamo intrapreso da tempo ma al quale negli ultimi cinque anni abbiamo impresso una fortissima accelerazione, investendo significativamente sull’efficienza, e in particolare sulla produzione di energia verde, sulle rinnovabili e sull’economia circolare, attraverso la trasformazione di sostanze organiche e inorganiche, minimizzando gli sprechi e valorizzando i rifiuti e i materiali di scarto.
Il tutto sviluppando ricerca, tecnologie e iniziative industriali che rappresenteranno per Eni vere e proprie future linee di business. E una parte significativa di questo percorso lo stiamo facendo proprio in Italia. Gela, in particolare, riveste in questo senso un ruolo da protagonista: oltre alla nuova bioraffineria, il sito gelese ospita l’impianto pilota Waste to fuel, che dallo scorso dicembre trasforma i rifiuti organici in bio olio, bio metano e acqua, ed è destinato a diventare per Eni un laboratorio per l’applicazione delle più avanzate tecnologie nel campo ambientale e delle rinnovabili».