Elezioni, i programmi (fiumi di parole) dei cinque candidati a confronto

Elezioni, i programmi (fiumi di parole) dei cinque candidati a confronto

Ad una settimana dal voto per il rinnovo delle cariche elettive apicali del comune di Gela, la città più grossa tra quelle coinvolte in questa tornata elettorale relativa alle amministrative nell’isola, abbiamo pensato di dare un’occhiata ai programmi presentati dai cinque candidati alla carica di sindaco.

Programmi allegato alle liste a supporto, contenenti i candidati al consiglio comunale, depositate entro termini previsti.

Iniziamo dal candidato che cronologicamente per ultimo ha presentato “de visu” il proprio programma alla città, facendolo direttamente dal comitato elettorale vicinissimo a piazza Umberto I, vale a dire Filippo Franzone. In oltre una ventina di pagine, ci sono elencati ben 22 punti ed una serie di sottopunti, pervenendo così ad una novantina circa di obiettivi, tutti realizzabili – secondo l’ottimista Franzone – nei cinque di mandato.

Sicuramente, come annunciato ad inizio della campagna elettorale, tanti sono i punti suggeriti dai cittadini incontrati. Ma diversi sono anche i punti, ovviamente aggiornati, che avevamo letto cinque anni fa nel corposo programma di Lucio Greco. Se, come prevedibile, il «passaggio a Catania» è il primo in ordine di priorità, per le battaglie condotte sul territorio, un po’ stride l’aver relegato la «sanità» praticamente in coda, al diciannovesimo punto (sui ventidue totali).

Il primato, però, per il documento programmatico più lungo spetta indubbiamente al candidato del centrodestra civicamente ribelle, denominata “Alleanza per Gela”, Totò Scerra. In tutto 32 pagine. Nell’elaborato, in realtà, si legge una lunga premessa e la scelta di raggruppare i vari obiettivi in 6 grosse macro-aree: «l’amministrazione della città» (organizzazione comunale e sicurezza cittadina); «una città che si muove» (mobilità; sviluppo economico; commercio e nuova imprenditoria; valorizzazione dei beni culturali; agricoltura);  «una città solidale» (famiglia; disabilità e tutela delle fasce deboli; servizi sanitari; anziani); «una città bella e sana» (ambiente; rifiuti; cultura, turismo e sport); «una città che educa» (istruzione); «una città per i giovani» (spazi di aggregazione; politiche per adolescenti; welfare scolastico; volontariato). 

Anche il candidato del campo largo progressista, Terenziano Di Stefano, ha presentato il suo “Piano Gela” per macro-aree, ben 9: «la città dei servizi» (meglio specificata in ulteriori 8 punti); «la città della cultura e dei saperi, giovani e welfare» (meglio specificata in ulteriori 14 punti); «la città che si muove» (meglio specificata in ulteriori 13 punti); «la città del futuro» (meglio specificata in ulteriori 8 punti, tutti sulla progettualità); «la città dell’ambiente e della qualità della vita sicura» (meglio specificata in ulteriori 22 punti); «la città della salute» (meglio specificata in ulteriori 25 punti);

«la città dei quartieri» (meglio specificata in ulteriori 6 punti); «la città che produce» (meglio specificata in ulteriori 16 punti) e «la città ed il suo bilancio» (meglio specificata in ulteriori 4 punti). In totale ben oltre il centinaio gli obiettivi (quasi 110) posti, integrati da 9 «battaglie del sindaco e della sua giunta»: ospedale; dissalatore; tangenziale di Gela; completamento autostrada Gela-Siracusa; porto; recupero dunale e retrodunale del litorale gelese; dighe; revisione protocollo di intesa 2014; yard industriale. 

Una decina sono invece i punti elencati dalla prima donna candidata alla carica di primo cittadino a Gela, l’ing. Grazia Cosentino, a capo del centrodestra “ufficiale” dei partiti (e relativi simboli). I 10 punti base sono: «sicurezza»; «pulizia e ordine pubblico»; «sviluppo economico e risanamento finanziario»; «turismo e valorizzazione del patrimonio culturale»; «politiche sociali»; «supporto ai giovani e alla crescita professionale»; «industria e porto»; «spazi per la cultura, beni comuni e rigenerazione urbana»; «sanità e servizi sociali»; «agricoltura»; «infrastrutture pubbliche»; «sport».

Anche qui diversi i sottopunti fino a sfiorare una cinquantina di nitidi obiettivi. Ma v’è di più.  Un piano ambizioso «teso a capovolgere il teorema della pianificazione settoriale del passato». Un “master plan” riformatore che si sviluppa lungo quattro macro-aree di intervento, riferite agli altrettanti e rispettivi dipartimenti della “nuova” macchina comunale: il «dipartimento della transizione ecologica»; il «dipartimento socio-culturale»; il «dipartimento amministrativo» ed il «dipartimento economico». Un riorganizzazione che attiene in particolare ai primi due dipartimenti sopra citati.

Infine, chiudiamo con Miguel Donegani ed il suo laboratorio politico “Per”. Superano di poco la decina, le tracce esposte nel programma frutto della scuola politica che il laboratorio ha sviluppato lungo i mesi passati: «sanità e servizi sociali»; «sviluppo economico»; «agricoltura»; «scuola»; «sport»; «cimiteri»; «acqua e rifiuti»; «industria»; «turismo»; «cultura»; «Roccazzelle, borgo Manfria, Manfria e Piana marina». Anche in questo caso ci sono sottopunti, ma rispetto agli altri candidati è più netta e perentoria la scelta di spiegare ai cittadini i punti del programma attraverso le “ospitate” nei talk show e nelle tribune politiche locali, nonché attraverso un utilizzo oculato dei social, mediante post e video caricati in tutte le piattaforme digitali.

Non che gli altri non lo facciano, ma nel caso di Donegani l’impostazione è più marcata e per nulla nascosta. Del resto, trattasi anche di una scelta imposta dall’aver a sostegno una sola lista, per giunta civica ed è quindi agli indecisi (voto disgiunto) ed al voto d’opinione che il già deputato regionale, assessore e consigliere comunale punta tutt’altro che velatamente.

Volendo operare un commento generale, non si scorgono novità sostanziali rispetto alle esperienze pregresse. Avevano assicurato che i programmi sarebbero stati una fedele e concisa rappresentazione delle reali esigenze dei cittadini e dei quartieri. A partire in primis dalle piccole cose, come le buche nelle strade, i pali dell'illuminazione spenti e via discorrendo.

Perché è proprio la mancanza persino di queste piccole criticità che rende questa città, lontanissima dall'essere “normale”. Invece, i candidati (o i “tuttologi” che per loro scrivono i programmi), dal più esperto al debuttante assoluto, si sono nuovamente fatti prendere la mano e sono caduti per l’ennesima volta nella tentazione di mettere tanta, troppa, carne sul fuoco, con l’inevitabile rischio - come è puntualmente avvenuto in passato - di ritrovarsi con poco (o niente) arrosto, dietro la densa coltre di fumo generata.   

In tutti i programmi, di fatto, non c'è una visione ben definita del futuro di questa città. Ci sono proposte sui singoli temi, come il rapporto con Eni, l'ambiente, la portualità, il turismo, il commercio e quant’altro. Dopo la monovocazione industriale del petrolchimico, nessuno ha il coraggio di indicare un direzione che scelga a quali vocazioni (alcune e non tutte) dare priorità nel breve e medio termine. Nessuno ha il coraggio di osare. Di scoprire le carte e puntarci sopra, sfidando i competitors a viso aperto.

Prevale in tutti programmi una multidisciplinarietà sommaria, senza un approccio specifico. Un collage disarmonico. Tante idee buttate lì, come ingredienti di un minestrone, a casaccio. Idee vecchie debitamente riciclate, mischiate con alcune soluzioni inedite, tra ciò che è di competenza locale e ciò che è di competenza regionale o nazionale. Un mucchio in cui la netta impressione è che si scelga a sensazione, l’ordine prioritario. Inutile andare a scorgere perché un tema in un candidato è ai primi posti ed in un altro è in fondo. O in mezzo. 

Il tutto ovviamente enfatizzato dall’inconcludenza amministrativa di chi li ha preceduti. Questa città, sul piano sistemico, è ancora all’anno zero. Lo è sotto il profilo della governance (a partire dal dissesto politico-organizzativo che è causa diretta del “dissesto finanziario” dell’ente comunale), urbanistico (Prg, Pum, ecc.), turistico (storico, archeologico, balneare) dei servizi ed infrastrutture (acqua, rifiuti, porto, zona industriale, zes), del verde e del decoro, della cultura d’impresa e del lavoro (compreso il commercio, l’artigianato, ecc.) e, non ultimo, delle risposte sanitarie e non solo ospedaliere a patologie già conosciute (cancerogene), emergenti (schizofrenia e malattie mentali) e piaghe sociali (dipendenza da droghe ed alcool in testa).

Diventa forte e quasi inevitabile, pertanto, lo stimolo a riprendere gli stessi temi (mai risolti), magari rimodulandoli: ma sono gli stessi concetti da decenni, triti e ritriti. Un po’ come il cane che, noncurante ed imperterrito, continua a mordersi la coda.

Soprattutto, alle nuove ed ispirate intuizioni così come alle conclusioni apparentemente risolute ma altrettanto datate, ciò che continua a mancare è la loro attendibilità, specie nella tempistica, in sede di verifica dei parametri come la fattibilità, la sostenibilità, i costi ed i benefici, calcolati per la collettività.

Non c’è nulla di tutto questo nei cinque programmi passati in rassegna. Nulla. Sarebbe molto meglio proporre alla cittadinanza un programma che con umiltà e pudore si riduca ad un foglio contenente al massimo 5 priorità, rispetto ai temi da sviluppare lungo l’arco del mandato, con la promessa di elaborare, dopo il primo trimestre di apprendistato immediatamente successivo all’elezione, un piano di obiettivi da realizzare anno dopo anno, dando la possibilità ai cittadini elettori di verificarne i risultati sul piano temporale.

Del resto l’ordinamento giuridico obbliga il sindaco a relazionare ogni anno sul proprio operato, tra la relazione di inizio mandato (che rendiconta e fotografa lo stato dell’arte ereditato) e la relazione di fine mandato. 

G.d.C.