Su proposta dell'assessore regionale delle Infrastrutture, Alessandro Aricò, la giunta regionale presieduta dal governatore Renato Schifani, ha dato il via libera al nuovo accordo attuativo con Eni ai sensi del quale la multinazionale energetica si impegna a versare un contributo economico di 3,7 milioni di euro da destinare al ripristino funzionale del porto rifugio di Gela, nell’unica provincia costiera, quella di Caltanissetta, in cui non esiste una struttura portuale funzionante.
Secondo quanto riferiscono da Palermo, il gruppo industriale dovrà altresì rimborsare 1,7 milioni di euro alla Regione siciliana, per gli interventi già realizzati in passato nell'area. Si tratta di una misura compensativa prevista dal “Protocollo d'intesa per l'area di Gela”, firmato nel 2014 da Regione, Comune, Ministero dello Sviluppo economico ed Eni che prevede un piano di investimenti per lo sviluppo sostenibile della cittadina che si affaccia sull’omonimo golfo.
Soggetto attuatore sarà l'Autorità di sistema portuale della Sicilia occidentale che è responsabile della gestione del sito e che, dopo la firma ufficiale dell'accordo, presenterà il progetto definitivo del restyling del porto, a partire dai lavori più urgenti legati alla necessità di dragaggio e pulizia.
«Il porto di Gela – ha commentato il presidente della Regione, Renato Schifani - è fondamentale non solo per lo sviluppo della città e della sua provincia, ma anche per l'intera Sicilia considerando la sua posizione che è strategica nel Mediterraneo sia per il traffico di merci che come punto di riferimento per il turismo marittimo. Il governo è pronto ad appoggiare ogni iniziativa che vada in questa direzione. Con questo accordo, apriamo una nuova fase e ringraziamo l'Eni per la fattiva collaborazione che speriamo di intensificare per dare attuazione ad altre iniziative per la crescita sostenibile di Gela».
Dal canto suo, per l’assessore Aricò si danno «finalmente risposte ad un territorio – ha aggiunto – che ha infinite potenzialità di crescita e che da troppo tempo aspetta di riappropriarsi di una infrastruttura cruciale per l'intera provincia, che può rivelarsi fondamentale anche nella strategia nazionale di potenziare i porti del Sud Italia. Il via libera a questo accordo, cui seguirà la firma ufficiale, rappresenta un primo passo importante perché dà il via ai lavori urgenti che una volta realizzati permetteranno di dedicarsi al progetto complessivo di riammodernamento e di potenziamento dell'infrastruttura».
Siamo davvero ad una svolta nella riqualificazione del porto rifugio di Gela, al fine – secondo quanto asseriscono enfaticamente a Palazzo d’Orleans - di restituire al territorio un'infrastruttura che è suscettibile di rivelarsi strategica per tutta la Sicilia?
Oppure siamo di fronte a quello che si rivelerà, per contro, l’ennesimo bluff di una vicenda ineluttabilmente caratterizzata da un serie infinita di promesse disattese, che si trascina oramai da oltre mezzo secolo? Staremo a vedere. Intanto, «prima di brindare – ha ricordato il senatore gelese del Movimento cinque stelle, Pietro Lorefice - la Regione dovrebbe chiedere scusa ai cittadini gelesi per anni di lungaggini, ritardi e promesse non mantenute.
Non sono state solo le correnti marine a insabbiare il porto – ha continuato il parlamentare nazionale pentastellato - ma l'incapacità e l'indifferenza dimostrate dalla politica regionale di Musumeci prima e di Schifani adesso, verso una città che ha sofferto troppo».
Ciò che, invero, non convince in questo annuncio dato dall’amministrazione regionale e che desta non poche perplessità è in primo luogo il riferimento a quel milione e settecentomila euro che Eni dovrebbe restituire alla Regione per aver anticipato queste somme, in relazione a presunti interventi nel sito che a memoria non ricordiamo tali da giustificare questa cifra.
A meno di intendere per interventi, i vari passaggi, con repentini dietrofront, lacci e pastoie burocratiche, tra inutili studi, consulenze e riunioni, in un iter rivelatosi inconcludente e condotto fino ad un punto morto dalla Protezione civile regionale, tanto che il passaggio della gestione all’Autorità portuale della Sicilia occidentale, ha tolto (come si suol dire in questi casi) le castagne dal fuoco, cancellando con un getto di spugna una situazione diventata, di fatto, a dir poco imbarazzante, nel bel nulla a cui era pervenuta.
L’obiezione fatta propria anche dal sindaco di Gela, Terenziano Di Stefano, è che quel milione e settecentomila euro, assommato ai tre milioni e settecentomila euro, fanno cinque milioni e quattrocentomila euro, vale a dire la somma delle compensazioni di cui al protocollo del 2014, destinata al porticciolo. Si è sempre detto in passato e fino a ieri che non sono soldi di Eni, né tantomeno oggi si può dire che siano soldi della Regione.
Sono invece soldi dei gelesi e della città. Soldi da destinare all’infrastruttura, non da restituire alla Regione per non aver saputo portare a compimento un iter che aveva d’altronde un obiettivo chiaro, netto e tutt’altro che così dannatamente complicato: ossia dragare il porto, previa caratterizzazione delle sabbie, con a margine la costruzione di un pennello, in modo da porre stavolta un autentico argine alle correnti che, con puntuale periodicità, hanno insabbiato il porto.
Del resto, i primi a non fare salti di gioia «per i piccoli passi ottenuti», sono i componenti del comitato del porto del golfo che non esultano affatto.
Anzi, esprimono una decisa cautela nell’accogliere la notizia e lo dicono. E ciò «perché ancora l’iter per i lavori di ristrutturazione e riqualificazione per l’area portuale del porto di Gela, risultano in forte ritardo. Certo – ammettono i cittadini del comitato che segue da anni la vicenda – qualche giorno fa è stata firmata la delibera di giunta per l’accordo attuativo sottoscritto nel 2016, dove viene inserita nel protocollo l’autorità di sistema portuale (tale accordo firmato con un ritardo di un quasi due anni), che aspettiamo di leggere.
Ma ancora si attende il progetto da parte dell’autorità di sistema portuale che doveva essere presentato a fine settembre 2024, come riferitoci nell’ultimo incontro presso il comune di Gela. Ancora rimaniamo in attesa di tale presentazione.
A tal proposito – si legge nel comunicato inviato ai media dal comitato – chiediamo che tutti a partire dal sindaco, dai deputati regionali e nazionali, facciano la propria parte per essere da pungolo presso gli enti preposti, perché solo seguendo l’iter procedurale possiamo ottenere i risultati che la città chiede da anni, cioè quello di avere un porto funzionale. Noi non molleremo, saremo sempre lì a vigilare e seguire l’iter perché la nostra città – concludono - merita un porto degno come quelli delle altre città di mare della Sicilia».
La generale freddezza con cui la città ha accolto la notizia non deve stupire affatto. Quella gelese è una comunità rassegnata, rimasta quasi indifferente persino innanzi al dissesto dell’ente comunale. Lo conferma il dato dell’astensionismo elettorale, giusto per intenderci. Sul punto in questione, poi, il gelese è un cittadino disilluso. Come lo è sull’autostrada Siracusa-Gela e su altre tematiche, specie infrastrutturali.
A ciò deve inoltre aggiungersi una circostanza che la politica sta cercando, con scarso successo, di celare. Come nel gioco dell’oca, si torna di nuovo punto e a capo. Un film già visto e rivisto da queste parti. Peraltro, come già anticipato dal vertice apicale dell’Autorità di sistema, Pasqualino Monti, il progetto comporta un investimento non inferiore a quaranta milioni di euro. Una cifra ingente, che avremmo potuto magari intercettare nel provvidenziale Pnrr, ma il 2026 oramai è dietro l’angolo ed i tempi sono troppo stretti per realizzare l’opera con quei soldi.
La via maestra per guadagnare la copertura finanziaria richiesta, resta allora quella, con il passare degli anni diventata canonica, dei finanziamenti e fondi europei. Il che comporta avvalersi di una precisa e ferma volontà politica. Proprio ciò che è mancato nei decenni passati.