Il sindaco Lucio Greco ha ufficialmente aperto una crisi che per tanti è al buio a seguito dell’azzeramento della giunta, con le dimissioni arrivate giovedì mattina dagli ultimi assessori rimasti, cioè Terenziano Di Stefano (Una buona idea), Ivan Liardi (Mpa) e Romina Morselli (Un’altra Gela), dopo quelle di due giorni prima rassegnate da Giuseppe Licata (Nuova Dc) che hanno impresso un’accelerazione decisiva nello smuovere una situazione di apparente stasi, facendola poi di fatto precipitare.
Va dritto in obitorio il progetto civico. Ripetutamente ferito in questi tre anni e mezzo di turbolento mandato, era sopravvissuto grazie alla tenuta di Una buona idea, gli ex Impegno comune oggi Mpa e ciò che era rimasto della lista ammiraglia del primo cittadino Un’altra Gela: i cosiddetti “fedelissimi”. Con tanto di bisturi politico, erano riusciti nell’impresa di ricucire i vari tagli. Fino al corpo mortale inferto a metà settimana, allorquando il sindaco ha ufficializzato ai tre assessori rimasti che avrebbe azzerato la Giunta.
Il referto dell’autopsia ce lo fornisce in sintesi chi è stato sempre al fianco del sindaco ed ha difeso il progetto civico in tutte le sedi, instancabilmente, dalla sua nascita e trionfo elettorale, fino al giorno della dipartita, vale a dire l’oramai ex vicesindaco ed assessore allo sviluppo economico, in quota Una buona idea, Terenziano Di Stefano, da noi contattato:
«dopo la richiesta di azzeramento ed apertura ad un governo cittadino di centrodestra avanzata dalla Dc e resa di dominio pubblico a mezzo stampa – ha commentato Di Stefano – considerandola una proposta assurda e senza criterio, siamo rimasti insieme agli alleati al fianco di Greco, fino all’ultima riunione di mercoledì sera, in cui peraltro, abbiamo messo sul tavolo una serie di proposte alternative ed abbiamo responsabilmente rinnovato la nostro fiducia all’amministrazione, nonché verso un progetto in cui credevamo ancora, rendendoci disponibili ad andare avanti anche con i dieci consiglieri rimasti nel civico consesso.
Soprattutto, non abbiamo posto alcun veto, anzi eravamo disposti – ha proseguito – a conferire al primo cittadino un pieno mandato esplorativo alla ricerca di nuovi ingressi nell’alleanza, attraverso le interlocuzioni con altre forze, ma senza procedere ad un azzeramento al buio che per noi equivaleva ad un’autentica catastrofe. Sin dal giorno della richiesta di azzeramento formulata dalla Dc, Una buona idea ha fatto presente al sindaco che non saremmo più rientrati. Per noi equivale ad una bocciatura rispetto al lavoro volto ed invece ci sentiamo tutto tranne che bocciati.
Abbiamo portato avanti e concluso – rivendica con fermezza Di Stefano – iter di finanziamenti con decreti, non fantasie, per un totale di quasi 200 milioni di euro. Abbiamo firmato provvedimenti di caratura internazionale, come Argo-Cassiopea, Biojet, Btu e quant’altro, tramite gli uffici dello Suap e dello sviluppo economico.
Senza dimenticare il lavoro impeccabile in consiglio comunale, speso di intessitura, dei nostri due consiglieri, la cui compattezza e lucidità non è venuta mai meno. Ciononostante, Greco ha inteso procedere comunque all’azzeramento e ci ha richiesto le dimissioni – ha concluso - che abbiamo presentato l’indomani. Dimissioni – ha concluso – che per quanto ci riguarda sono irrevocabili, ossia definitive e senza ritorno».
A questo punto cosa accadrà? I gelesi si chiedono se a mangiare il panettone a palazzo di città sarà ancora il sindaco eletto nella primavera del 2019 o il commissario straordinario nominato dalla Regione siciliana. Sul tavolo della presidenza del consiglio c’è una mozione di sfiducia che dalle dichiarazioni degli interessati, molto difficilmente raggiungerà il numero di 10 sottoscrizioni.
Ci sono le tre consigliere progressiste, Virginia Farruggia (M5s), Alessandra Ascia (Rinnova) e Paola Giudice (indipendente) che non firmano con un centrodestra che vedono come naturale avversario alle elezioni che scaturirebbero da quella sfiducia. Stesso ragionamento lo contrappongono i due consiglieri forzisti, nel rifiutarsi di mettere la firma su un documento in cui c’è già la firma del Pd. Per dirla tutta, solo una nuova mozione di sfiducia, presentata dal centrodestra in blocco, può numericamente essere autosufficiente e raggiungere le 10 sottoscrizioni.
Ecco allora i cuffariani ed il sindaco Lucio Greco a ruota, avanzare la controproposta, un classico contropiede o ripartenza come la chiamano oggi, usando una metafora calcistica: cioè provare a convincere il centrodestra che è preferibile un governo (di centrodestra) che giunga a fine mandato, senza automatica ricandidatura dell’attuale sindaco, anziché una sfiducia che apre ad una gestione commissariale di un ente in bilico sul piano dei conti.
Dei tre plausibili esiti, questo è il primo: frutto di un’azione velleitaria e disperata, da parte di chi capisce di essere al capolinea e si affida all’amico (di antica memora alfaniana) Presidente della regione, Renato Schifani, a cui si è nuovamente consegnato nell’ultima campagna elettorale, per far sì che Palermo e persino Roma, facciano le dovute pressioni sul centrodestra locale.
Il secondo esito è quello della rassegnazione e superbia: proseguire in ogni caso con chi ci sta, anche in pochissimi ed in netta minoranza, sfidando l’opposizione in maggioranza a sfiduciarlo, dimostrando di saper rinunciare alla poltrona.
Infine, c’è un terzo ed ultimo esito: quello dell’amara consapevolezza, con tanto di dimissioni da parte di un primo cittadino che dopo aver sondato tutte le strade possibili, ha dovuto constatare che nessuno vuole prendersi la responsabilità di governare la città, magari dimenticando di evidenziare che non lo vogliono fare con lui al timone.