Deposito nazionale nucleare a Butera, il pericolo è dietro l'angolo

Deposito nazionale nucleare a Butera, il pericolo è dietro l'angolo

C'è anche la Sicilia e la confinante Butera tra i 67 siti individuati nella “Cnapi”, cioè la “Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee” ad ospitare il deposito nazionale delle scorie nucleari e radioattive, con annesso Parco tecnologico.

Secondo quando recita la “guida tecnica n.29”, per aree potenzialmente idonee si intendono «le aree, anche vaste, che presentano caratteristiche favorevoli alla individuazione di siti in grado di risultare idonei alla localizzazione del deposito, attraverso successive indagini di dettaglio e sulla base degli esiti di analisi di sicurezza condotte tenendo conto delle caratteristiche progettuali della struttura del deposito».

La potenziale idoneità è stata determinata sulla base dell'adozione di 15 criteri di “esclusione” e 13 criteri di “approfondimento”. L’applicazione dei criteri d’esclusione comporta per l’appunto l’esclusione di tutte quelle aree interessate da, ad esempio, elevato rischio vulcanico e sismico, frane, alluvioni o che insistono su aree protette o insediamenti civili, industriali e militari.

L’applicazione dei criteri di approfondimento può condurre all’esclusione di ulteriori porzioni di territorio all’interno delle aree potenzialmente idonee e a individuare siti di interesse.

Se l’applicazione dei criteri di esclusione è stata effettuata attraverso verifiche basate su normative, dati e conoscenze tecniche disponibili per l’intero territorio nazionale, quella dei criteri di approfondimento è stata effettuata, invece, attraverso indagini e valutazioni specifiche sulle aree risultate non escluse. 

In totale sono state individuate 67 aree potenzialmente idonee in 7 Regioni italiane, coinvolgendo in tutto 69 Comuni: 14 nella Provincia di Alessandria e nella Città metropolitana di Torino (Piemonte); 3 nelle province di Grosseto e Siena (Toscana); 14 nella sola provincia di Viterbo (Lazio); 8 nelle province di Matera e Potenza (Basilicata); 3 nelle province di Bari e Taranto (Puglia); 22 nella sola provincia di Oristano e Sud Sardegna. Infine 5 i comuni interessati dai 4 siti individuati in Sicilia sono:

Butera (Cl), Trapani e Calatafimi-Segesta (Tp), Castellana Sicula e Petralia Sottana (Pa). E' stato stilato un ordine di idoneità sulla base di alcuni criteri selezionati e relativo superamento o meno di soglie stabilite (rispettivamente favorevoli o non favorevoli). Tali criteri sono la classificazione sismica regionale, i trasporti marittimi (insularità), i trasporti terrestri, gli insediamenti antropici, le valenze agrarie e quelle naturali.

In classe A1, molto buona, sono risultate 12 aree (tra Torino, Alessandria e Viterbo), mentre in classe A2, cioè buona, altre 11 aree (tra Torino, Alessandria, Siena, Grosseto, Viterbo, Materia, Taranto e Bari). Nelle zone meno favorevoli, vale a dire classe B e classe C ci sono i 4 siti siciliani. Butera è in classe B, mentre gli altri 3 siti siciliani sono in classe C (influenzati dall'aggravante sismica).

Ma attenzione: tale ordine di idoneità entra in vigore nel momento in cui ci sono più manifestazioni di interesse, non sappiamo se chiamarli "candidati" o "volontari": fatto sta che ad oggi non risultano nè gli uni, nè gli altri. Nessuno, insomma, si è fatto avanti.

In definitiva, tutti sono d'accordo che la soluzione di un deposito unico delle scorie nucleari e dei rifiuti radioattivi sia quella migliore, permettendoci peraltro di allinearci agli altri paesi europei. In primo luogo, un deposito nazionale risponde infatti all’esigenza di sistemare, in un unico sito, tutti i rifiuti radioattivi italiani, già presenti in depositi temporanei in quasi tutte le regioni italiane.

Tali rifiuti derivano sia dal passato esercizio degli impianti nucleari sia dalle quotidiane attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca che impiegano la radioattività e che continueranno ad essere svolte, come avviene ed avverrà in tutti gli altri paesi tecnologicamente avanzati. Questo deposito determinerà inoltre la definitiva chiusura del ciclo nucleare italiano, la cui gestione è stata affidata alla Sogin, società di Stato (partecipata dal Ministero delle economia e delle finanze, finanziata col "prelievo" statale operato nelle bollette elettriche) destinata soprattutto a gestire lo smantellamento (de-comissioning) delle centrali nucleari dismesse e degli impianti nucleari italiani chiusi. 

Non va poi dimenticato che il deposito nazionale sarà costruito in superficie e accoglierà circa 95 mila metri cubi di rifiuti radioattivi. Insieme al Deposito Nazionale sarà realizzato il Parco Tecnologico: un centro di ricerca aperto a collaborazioni internazionali in cui svolgere attività nel campo energetico, della gestione dei rifiuti e dello sviluppo sostenibile.

La presenza del Parco Tecnologico accanto al Deposito Nazionale consentirà una maggiore integrazione con il territorio che lo ospiterà, in quanto alcune delle attività svolte al suo interno potranno essere concordate con le comunità locali e vedranno il coinvolgimento di istituzioni, università, associazioni e imprese locali. I numeri parlano di 4 anni per la sua realizzazione; 360 mila mc di calcestruzzo che saranno impiegati; 4 mila occupati e 9 milioni di investimento.

Ma se tutti sono d'accordo, nessuno vuole questo deposito nel proprio orticello. La procedura di scelta del deposito nazionale prevede come primo step un seminario di ben 9 sessioni di lavoro in streaming. Ben 7 sette sessioni sono state già effettuate. Si è iniziato a settembre con la sessione plenaria di inizio lavori, a cui è succeduta una sessione nazionale per poi passare alle singole regioni, Sicilia, Sardegna, Basilicata e Puglia, Toscana e Lazio.

All'appello manca solo il Piemonte (a metà mese) e quindi a dicembre si terrà la sessione di chiusura dei lavori. Ad oggi, nessuna manifestazione di interesse è ancora emersa. Il cronoprogramma prevede che concluso il seminario, si passi alla valutazione di eventuali osservazioni da far pervenire entro gennaio e dunque alla redazione della Cnai cioè la carta nazionale delle aree idonee (non più solo potenzialmente) e con la quale Sogin aprirà la fase di confronto finalizzata a raccogliere le manifestazioni d’interesse, volontarie e non vincolanti.

Nel caso in cui non venissero espresse o ritirate in un secondo momento tutte quelle pervenute, Sogin dovrà promuovere trattative bilaterali con le Regioni nel cui territorio ricadono le aree idonee. In caso di ulteriore insuccesso, verrà convocato un tavolo inter-istituzionale, come ulteriore tentativo di pervenire a una soluzione condivisa. Il Ministero della transizione ecologica, come stabilito dal decreto legislativo 31/2010, individuerà il sito con un proprio decreto, che sarà emanato anche nel caso di mancato raggiungimento di tale soluzione condivisa.