Dalle ore 7 fino alle 23 di domenica 23 giugno e dalle ore 7 fino alle 15 di lunedì 24 giugno, i gelesi decideranno alle urne chi sarà il successore dell’uscente sindaco, Lucio Greco.
Purtroppo, la settimana successiva ai risultati del primo turno che hanno visto Grazia Cosentino e Terenziano Di Stefano costretti a giocarsi la poltrona di primo cittadino al secondo turno, è stata orribile. E c’è mancato poco per essere definita oscena.
Intanto, è già un eufemismo parlare di risultati. Solo martedì 18 giugno, a 5 giorni dal ballottaggio, la commissione elettorale insediatasi nella stanza dei gruppi consiliari presso il palazzo cittadino, ha ufficializzato gli esiti del primo turno esclusivamente per quanto concerne la corsa a sindaco.
In testa Grazia Cosentino (centro-destra) con 11.353 voti. Alle sue spalle Terenziano Di Stefano (centro-sinistra e progressisti) con 10.208 voti. A seguire poi Totò Scerra (Liste civiche) con 8.167 voti, Filippo Franzone (Lista civica) con 2.925 voti e Miguel Donegani (Lista civica) con 2.682 voti. L’indomani, mercoledì 19 giugno, sono state rese note anche le preferenze per il consiglio comunale ma con l’avvertenza che trattasi ancora di dati non definitivi e quindi non ufficiali.
Ciò ha inevitabilmente influenzato, facendolo scadere del tutto, il clima di nervosismo che si è instaurato all’indomani dello scrutinio. Quest’ultimo infatti, nonostante la mancanza di ufficialità nei responsi, aveva già delineato con nettezza le posizioni e le distanze tra i cinque candidati alla massima carica cittadina.
Insomma, che nessuno avesse vinto al primo turno era acclarato, così come era accertato che andassero al ballottaggio Cosentino e Di Stefano, con gli altri, a cominciare dal gruppo dei ribelli di centrodestra capeggiati da Scerra, convinti di poter fare da ago della bilancia nella logica degli apparentamenti da stabilire entro le ore 16 di domenica 16 giugno.
Invero, il primo ad essere contattato dai due competitors è stato Franzone il quale in un video ha spiegato le ragioni della scelta di appoggiare Di Stefano, anziché la Cosentino: «abbiamo sottoposto ad entrambi i tre punti da portare avanti per stringere un’alleanza e cioè – ha chiarito – il rispetto dell’esito referendario per l’adesione alla città metropolitana di Catania; la dotazione dei servizi sanitari-ospedalieri; l’acqua alla città e alle campagne (dighe).
Mentre Di Stefano ha accettato tutti i tre punti, suggerendo – ha precisato ulteriormente Franzone – che il modo migliore per perseguire questi obiettivi era affidarci un assessorato ad essi dedicato, la Cosentino pur offrendoci un assessorato dedicato agli ultimi due punti, non ha considerato come primario per la sua coalizione il punto sul passaggio a Catania.
Abbiamo scelto allora di appoggiare Di Stefano perché garantendo i tre punti – ha concluso – ha assecondato la volontà dei tremila cittadini che hanno votato Franzone». Va da sé che tale alleanza non ha avuto il sigillo di un apparentamento tecnico perché non c’era alcuna lista da apparentare, in quanto la lista di Franzone non ha superato lo sbarramento del 5 percento.
Chi ha superato tale soglia per l’accesso al consiglio comunale è stata invece la lista “PeR” di Miguel Donegani che in vista di un apparentamento tecnico con Di Stefano è sembrato titubante sin da subito ed alla fine non se n’è fatto nulla.
«Dopo alcuni incontri e colloqui – ha dichiarato Donegani – tra me e Di Stefano, durante i quali ho ribadito che la lista PeR non è interessata ad entrare in giunta e ad avere assessorati, ma solo ad un eventuale apparentamento tecnico, che avrebbe consentito di incrementare la nostra rappresentanza in consiglio comunale senza tradire i nostri principi, comunico che anche questa ipotesi non è più sul tavolo.
Ho apprezzato l'interessamento e l'impegno di Di Stefano, ma è l'ennesima dimostrazione dell'eccessiva incidenza dei partiti (e dei soliti noti) sulle scelte della sua coalizione che non lasciano autonomia ai sindaci. A giorni riunirò il gruppo del laboratorio PeR. Insieme faremo le nostre valutazioni. Da noi si decide in maniera collegiale. Come sempre, faremo scelte coerenti – ha chiosato – e in linea con i nostri valori e ideali».
Nel frattempo era già iniziata la danza con balletti conditi da spericolate acrobazie. In alcuni casi, voli pindarici veri e propri. Non appena Di Stefano ha palesato a Scerra le sue perplessità in ordine ad un apparentamento tecnico con l’intera coalizione “Alleanza per Gela”, mostrandosi semmai più propenso a singole intese da mettere sul tavolo della trattativa, in men che non si dica la coalizione dei “ribelli” si è tramutata in una carovana di “profughi” deportati in “casa madre”.
Una metamorfosi a tutti gli effetti, tanto repentina quanto scioccante. Il tutto mettendo di fronte al fatto compiuto lo stesso Scerra che ha deciso per ultimo di rientrare anche lui nei ranghi, mentre gli unici due ad optare per il sostegno a Di Stefano sono stati il presidente del consiglio uscente Totò Sammito e Marina Ferrara, entrambi candidati in accoppiata nella lista ammiraglia del candidato a sindaco con il primo che dovrebbe vedersi assicurato uno scranno in consiglio comunale.
Scerra si è limitato a poche parole per giustificare il suo rientro nel centrodestra, definito dallo stesso il suo «habitat naturale» dopo aver provato la sortita fuoriporta. Il “figlio del popolo” ha dichiarato di «condividere il programma del centrodestra e della Cosentino « che ha abbracciato «senza chiedere nulla». Una scelta “ideologica” insomma e non un riposizionamento di comodo, con tanto di passo indietro.
In questo valzer tutt’altro che elegante, fatto di cornamusa e pifferi stonati, il dibattito politico in vista del ballottaggio è andato letteralmente a farsi benedire. Meme irriverenti, sfottò e tifo da stadio hanno dominato il campo in un clima disperatamente avvelenato. Il tutto in risposta ad un ente comunale in dissesto, mezza città che continua a disertare le urne nonostante un esercito di candidati al civico consesso praticamente raddoppiato rispetto alle precedenti amministrative del 2019.
La tanto auspicata e decantata assunzione di responsabilità ha lasciato il posto ad uno spettacolo indecente, ennesimo prodotto di quella subcultura ancora dominante della “minnicatura” che imbratta l’immagine di questa città, già vilipesa ed oltraggiata di suo.
Per fortuna e buona volontà dei due competitors, il livello qualitativo ha incassato un’impennata positiva nell’unico confronto del ballottaggio tenutosi in piazza Umberto I, mercoledì sera. Un unico round di Agorà – condotto per ReteChiara da Franco Gallo – che ha di fatto lanciato il rush finale degli ultimissimi giorni ed in cui non sono mancati i diretti, i ganci e persino i montanti, nel tentativo di sorprendere l’avversario/a e metterlo/a knock out (ko). Nessuno è però andato al tappeto e solo lunedì pomeriggio capiremo chi avrà vinto ai punti.
«In vista del primo turno – ha esordito Di Stefano – abbiamo percorso le strade della città spiegando ad imprenditori, commercianti, società civile, il programma che vogliamo concretizzare, esponendo in ogni quartiere ai nostri concittadini quello che vogliamo realizzare. Nella seconda fase, quella che ci porta al ballottaggio, ancora più intensa e delicata, siamo entrati nel dettaglio, nello specifico delle nostre proposte, riscontrando un entusiasmo sempre più crescente verso la mia figura e la grande squadra che mi ha sempre sia supportato che sopportato e che ringrazio per l’aiuto che mi ha dato in questa corsa verso la vittoria di lunedì sera».
«Anch’io – ha replicato la Cosentino – ho percorso le strade cittadine partendo in una prima fase da quelle zone periferiche che ritengo meritassero di avere la maggiore attenzione. Da tecnico comunale che si è occupata di lavori pubblici, urbanistica ed ambiente, conoscevo già le problematiche che affliggono la città ed i cittadini, confortandoli e rassicurandoli sull’impegno che metteremo nel governare la città.
Nella seconda fase sono passata via via verso le zone centrali del perimetro urbano, trovando un’intera città in condizioni disastrose. Ho incontrato in riunioni settoriali commercianti, comitati di quartiere e sono andata ad appurare da vicino quanto sia peggiorata la situazione della zona industriale col passaggio dall’Asi all’Irsap».
Nel proseguo del faccia a faccia, i duellanti hanno risposto nei tre minuti a diposizione su tutte le tematiche, rispettando le regole di ingaggio da fronte ad una platea che ha applaudito ed incoraggiato il proprio candidato in modo del tutto civile. Del tanto temuto rischio di “rissa”, non si è vista manco l’ombra.
Si è passati dall’autonomia di manovra residuale agli obblighi del dissesto alle priorità dei primi 100 giorni, dalla crisi idrica alla sanità, dai disabili, servizi di trasporto e servizi sociali alla razionalizzazione della macchina amministrativa, dai rapporti con Eni a Machitella lab, università, formazione e start-up, dalla portualità al turismo balneare e culturale, dalla progettualità all’utilizzo delle royalties per lo sviluppo infrastrutturale, dalla Ghelas agli impianti sportivi.
Sullo sfondo rimane la sensazione di un candidato, come Di Stefano, preoccupato di portare più gente possibile alle urne convinto di poter sovvertire il trend del primo turno favorevole alla sua antagonista, catturando ed incrementando quel voto disgiunto che ha visto la Cosentino penalizzata nel gap rispetto ai voti di lista complessivi della sua coalizione.
Anche l’alleanza con Franzone, si presta ad essere funzionale in tal senso. Dall’altro, la prima candidata donna alla carica di sindaco di Gela, incassato il ritorno dei pezzi da novanta schierati al primo turno tra i ribelli del centrodestra, capirà solo dai risultati delle urne quanto di positivo sarà il feedback di tale rientri, o quanto di negativo e clamoroso sarà l’effetto boomerang che potrebbero innescare nell’elettorato che opterà di recarsi ai seggi.