Da molto tempo i Paesi democratici di civiltà avanzata gridano il loro «No" alle discriminazioni e alle violenze sulle donne vittime, quasi sempre in famiglia, di uomini che si trasformano in orchi, carnefici di mogli, compagne, figlie.
Da qualche anno, però, voci sempre più insistenti si stanno levando anche in favore di maschi vittime di una inaspettata violenza femminile, nascosta per furbizia o sottaciuta per vergogna o per paura. A farsi portavoce nazionale di queste sofferenze del cosiddetto sesso forte è l'associazione «Perseo», il centro antiviolenza maschile fondato nel 2019, che prende il nome dal coraggioso eroe mitologico, celebre per avere lottato e sconfitto Medusa, la Gorgone dai serpenti per capelli, il cui solo sguardo pietrificava chiunque la guardasse. Lo dirige la psicologa Fulvia Siano.
Da gennaio Gela ospita al civico 27 di via Europa la sede regionale per la Sicilia e uno dei cinque centri operativi di questa associazione. Non definite però i soci nè maschilisti e nemmeno misogini.
Sono un team di psicologi, avvocati e volontari specializzati che si battono contro ogni forma di violenza per difendere e garantire i diritti di quelle persone fragili che vengono discriminate e che non trovano tutele attente e diffuse come per fortuna oggi avviene nei confronti del settore femminile della nostra società.
«Perseo – si legge nel profilo dell'associazione – difende uomini vittime di donne o di altri uomini, donne vittime di altre donne (ad esempio ragazze vittime da parte di madri violente), lesbiche, omosessuali, trans e tutta la comunità LGBTQ+, anziani, disabili e chiunque abbia bisogno di aiuto senza alcuna distinzione di genere, di cultura e di età».
Referente e coordinatore regionale è l'avvocato Salvo Macrì, noto avvocato del foro di Gela.
– Avvocato Macrì da dove nasce questa idea?
«Dall'esigenza di alzare la voce e scardinare il luogo comune che ritiene l'uomo sempre la parte forte, violenta e crudele verso l'altro sesso, contestare lo stringere sul "codice rosso" che porta avanti un pregiudizio quasi che la violenza provenga sempre dagli uomini in danno delle donne. Invece non sempre è così. Piuttosto, mi sono accorto che spesso sono gli uomini vittime delle donne».
– In quali ambienti avverrebbe questa violenza delle donne contro gli uomini?
«Un po' ovunque, nel lavoro, nella società e soprattutto in famiglia. Una violenza non esclusivamente fisica ma prevalentemente morale, materiale, psicologica e anche economica, che si manifesta quando la donna decide di amministrare lei le finanze della famiglia e relega in un cantuccio il marito condizionandone la vita e il ruolo con pretese, atteggiamenti e ricatti conditi da minacce di denuncia all'autorità giudiziaria di atti di violenza inventati. Ci sono mogli infatti che sfruttano a loro vantaggio questi momenti di particolare attenzione delle istituzioni verso le donne, sapendo che se denunciano i mariti di maltrattamenti ricevono ascolto e che per i loro uomini iniziano i guai giudiziari».
– Perchè torturarsi la vita? C'è sempre la separazione e il divorzio...
«Verissimo. Ma non sempre sono la soluzione dei problemi; a volte sono l'inizio di un calvario di altre umiliazioni, violenze e sacrifici economici fino alla disperazione. Spesso scattano le denunce da codice civile ma anche da codice penale. Ci sono ripercussioni nei rapporti con i figli. La moglie che minaccia il marito di non farglieli rivedere più. Ed è l'uomo in questa fase che spesso risulta più debole, vittima di una violenza psicologica e a volte anche fisica. La donna però è creduta sempre dagli inquirenti mentre se è l'uomo a denunciare che la moglie gli usa violenza i verbalizzanti lo guardano increduli, scettici quasi infastiditi da quelle che sospettano possano essere bugie».
– C'è a suo avviso una carenza normativa nella giurisprudenza italiana in merito ai casi di violenza esercitata in danno dei maschi?
«Più che una carenza normativa c'è un'attenzione normativa in una sola direzione: verso le donne. Noi stiamo portando avanti a livello nazionale una campagna informativa sul disegno di legge approvato dal consiglio dei ministri l'8 marzo scorso dove si introducono pene più alte per stalking e maltrattamenti quando vittima sia una donna e si introduce il femminicidio: se un uomo ammazza una donna si becca l'ergastolo, in quanto la nuova norma contempla un'aggravante speciale che si fonda sulla differenza di genere.
Se è la donna che ammazza un uomo invece siamo di fronte a un omicidio comune con le eventuali aggravanti che dovessero emergere nel corso delle indagini. Ecco perchè il ddl del 7 marzo a nostro avviso ha il vizio di incostituzionalità. Perchè tratta in maniera differente casi analoghi. L'omicidio è omicidio indipendentemente se la vittima è un uomo o una donna. Altrimenti dovremmo contemplare anche il reato di maschicidio».
– Come avviene il vostro incontro con Perseo?
«A Gela cercavamo un megafono che potesse far sentire la nostra voce di protesta e l'abbiamo trovato nell'associazione Perseo per affermare che la violenza non ha genere. Ci sono uomini ridotti sul lastrico e al limite della disperazione e del suicidio obbligati come sono a cedere la casa alla moglie, a prendere per sé un alloggio in affitto, a garantire alla ex un assegno mensile e a sostenere il mantenimento dei figli. Il loro reddito si riduce a livello di elemosina e spesso certi mariti divorziati, con divieto di avvicinamento e braccialetto elettronico, finiscono per fare una vita da barboni, ».
– Cosa garantite?
«A parte la difesa legale (penale, civile e amministrativa) da parte di un'equipe di avvocati, l’associazione Perseo nasce per offrire una possibilità di ascolto a tutte le persone che si trovano a vivere una situazione di maltrattamento o che necessitano di percorsi di riabilitazione e di recupero. Assiste anche i disabili, gli anziani e quei soggetti fragili vittime di violenza. Quanti vecchietti vengono illusi, ingannati, raggirati, maltrattati da badanti (sia maschi che femmine) o dagli stessi familiari accecati dall'ingordigia di sottrarre loro la pensione o la proprietà immobiliare»?
– Avete ricevuto richieste di assistenza?
«Siamo in attività da poco. Abbiamo inaugurato la sede a Gennaio. Ci stiamo occupando di alcuni casi che ci sono stati segnalati da Messina, Da Catania e da Ragusa. Da Gela ancora niente. Forse dobbiamo farci conoscere di più e meglio. Questa nostra intervista può essere un primo passo. Faremo dei convegni, ci collegheremo alle istituzioni che portano avanti progetti meritevoli e avvieremo tante altre iniziative. Ci potete trovare al numero verde 351 843 5383 o su tutti i social».