Terenziano Di Stefano è il nuovo Sindaco del Comune di Gela. Il candidato di “Progetto Gela”, campo largo progressista di centrosinistra, ha totalizzato nelle 71 sezioni scrutinate in occasione del ballottaggio, ben 13.717 preferenze, pari al 61,08%.
La sua competitor, Grazia Cosentino, candidata del centrodestra, si è fermata ad 8.793 preferenze, pari al 39,92%. Una vittoria schiacciante. Nei prossimi giorni avverrà la proclamazione formale del primo cittadino eletto, che succederà al sindaco uscente Lucio Greco, di cui Di Stefano è stato vice, oltre che assessore, per larga parte del mandato.
Accompagnato dalla moglie ed i due figli, Terenziano Di Stefano è entrato nel palazzo di città e poi nella stanza del sindaco, indossando la fascia tricolore, dispensando calorosi abbracci a chiunque, in un clima trionfale ma senza perdere la lucidità nel concedersi ai cronisti: «Come ho sempre ribadito in questi intensi giorni di campagna elettorale - ha dichiarato - abbiamo offerto una proposta politica seguendo un percorso con la testa, il cuore e le gambe. Alla stessa maniera, cioè con la testa, il cuore e le gambe, governeremo la città che vogliamo rilanciare con un progetto ambizioso». Ciò, a partire da subito, considerata l'emergenza idrica.
«La situazione attuale – ha proseguito - richiede che venga data immediata priorità all'acqua ed infatti convocherò il prima possibile Caltaqua, Ati ed Eni, perché dobbiamo superare questa crisi idrica». E sul pericolo di nuovi conferimenti alla discarica di Timpazzo dopo la chiusura di Lentini, Di Stefano ha precisato che «diremo a Schifani, qualora si rendesse davvero necessario farlo, che non diventeremo la pattumiera della Sicilia». Finita la contesa, il nuovo sindaco ha inteso rassicurare la cittadinanza: «sono il sindaco di tutti, nessuno si senta escluso, Come promesso - ha concluso - non ci sarà nessuna distanza con i cittadini».
In occasione del secondo turno tenutosi domenica 23 (dalle 7 alle 23) e lunedì 24 giugno (dalle 7 alle 5), hanno votato 22.786 elettori, dei quali 11.502 uomini e 11.284 donne, pari al 35,26%. Sono state 66 le schede bianche, 260 quelle nulle, 4 contestate. A Di Stefano è scattato anche il premio di maggioranza e di conseguenza alla sua coalizione, o meglio, alle tre liste che hanno superato lo sbarramento, scattano ben quindici seggi. Per quanto inattesa e cocente, dal canto suo per Grazia Cosentino «non è stata una sconfitta».
Nel prendere atto dell'esito, piuttosto netto, dello scrutinio, la Cosentino si è limitata semplicemente ad appurare che «la città ha deciso di non dare seguito al nostro progetto di cambiamento». Certo, «da ingegnere guardo sempre i numeri e rispetto al primo turno – ha ammesso -i conti non tornano qualcosa non è andato per il verso giusto.
Ma di questa esperienza conservo il calore e le nuove amicizie che sono nate. Ne approfitto per ringraziare chi mi ha sostenuto fino alla fine. Tornerò a fare il funzionario di Impianti srr – ha sottolineato – ma intendo dare seguito al mandato elettorale di consigliere comunale conferitomi dagli elettori».
In un vicenda elettorale dalle forti tinte farsesche e gattopardiane, ha vinto chi più di tutti ci ha creduto davvero, senza perdere mai di vita l’obiettivo. E cioè Di Stefano. L’intesa attorno alla sua figura tra Pd, M5s e Una buona idea nasce da lontano e prende le prime mosse in consiglio comunale nell’ultimo anno di mandato.
L’agorà doveva servire ad allargare il campo ma quando è venuto fuori il suo nome, Di Stefano ha mantenuto la barra dritta pur incassando il No di Lo Nigro, Donegani e Franzone, rischiando financo di perdere l’apporto del Pd. Ha reclutato gli autonomisti, Melfa, De Luca ed Azione di Calenda, nonché il Pci, il cui contributo è andato bel al di sotto delle aspettative, ma tanto quanto basta per guadagnarsi l’agognato ballottaggio, contro la favorita della corazzata dei partiti di centrodestra.
Il suo non desistere è stato premiato da un paio di mosse determinanti. La prima, assolutamente decisiva, in vista dello scontro decisivo al secondo turno in un partita che ripartiva dallo 0-0, è stata la volontà di non apparentarsi con nessuno, nonostante il ritardo nei confronti della Cosentino registrato al primo turno.
Nella prospettiva di un premio di maggioranza di 15 consiglieri, ha galvanizzato oltre una decina di potenziali consiglieri tra le fila delle tre liste che avevano superato lo sbarramento. Ciò ha significato mantenere l’apporto convinto di tre partiti, vale a dire Pd, M5s e la stessa Una buona idea, che a livello locale è una realtà consolidata che sul piano della mobilitazione non ha nulla da invidiare ai due partiti nazionali alleati.
Questo ne ha anche accresciuto la leadership interna, con i tre partiti che hanno abbracciato e spinto il loro candidato fino al traguardo, facendo trasparire questa leadership anche all’esterno.
Sotto quest’ultimo profilo, intelligente è stata la mossa di acquisire al secondo turno il contributo di Filippo Franzone. Si badi bene, è Di Stefano a scegliere Franzone e non viceversa. Forte di tremila voti ottenuti sul piano personale al primo turno, ma con una lista rimasta fuori dal consiglio comunale, Franzone rischiava di rimanere con un pugno di mosche in mano. I tre punti (un legale per il passaggio a Catania, difesa sanità ed ospedale, acqua) sottoposti al vaglio dei due candidati, porta Franzone ad aderire al progetto di Di Stefano solo perché la Cosentino rifiuta il primo punto, relativo al passaggio alla città metropolitana etnea.
Se la Cosentino avesse accettato anche il primo punto, su confessione dello stesso Franzone, tre componenti su quattro della delegazione, erano orientati verso la Cosentino. Invece la diponibilità di Di Stefano ha tolto le castagne dal fuoco. Un disponibilità verso Franzone che Di Stefano ha rinnovato per la terza volta, nonostante il No di Franzone all’agorà ed il secondo No di Franzone alla stessa proposta che Di Stefano gli aveva formulato su due dei tre punti (passaggio a Catania e sanità, con tanto di assessorato) all’indomani dell’agorà.
Ovviamente, il contributo di Franzone al ballottaggio non ha significato lo spostamento di tre mila voti d’opinione. Il voto d’opinione, per definizione, non è trasferibile da un oggetto all’altro. Ciò che si sposta è il voto clientelare, cioè un qualcosa che non può essere associato alla figura pura di un civico come Franzone. La sua indicazione verso Di Stefano, però, ha accresciuto e consolidato indubbiamente la credibilità della leadership all’esterno.
Dall’altra parte, anche se ha dimostrato di essere una donna con gli attributi, l’ing. Grazia Cosentino non è riuscita ad imporre una propria leadership a partiti che l’hanno trascinata al primo turno, ma senza farle tagliare il traguardo del 40%, per poi abbandonarla di fatto al secondo turno.
Cosa che non è successo al ballottaggio con il candidato di centrodestra a Caltanissetta. Questo ha messo più a nudo la “fragilità politica” di una candidata “burocrate”, che pagava già dazio prendendo meno voti delle liste al primo turno. Nei quindici giorni antecedenti il voto d’appello, non si è più visto nessuno dei big che avevano puntato su Gela al primo turno.
Né Cuffaro, né Mancuso o altri. I partiti di centrodestra non hanno serrato le fila ed hanno permesso l’incunearsi di gelosie interne atte a boicottare l’eventuale elezione di alcuni papabili in caso di vittoria e premio di maggioranza al secondo turno. Al trasversalismo verso l’avversario, si è affiancato l’effetto boomerang del rientro di alcuni ex ribelli. Non si spiegherebbe altrimenti una tale dèbacle rispetto al primo turno. Inutile girarci attorno, già dai primi esiti dello scrutinio si è evinto che tra i due competitors non c’è stata partita.