Bancarotta fraudolenta, tre arresti e sequestro di un’intera azienda

Bancarotta fraudolenta, tre arresti e sequestro di un’intera azienda

Nel loro disegno criminoso e nel palese tentativo di fregare lo Stato eludendo il fisco, pensavano che spostando la sede legale della loro azienda da Vittoria a Niscemi (Comuni ricadenti sotto due diverse procure potessero passarsela meglio ma è andata come peggio non poteva.

Tre le persone arrestate: Raffaele Donzelli, 46 anni, l’unico finito in carcere, e il padre Giovanni, 71 anni, agli arresti domiciliari come Claudia Fois, 40enne originaria del nord Italia, dipendente e persona di fiducia dei Donzelli, che sono di Vittoria.

L’indagine – come si legge nella nota stampa diffusa dalla Procura e dal Comando provinciale della GdF – trae origine dall’approfondimento investigativo di diverse vicende societarie connotate da condotte fraudolente che hanno visto i tre odierni arrestati attuare un disegno criminoso finalizzato a cagionare il dissesto finanziario dell’originaria loro società, dichiarata fallita dal Tribunale di Gela nel febbraio 2017, distraendone i beni e l’intero complesso aziendale, attraverso un continuo passaggio a nuove società – anch’esse poi insolventi ed indebitate - con l’intento di continuare l’attività lavorativa e lasciare i creditori, tra i quali lo Stato, senza alcuna possibilità di rivalsa.

Il piano criminale è stato attuato partendo dalla società dichiarata fallita, con sede a Niscemi, e ha coinvolto altre undici “società satellite”, caratterizzate tutte da una breve vita aziendale e rappresentate da “teste di legno”, con una sola finalità, aggirare l’Erario ed i creditori.

Gli accertamenti hanno evidenziato come la prima società niscemese coinvolta, costituita nel 2008, e da ultimo una vittoriese, nata invece nel 2013, siano state oggetto di ripetute opache vicende gestionali.

La società fallita, infatti, operante nel settore del recupero e trasformazione di materiali plastici in prodotti fioccati, già nei primi anni di vita aveva iniziato ad accumulare ingenti debiti nei confronti dell’Erario e dei creditori, complessivamente poi ammontanti a 11 milioni di euro.
Successivamente, con una serie di manovre “truffaldine”, risultato di collaudati schemi criminali, si è assistito ad un continuo passaggio ad altre società del principale ramo aziendale riguardante i macchinari e le attrezzature utilizzate per la lavorazione della plastica.

Le indagini hanno consentito di accertare, per molte delle società coinvolte, la mancanza di scritture contabili, nonché la distrazione di beni strumentali.
Con questa operazione, condotta in tandem dalla Procura di Gela e dall’Aliquota Pg della GdF presso lo stesso Ufficio, sono circa 35 milioni di euro confiscati e potenzialmente recuperabili dall’Erario. Un bel bottino.

Nella foto, un momento della conferenza stampa in procura. Da sinistra, il ten. Manuel Carbonara, il cap. Giuseppe Gradillo, il sostituto procuratore Federica Scuderi, il procuratore capo Fernando Asaro e il m.llo Gotti