Premesso che lo spreco di denaro pubblico – clientele, burocrazia, incompetenza ecc. – andrebbe punita con sanzioni e gogna mediatica, e che fa più male il disastro di cassa, per gli effetti devastanti sulle comunità “colpite”; premesso altresì che non è per niente facile scordare il dissesto di bilancio “conquistato” dal comune di Gela, destinatario di royalties e quindi di risorse maggiori di altri comuni, la corruzione dilagante merita l’indignazione.
E non la subisce. Bisogna perciò chiedersi se le turbolenze e le molestie social non siano una maschera indossata da sceneggiatori dilettanti alla ricerca di visibilità da cortile (la chat lo è in alcuni casi).
Proviamo ad analizzare la questione, espandendo la memoria e servendosi di un backup virtuale dello store politico contenuto nell’arco di tempo che va dalla nascita della seconda Repubblica ai nostri travagliatissimi giorni. La stagione di "Mani Pulite" segnò una svolta con un tentativo di purificazione etica che ha portato alla condanna di numerosi politici.
Tuttavia, questa operazione di risanamento, manipolata a piene mani dagli avversari del vecchio sistema politico per selezionare il diritto alla innocenza ed il dovere della colpevolezza, ha avuto effetti collaterali devastanti, contribuendo alla delegittimazione della politica e all'ascesa del populismo. L'insistenza all'etica radicale, pur sincera e pienamente legittima, ha portato a una demonizzazione dei partiti, alimentando l'idea che la politica fosse sinonimo di spreco e corruzione e la democrazia una brutta bestia dalla quale tenersi lontani.
Il clima che precedette e seguì “mani pulite” oggi si respira solo leggendo le pagine di cronaca di quel tempo e i “reperti” conservati dai libri che raccontarono la temperie degli anni Novanta. Spazzati via ideologie, valori, bandiere e carismi come vagoni di un treno a vapore giunto alla stazione di ferma, prevale “il così fan tutti”.
Le inchieste giudiziarie non provocano ondate di rigetto. Ed è cambiato il sentiment dei nuovi politici, più attenti alle carte da mettere a posto, ma affatto attenti sull’uso delle risorse pubbliche.
L’argine, o la trincea morale, era costituita dallo stato di necessità: il partito aveva bisogno, come oggi, di soldi per tenersi in piedi e competere ad armi pari con gli avversari. Ora quell’argine, o quella trincea, non esistono; non è sopravvissuto nemmeno l’alibi (lo faccio per il partito), dopo quel tempo di mezzo in cui la separatezza fra i costi della visibilità e della ricerca del consenso è stata abbattuta a colpi di machete.
Investire nel dragaggio del denaro pubblico, una spregiudicata ingegneria, per ereditare se stessi al posto di comando, nelle istituzioni parlamentari e nella nomenclatura del partito, ha reso il rastrellamento delle risorse indifferente ai patriottismi da bandiera o personali motivazioni: ora c’è una cassa comune per la bandiera e per la carriera.
Le remore morali, ipocrite o sincere, sono cadute in disuso anche grazie ai nuovi strumenti di acquisizione di soldi dei contribuenti ed assenza di sazietà. Le operazioni di dragaggio sono condotte alla luce del sole, come si è appreso con le indagini della Procura di Genova, nelle quali il principale indagato, il Presidente della Regione, Toti, respinge le accuse sostenendo che le provvigioni utili alla sua campagna elettorale provenivano dalle donazioni, tracciate e pubbliche.
Dove sta l’inganno, dunque, se i lobbisti fanno regali a chi più loro aggrada? Domandarsi se il benefattore stia sdebitandosi per le attenzioni ricevute è come chiedere al pasticciere, prima dell’acquisto, se i dolcini in vetrina sono freschi di giornata. “chi sovvenziona il potere, anche alla luce del sole, chiosa felicemente Massimo Gramellini sul Corriere della Sera, “non è un benefattore disinteressato, ma un creditore che si aspetta la restituzione del «prestito» sotto forma di leggi amiche e altri favori. “
Le donazioni tuttavia non sono l’unico strumento lecito per ripagare i governanti delle loro fatiche. Vanno annoverati nella categoria dello sdoganamento le consulenze e le fondazioni, nate e cresciute come alveari. Attraverso le prime si possono elargire quattrini puliti, attraverso le seconde assicurarsi un flusso inesauribile di risorse pubbliche.
Si può invero adottare un’altra, più spregiudicata, attività di fishing, attraverso la mobilitazione di un esercito di ruffiani plurilaureati in relazioni privilegiate con i governanti: il pagamento in natura servendosi di massaggiatrici e compagnie generose, capaci di rendere lieto il tempo libero dei decisori, assicura dividendi accertati. E non si lascia traccia, né sui registri contabili, né sulle linee telefoniche.
Che cosa è accaduto dopo “mani pulite” alla resa dei conti? E’ stata lapidata la politica e con essa la democrazia. Pollice verso sui partiti e sui loro leader, grande considerazione per i giustizieri per la loro incessante “etica radicale”, che ha puntato il dito sui fruitori delle indennità parlamentari, causa di sperpero. I senatori ed i deputati costano troppo, è intollerabile! Gli italiani sono stati convinti che gli sprechi venissero proprio da questi intollerabili soprusi. Sarebbe bastato alzare ancora un po' l’asticella, per raggiungere un risultato ancora più risolutivo: mandarli a casa tutti per sanare il bilancio dello Stato. Ma c’è ancora da lavorarci per raggiungere l’obiettivo.
C’è qualcosa che non va in questo discorso. A due anni dalle ultime elezioni politiche, il bilancio dello Stato è rimasto in profondo rosso, anzi i debiti hanno raggiunto livelli stratosferici e peseranno sui nostri nipoti e pronipoti, mentre i bilanci della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica registrano incrementi significativi nonostante sia diminuito considerevolmente il numero dei parlamentari. La demagogia mostra la corda, ma si tratta di dettagli cui non si presta alcuna attenzione, lo tsunami dell’indignazione ha concluso la sua missione. Quale, se la corruzione dilaga e gli sprechi pure?
La "trincea morale" è stata abbattuta, la trasparenza apparente nelle operazioni di raccolta fondi si scontra con la realtà di pratiche scorrette e vantaggi indebiti. I lobbisti, non ancora riconosciuti come tali in Italia, possono fare regali ai politici senza conseguenze.
L'Istituto Nazionale di Statistica (Istat) e la Corte dei Conti hanno spesso evidenziato l'aumento del debito pubblico italiano e l'inefficacia delle politiche di austerità nel ridurre la spesa pubblica. Inoltre, studi accademici sul populismo in Italia, come quelli di Piero Ignazi e Marco Tarchi, analizzano come la sfiducia nei confronti delle élite politiche abbia favorito l'ascesa di movimenti populisti, che spesso propongono soluzioni semplicistiche e inefficaci.
La demagogia si è rivelata una trappola, un premio per coloro che sfruttano il malcontento popolare per scopi personali, mentre la corruzione e gli sprechi continuano a proliferare.
L'analisi della situazione politica italiana rivela una realtà complessa e preoccupante, dove la corruzione e la mancanza di etica sembrano essere diventate la norma. Astenersi dal voto o voltare le spalle alla politica, brutta e cattiva, è come alzare bandiera bianca e rassegnarsi all’inevitabile.