Nella mattinata di giovedì 19, la Squadra Mobile di Caltanissetta, con l’ausilio di quella di Parma, ha eseguito 4 ordinanze di misura cautelare in carcere, emesse dal Gip del Tribunale di Caltanissetta, su richiesta della locale Dda della Procura della Repubblica.
Sono finiti in carcere:
– Ferrara Grazio, 39 anni, Avvocato del Foro di Gela;
– Rinzivillo Benedetto, inteso “Peppe u curtu”, 55 anni, imprenditore gelese attivo nel commercio delle carni;
– Incorvaia Giuseppe, imprenditore di Licata in pensione, 73 anni;
– Zuppardo Emanuele, 62 anni, di fatto domiciliato a Parma, in atto sottoposto alla libertà vigilata.
Tutti sono accusati di associazione mafiosa, aggravata dall’essere armata e per avere fatto parte del clan Rinzivillo.
L’attività investigativa, che si è conclusa con gli arresti di giovedì, costituisce una costola dell’Operazione “Extra fines” che portò all’arresto, il 4 ottobre 2017, di 37 affiliati al clan-Rinzivillo: essa fece luce sull’ascesa, nella famiglia di cosa nostra gelese, di Rinzivillo Salvatore il quale, approfittando della carcerazione dei suoi fratelli Antonio e Crocifisso e dell’assenza sul territorio di uomini in grado di contrastarne il carisma, riorganizzò il clan facendo leva sia su figure tradizionalmente appartenenti ad esso sia su figure nuove ed emergenti che si erano messe a sua disposizione per assicurare il mantenimento in vita del clan.
Nell’ambito di questo procedimento, emergeva prepotentemente il contegno di Grazio Ferrara, avvocato del Foro di Gela, il quale si distingueva come uomo di totale fiducia di Rinzivillo Salvatore sin dal 2016 (durante il periodo delle indagini poi confluite nell’Operazione Extra Fines) quando il boss gelese lo aveva fatto contattare da un suo affiliato; da quel momento in avanti, Rinzivillo impartiva all’Avvocato Ferrara ordini precisi per svolgere incombenze di cui lo stesso Rinzivillo non voleva occuparsi di persona e che andavano ben oltre gli incarichi forensi: d’altronde, delegare il suo fido Avvocato nel contattare malavitosi era sicuramente per il boss un più sicuro viatico per mantenere rapporti con loro nella gestione degli affari illeciti.
Inoltre, emergeva addirittura che Ferrara costituisse la longa manus del Rinzivillo negli affari intessuti dal boss gelese con Rinzivillo Luigi (di cui è diventato anche difensore di fiducia dopo il suo arresto nell’ambito dell’operazione Extra Fines); con Rinzivillo Benedetto, inteso “Peppe u curtu”; con Collodoro Carmelo, esponente di cosa nostra gelese; con Napoli Santo, mafioso di Milazzo; con Rabito Paolo, uomo d’onore della famiglia di Salemi, autista degli esattori Nino ed Ignazio Salvo; con Salerno Roberto, reggente della famiglia di cosa nostra di Vittoria.
La disponibilità di Ferrara nei confronti del boss gelese si manifestava anche dopo la carcerazione del boss; proprio al Ferrara che Rinzivillo Salvatore, approfittando del suo status di insospettabile legale, affidava il compito di fare uscire le sue ambasciate dal carcere, contenenti ordini per altri esponenti della consorteria mafiosa, ancora liberi sul territorio.
Nel corso dell’indagine è stato anche rilevato che Ferrara faceva pervenire al bossi messaggi dai sodali liberi, attraverso l’esibizione di fogli manoscritti durante i colloqui in carcere: una modalità ingegnosa con la quale l’Avvocato gelese pensava di eludere eventuali intercettazioni ambientali a suo carico.
Rinzivillo Benedetto, inteso “Peppe u curtu”, imprenditore gelese operante nel commercio di carni, appartenente a cosa nostra-clan Rinzivillo, assicurava aiuto economico all’associazione, al capo clan Rinzivillo Salvatore e ad altri sodali in stato di carcerazione; inoltre, Rinzivillo Benedetto offriva disponibilità al capo dell’associazione ad assumere alle proprie dipendenze personale indicato dal capomafia e favoriva l’infiltrazione del clan rinzivilliano nel tessuto economico legale attraverso il riciclaggio di danaro di provenienza illecita.
Rinzivillo Benedetto è indagato anche per tentata estorsione, aggravata per l’appartenenza al clan Rinzivillo, e per avere tentato di procurarsi un ingiusto vantaggio in danno di un imprenditore concorrente di carni e salumi, che veniva minacciato di morte qualora avesse continuato ad offrire ai clienti, la stessa carne da lui commercializzata.
Incorvaia Giuseppe, imprenditore licatese di cosmetici e profumi, si metteva a disposizione del capo clan Rinzivillo Salvatore che, dal carcere, faceva pervenire allo stesso Incorvaia precisi ordini sempre per il tramite di Ferrara Grazio.
Inoltre, Incorvaia favoriva il boss gelese fornendogli il suo contributo per l’attivazione di attività economiche funzionali all’investimento e riciclaggio di illeciti proventi, avvalendosi anche in questo caso della figura dell’Avvocato Ferrara.
Ad ulteriore riprova del ruolo importante acquisito dall’avv. Ferrara all’interno della consorteria, va segnalato che era stato proprio lui il prescelto dal Rinzivillo Salvatore per far accompagnare quest’ultimo ad un incontro riservato con Rabito Paolo avvenuto il 14.4.2017.
(fonte: Questura di Caltanissetta)