Riforma ex province, Regione diffidata per aver fatto carta straccia del referendum pro Catania

Riforma ex province, Regione diffidata per aver fatto carta straccia del referendum pro Catania

Detto, fatto! Il Comitato per lo Sviluppo dell’Area Gelese (Csag) e i comitati referendari di Gela, Niscemi, Niscemi e Piazza Armerina l’avevano preannunciato il 17 ottobre scorso, durante la conferenza stampa tenutasi presso la sede del Csag.

E cioè si sarebbero visti costretti ad abbandonare le buone maniere qualora fossero andati a vuoti gli ulteriori tentativi di stabilire un contatto diretto con il presidente della Regione Nello Musumeci, e di ricorrere alle vie legali per difendere le loro ragioni, ovvero dare seguito all’esito dei referendum popolari confermativi svoltisi nei tre Comuni svoltisi per confermare la loro intenzione di staccarsi dalle rispettive province di appartenenza (Gela e Niscemi da Caltanissetta e Piazza Armerina da Enna) per aderire alla Città Metropolitana di Catania (nelle stesse condizioni il Comune ragusano di Licodia Eubea).

E così, mercoled’ scorso 12 dicembre Csag e Comitati referendari si sono presentati in Tribunale, a Gela, per depositare un atto ufficiale di diffida nei confronti delle più alte cariche regionali (presidente Ars, presidente Regione, assessore alle Autonomie locali e presidente della Commissione Affari istituzionali), compreso il sindaco della Città Metropolitana di Catania Salvo Pogliese.
Diffidati a dare la corretta applicazione della Questo perchè non hanno dato seguito alla corretta applicazione della legge che sancisce il completamento dell’ iter iniziato con la legge regionale 8/14.
L’avevamo promesso il 17 ottobre scorso, durante la conferenza stampa tenutasi presso la sede del Csag e, nonostante gli ulteriori tentativi per raggiungere il Presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, alla fine siamo costretti ad abbandonare le buone maniere e rivolgerci ai legali.

Il 12/12/208 sono stati depositati presso il Tribunale di Gela, ben cinque diffide. I soggetti diffidati dai cittadini siciliani, nello specifico di Gela, Piazza Armerina e Niscemi, sono: Il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci; l’assessore delle Autonomie locali, Bernadette Grasso; il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gianfranco Miccichè; il presidente della Commissione permanente “Affari Istituzionali” dell'Ars, Stefano Pellegrino ed il sindaco metropolitano di Catania, Salvo Pogliese. Diffidati ai fini della corretta applicazione dell’Art. 44 comma 2 della L.r. 15/15, vale a dire la disposizione di legge che sancisce il completamento di un iter iniziato con la L.r. 8/14.

Le comunità di Gela, Piazza Armerina, Niscemi e Licodia Eubea, infatti, in ottemperanza a quanto disposto dalla L.r. 8/14, hanno deciso attraverso apposite delibere Consiliari approvate a maggioranza qualificata richiesta e referendum confermativi, che hanno visto la partecipazione di oltre 32.000 cittadini, con una larghissima - fino a sfiorare l'unanimità - vittoria dei Sì, di cambiare ente intermedio (ex provincia).

Dopo la validazione dell’intero iter svolto da queste comunità, l’Ars legifera nuovamente sull’argomento (art.44 comma, L.r. 15/15), chiedendo alle sole comunità (4) che avevano correttamente svolto l’iter di migrazione, di riconfermare, con una ulteriore Delibera Consiliare, a maggioranza assoluta, la scelta di migrazione effettuata nel 2014. Fatto correttamente questo ulteriore passaggio da parte delle 4 comunità interessate, è stato necessario diffidare (2016) i precedenti amministratori siciliani: Rosario Crocetta, presidente della Regione Siciliana; Luisa Lantieri, assessore regionale della Autonomie locali; Giovanni Ardizzone, presidente Ars.

A seguito della Diffida, vengono prodotti 4 Ddl che mirano a completare un iter complesso e vincolato dalla normativa vigente. Per muovere ulteriormente le acque, i comitati promotori si recano a Roma dal sottosegretario Gianclaudio Bressa, il quale pochi giorni dopo scrive al Presidente della Regione invitandolo a completare l’iter.

Per tutta risposta, l’Ars porta i Ddl in aula votando il non passaggio all’esame dei Ddl, nonostante si trattasse di Legge provvedimento, ovvero di legge una legge a cui rinviano leggi precedenti e che mira a provvedere la ratifica di ciò che quelle stesse leggi avevano disposto. Un provvedimento dalla cornice meramente formale della legge giacché per autonomia statutaria, ogni modifica degli enti locali deve avvenire con legge in virtù della competenza esclusiva in materia della Regione siciliana.

Violati palesemente il principio di legalità e quello democratico, la situazione rimane di stallo. Cambia la legislatura ed alla Regione è la volta di Musumeci, Grasso, Miccichè e Pellegrino, mentre Pogliese era già subentrato a Bianco alla guida della Città metropolitana etnea. Nonostante i tentativi di colloquio per risolvere democraticamente la vicenda, si passa dalle aperture iniziali alla chiusura finale, continuando sulla scia del precedente governo a non applicare la Legge regionale15/15, mortificando ancora una volta le scelte popolari.

Musumeci peraltro da deputato regionale nella precedente legislatura, a parole in aula aveva sostenuto che il volere di queste comunità andava rispettato. Dichiarazioni confermate dallo stesso in veste di candidato alla Presidenza, anche durante le elezioni regionali a Gela, nel Teatro Eschilo, dove affermò solennemente che le scelte popolari vanno sempre rispettate! Nei fatti, invece…

Sicchè abbiamo diffidato gli “onorevoli” Musumeci, Grasso, Micciché e Pellegrino a dare “corretta” attuazione dell'art. 44 comma 2 della L.r. 15/15 ed a non ripetere la “vigliaccata” precedente, giungendo financo a suggerire che se non vogliono manco leggerli i ddl di iniziativa governativa, che li approvino secondo Regolamento Ars (art. 69, comma 13), anziché affossarli secondo Regolamento Ars (art. 64, comma 3). Parimenti abbiamo diffidato sempre il Presidente della Regione Musumeci e l'Assessore alle autonomie locali Grasso, unitamente al Sindaco Metropolitano di Catania Pogliese, a non emanare provvedimenti utili allo svolgimento delle elezioni dei Presidenti dei liberi consorzi di Caltanissetta ed Enna, nonché del Consiglio metropolitano di Catania, finchè non sia avvenuto il passaggio di Gela, Piazza Armerina e Niscemi.

Siamo profondamente dispiaciuti di come in Sicilia, da destra fino a sinistra e viceversa, non ci sia alcun rispetto per le più elementari norme di democrazia; esasperando i cittadini fino al punto di rivolgersi ai legali per vedere applicata la volontà popolare. Una circostanza veramente ingiusta perché l’iniziativa è partita dal legislatore che ha stabilito le regole, non da noi. Noi abbiamo solamente seguito alla lettera il tortuoso e difficile iter stabilito dal legislatore, nel quale riponevamo la nostra fiducia, di certo non ci aspettavamo di essere traditi alla fine.

Quindi il tutto è destinato ad arrivare nelle aule dei tribunali, sarà imbarazzante, anche per noi, perché da siciliani dovremo mostrare che chi amministra e legifera in Sicilia non ha alcun rispetto per il popolo. Siamo dispiaciuti altresì di dover bloccare le elezioni dell’ente intermedio, che non potranno svolgersi finchè l’intero iter delle leggi di riforma delle ex province non verrà completato, finchè la libertà e la democrazia, anche in Sicilia, trionferanno.

Una copia della diffida allegata ad una lettera è stata inviata, mediante raccomandata a/r, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte ed al Ministro della Democrazia Diretta Riccardo Fraccaro.
Al presidente della Repubblica è la 17a volta che scriviamo. Abbiamo iniziato quando c’era ancora Napolitano al Quirinale. Alcune lettere sono state inviate congiuntamente dai comitati promotori con i presidenti dei consigli comunali delle quattro città coinvolte, altre unitamente con i sindaci delle quattro città. La risposta arrivata sempre per telefono è la stessa, in sintesi : il Presidente è solidale ma la Sicilia è a Statuto Speciale. Come se i siciliani fossero esenti dai vincoli imposti dalla Costituzione Italiana.

Il presidente del Consiglio lo informiamo di ciò che di assurdo ed antidemocratico sta avvenendo da anni in Sicilia, considerato che dal 2014 si è assunto un ruolo che fino allora apparteneva al Commissario dello Stato presso la Regione siciliana (oggi non più esistente).

Il ministro della Democrazia Diretta conosce già il problema, la segreteria, a seguito di una lettera che informava il ministro sulle gravi inadempienze che avvengono in Sicilia in tema di democrazia diretta, fatta pervenire a Ministro in data 26 luglio 2018, ci ha informato che la vicenda è stata discussa. Purtroppo dobbiamo segnalare che ad oggi ancora nessuna risposta è arrivata, nonostante le varie telefonate di sollecito.
Sappiamo già che saremo costretti a rivolgerci al Tar per risolvere questo annoso problema che denota la gravissima situazione siciliana in tema di democrazia, legalità ed autonomie locali, però, ci vogliamo arrivare sapendo che tutti i tentativi sono stati fatti e che siamo stati costretti dalle istituzioni a rivolgerci alla magistratura per far rispettare le più elementari regole di Democrazia.

Filippo Franzone (coordinatore Csag)
Salvatore Murella (portavoce Comitato pro referendum)
Luigi Gualato (portavoce Comitato per i Liberi Consorzi)
Gaetano Buccheri (portavoce Consulta)

L’assessore Bernadette Grasso se la prende con lo Stato

Nessuna risposta alle istanze recapitate al governo nazionale tramite la missiva che l'assessore alle autonomie locali e della Funzione pubblica, on. Bernardette Grasso, ha inviato al ministro dell'Interno, Matteo Salvini. 

«Stiamo assistendo a un assordante silenzio da parte del governo centrale. La mia lettera inviata al Ministro Salvini, con la quale il governo regionale chiede a quello Nazionale e al Parlamento lo sforzo di farsi carico, nella finanziaria, dei bisogni dei territori e di restituire alle città metropolitane e alle province la possibilità di assolvere i compiti istituzionali loro assegnati, non ha sortito nessun effetto. Ribadisco che è necessario un intervento che, dal punto di vista finanziario, agisca sul prelievo forzoso, che ha comportato un danno per gli Enti locali, in quanto ha sottratto risorse provenienti dalla propria potestà, determinando l’impossibilità di una programmazione sia annuale che pluriennale».

A riferirlo è lo stesso assessore Grasso, la quale invita a "una mobilitazione da spostare verso Roma".
«Noi, in qualità di governo regionale – continua l'Esponente di governo Musumeci – stiamo cercando di fare il possibile per ovviare al prelievo forzoso che sta comportando un disavanzo di bilancio per le casse delle ex province. In variazione di bilancio, in corso di approvazione, sono state previste delle norme che in qualche modo possono trovare una possibilità».

"Se però lo Stato non ci dà una mano – conclude l'assessore della Funzione pubblica – la situazione di pre-dissesto che attanaglia le ex province e i comuni, li obbligherà a dichiararne il dissesto, a causa dell'impossibilità di approvare i propri bilanci e assicurare il pareggio finanziario. La finanza locale è competenza dello Stato non delegata alla Sicilia».