Dalle mura di casa ad una vetrina prestigiosa come il catalogo dell’Arte Moderna di Mondadori.
Gela si riscopre fucina di talenti nell’ambito artistico. Francesco Savatta (nella foto) passo dopo passo si sta facendo spazio nel panorama nazionale, col desiderio di poter contribuire alla crescita “creativa” della città. Dalla vittoria dello storico Premio “Basilio Cascella” tanti attestati di stima con le due opere “Fragilità” e “Scelta”. L’ artista inoltre, sta lavorando ad altre creazioni, definendosi sempre in evoluzione.
– Come è nata la passione per l’arte?
«Sin da bambino ho sempre avuto la passione per il disegno. E’ un’attività che ho ripreso da grande, dopo che per vari motivi, ho dovuto accantonarla».
– Cosa le piace raffigurare nelle sue opere?
«Non ho una preferenza in particolare. Disegno quello che mi attira, può essere un paesaggio o una persona. Devo dire però, che nell’ultimo periodo nei miei lavori è protagonista la figura umana infatti, in molti di questi è presente la mia sfera affettiva».
– A quale corrente artistica si ispira?
«Inizialmente mi sono ispirato dall’ Iperrealismo. Negli anni 70 questa corrente è stata fondata da pittori americani che rappresentavano la realtà meglio di una foto. Erano e sono molto meticolosi nei dettagli. Un altro pittore a cui mi ispiro è Escher, di origine olandese».
– Parliamo dei due dipinti presenti nel catalogo Mondadori “Fragilità” e “Scelta”. Come me li descrive?
«Il dipinto “Fragilità” raffigura una donna all’interno di un bicchiere. Questo è stato uno dei primi disegni che ha sancito il passaggio da realismo a surrealismo. Rappresento la donna che vive determinate situazioni, prima si chiude in se stessa (questo il significato della posizione) e poi prova ad uscire. Da qui nasce l’idea del bicchiere che simboleggia una campana che la protegge, ma allo stesso tempo essendo di vetro è fragile. Questo disegno è stato pubblicato per la vittoria del Premio “Basilio Cascella” uno dei più importanti riconoscimenti in Italia. Il secondo dipinto “Scelta” rappresenta la malattia. In questo lavoro raffiguro una grande siringa con una persona (che sarei io) molto più piccola poiché, la malattia è qualcosa molto più grande di noi e non riusciamo a controllarla. Nella siringa è presente il farmaco che può curare, ma a volte ci si abbatte e non si riesce ad andare avanti».
– Si aspettava questo successo?
«No, non me l’aspettavo anche perché la mia è solo passione».
– Ha altri lavori in programma?
«Si, sto ultimando un lavoro che ha sempre come protagonista la donna nelle varie sfaccettature della vita».
– Cosa manca per definire Gela una città d’arte?
«Secondo me, manca la cultura dell’arte. La gente deve essere abituata con delle iniziative. Mancano gli eventi. Sto progettando una mostra in cui esporrò tutti i miei lavori, il mio percorso artistico».