Il 58% degli aventi diritto al voto si è recato alle urne per l'elezione del sindaco e dei consiglieri comunali e magari anche meno al ballottaggio sceglieranno l'apice del palazzo di città tra Lucio Greco, a capo di una coalizione di 5 liste e Giuseppe Spata, a capo di una coalizione di 4 liste.
Chi avrà la meglio, tra i due, incasserà il premio di maggioranza per intero, fino al 60% dei seggi.
Ha vinto l'effetto trascinamento delle liste, dunque, in assenza di un voto d'opinione che non ha esaltato il contributo delle proposte alternative di Melfa e Morgana, lasciando campo libero al voto strutturato, non tanto quello dei partiti, ma quello di alcuni "signorotti locali", i soliti noti, abili a coltivare e far fruttare a tempo debito il proprio "orticello elettorale".
Quasi chirurgica l'operazione, perfettamente riuscita stando ai risultati già ottenuti al primo turno ed agli eventuali esiti potenziali al secondo turno, disegnata da Pino Federico. Più che parlare dell'effetto trainante di Salvini che ha comiziato in città l'ultimo giorno utile, sarebbe più corretto parlare di un effetto trainante di Federico, perché la sua lista, Avanti Gela, ha letteralmente trascinato Spata al ballottaggio, in una coalizione che ha comunque visto i degni contributi di Lega, Fratelli d'Italia e Udc, rispetto ai quali, però, il gruppo di Federico assume volente o nolente il ruolo della leadership non foss'altro perché i numeri non mentono mai, anche in politica.
In caso di vittoria di Spata, infatti, la lista federiciana vedrebbe eletti ben 6 consiglieri comunali, quasi la metà dei 14 che incasserebbe la coalizione grazie al premio di maggioranza. Ed i 6 eletti sarebbero i protagonisti di tre accoppiate ben precise, a conferma di un'operazione elettorale ben congegnata e dai ranghi che sono rimasti serrati anche all'interno delle cabine elettorali.
In caso di vittoria di Spata, infatti, la lista federiciana vedrebbe eletti ben 6 consiglieri comunali, quasi la metà dei 14 che incasserebbe la coalizione grazie al premio di maggioranza. Ed i 6 eletti sarebbero i protagonisti di tre accoppiate ben precise, a conferma di un'operazione elettorale ben congegnata e dai ranghi che sono rimasti serrati anche all'interno delle cabine elettorali. Non a caso, si vocifera già di una richiesta di vicesindacatura avanzata dal gruppo, oltre ad almeno un paio di assessorati.
Mal che vada, poi, cioè in caso di sconfitta, Avanti Gela vedrà comunque eletti – e questi sono dunque sicuri – ben tre consiglieri comunali, tutti vicini all'ex presidente della provincia e deputato regionale, nonché all'attuale deputata nazionale Giusy Bartolozzi.
Se a ciò aggiungiamo che, in caso di vittoria di Greco, Lega, FdI e Udc entrerebbero comunque in consiglio con un seggio a testa, si può ragionevolmente asserire che, con Forza Italia o meno, il centrodestra c'è ed è puntualmente rappresentato nel civico consesso, anche se dovesse essere relegato al ruolo di opposizione, assumendone in ogni caso la guida (con Spata dentro il consiglio da primo degli sconfitti nella corsa a sindaco, gli esponenti di centrodestra nella minoranza salirebbero a 7 su 10).
Dall'altra parte, l'ala mancusiana dei forzisti non si è tirata indietro nel mostrare i muscoli ma a trarne beneficio saranno altri. In caso di vittoria di Spata, la lista Azzurri per Gela vedrebbe eletto l'esponente di Energie per l'Italia, Luigi Di Dio. Con la vittoria di Greco si aggiungerebbero pure l'esponente di Diventerà Bellissima Enzo Cascino ed il predecessore di Di Cristina alla guida del Pd locale, Carlo Romano. Di forzisti ad hoc, di conseguenza, non si vede neanche l'ombra.
Ed il centrosinistra? Chi lo insegue ancora nei discorsi, non fa altro che imbastire (volutamente) un'autentica "caccia alle streghe". Il centrosinistra è ridotto ai minimi termini, con un solo esponente eletto del Pd in caso di vittoria di Spata, al massimo due in caso di vittoria di Greco.
Mancano certamente i voti di lista – aspetto probabilmente sottovalutato – perché il simbolo, a cui si è rinunciato, non c'era. L'elettorato di riferimento è stanco, non si sente rappresentato e continua ad essere regolarmente stressato ad ogni competizione elettorale: nazionale, regionale, europea e comunale. A causa delle defezioni dell'ultima ora ed alcune candidature, anche importanti e con diverse aspettative, nate giusto all'ultimo momento, la lista - evidentemente mal costruita - non ha tenuto.
Risultato deludente anche per il Movimento 5 Stelle che la scorsa volta, non può essere dimenticato, espresse il sindaco, salvo poi espellerlo dopo 6 mesi. L'errore è talmente chiaro da assumere contorni macroscopici: una lettura orba, perché ancora "ideologica", della legge elettorale.
Una legge, cioè, che premia le coalizioni non solo nell'effetto trascinamento in termini di consenso al candidato all'organo monocratico (il sindaco) ma anche nell'accesso e distribuzione dei seggi nell'organo collegiale (il Consiglio comunale).
In effetti, la lista prende meno voti rispetto a quattro anni fa, ma il gap non è poi così tale da giustificare un ridimensionamento importante come quello che vede passare dai cinque consiglieri eletti nel 2015 all'unico consigliere eletto in questa tornata elettorale. Un magro bottino ed un'immagine sbiadita per un movimento che è pur sempre alla guida del paese.