Una volta tanto, un’istanza del territorio è diventata una norma inserita nel testo della legge finanziaria che l’Ars (Assemblea regionale siciliana) è chiamata a votare nel corso del mese entrante (novembre).
Una norma che se votata favorevolmente a Sala d’Ercole, porterebbe nelle casse dei comuni di Gela, Licata e Butera, una pioggia di milioni di euro, frutto del gettito delle royalties legate alla coltivazione, esplorazione ed estrazione a mare (off shore) entro le 12 miglia, destinate ai sensi della normativa nazionale per una quota (45%) allo Stato e per un’altra (55%) alla regione interessata, senza tenere minimamente conto dei comuni costieri coinvolti.
Una norma considerata «iniqua» e denunciata in quanto tale dal leader dal movimento civico “Una buona idea”, Terenziano Di Stefano, che è stato tra i principali fautori di questa battaglia rivendicativa e della necessità di operare una sterzata in senso favorevole ai comuni. Un aperto dissenso che muoveva da una sostanziale considerazione: «l’estrazione del gas dalle nostre coste, a partire da Argo-Cassiopea, non può essere gratuita, né dovuta. Si avvalora un’ingiustizia licenziata dalla legge regionale e dalla politica regionale».
A renderlo noto alcuni giorni fa è stato il vicepresidente dell’Ars, Nuccio Di Paola, esponente gelese del “Movimento 5 stelle”, al cui fianco si è mosso tutto il partito ed in particolare il collega nel gruppo parlamentare ed ex sindaco (“delle ruspe”) di Licata, Angelo Cambiano. Si tratta di un «emendamento che presentammo già lo scorso anno anche se non passò» e che ora il governo Schifani ha in pratica fatto proprio, inserendolo nel testo della finanziaria.
Di Paola l’ha definita «un’iniziativa politica complessa», che ha visto in prima linea i sindaci di Gela, Licata e Butera, a cui si sono aggiunti grillini e civici, dando vita ad un pressing continuo che ha finito per «convincere le forze di centrodestra», aprendo un varco per il via libera definitivo del presidente Schifani. L’adozione governativa a Palazzo d’Orleans, dovrebbe scongiurare brutte sorprese in aula a Palazzo dei normanni. E’ anche vero, però, in Sicilia nulla può definirsi scontato e l’insidia è sempre dietro l‘angolo.
Il testo fondamentalmente dispone che «i comuni costieri adiacenti alle attività di estrazione a mare incasseranno fino ad un massimo del trenta per cento dell’aliquota spettante alla Regione siciliana, sulle nuove produzioni a partire dall’anno 2024. La quota spettante ai comuni viene stabilita annualmente con delibera della giunta regionale». Non siamo di fronte, pertanto, ad una disposizione modificativa della disciplina nazionale, né potrebbe esserlo. La Regione siciliana, infatti, ha competenza esclusiva sulle attività estrattive nella terraferma (on shore) e non su quelle a mare (off shore) disciplinate dalla normativa statale che rimane intatta.
La norma specifica inserita in finanziaria è dunque una disposizione integrativa della disciplina regionale. Fermo restando, cioè, che sulle attività estrattive a mare, una quota del gettito spetta allo Stato ed una alla Regione siciliana, della quota che spetta quest’ultima, fino ad un massimo del 30% viene riservato ai comuni coinvolti.
Va da sé che l’entità, una volta calcolata sulla base dei quantitativi estratti e del livello di attività svolta nei campi produttivi, verrà ufficializzata con delibera annuale dalla giunta regionale. Secondo i primi calcoli fatti, l’introito dovrebbe rientrare in una forchetta che va dai 6 ai 10 milioni annui. A questi, vanno aggiunte le royalties on shore (terraferma) il cui ultimo gettito è stato, nel caso di Gela, pari a circa 12 milioni di euro. Senza dimenticare le compensazioni per la pesca. Insomma, in tempi di default, una vera e propria boccata d’ossigeno, con ingenti entrate extra comunali di cui pochissime realtà urbane nell’isola possono usufruire.
Dai pozzi nella terraferma e dal giacimento cassiopea, Gela potrebbe introitare una somma che si aggira attorno i 20 milioni di euro. Una grossa chance per non ripetere gli errori del passato ed allocare questo tesoretto per iniziative ed interventi di vero risanamento, concreto rilancio e sano sviluppo in termini di efficientamento dei servizi infrastrutturali, energetici e turistici. Non può passare inosservata l’inchiesta sulle destinazioni delle royalties iscritte a bilancio e rendicontate negli anni passati, più precisamente, per gli esercizi che vanno dal 2015 al 2019, con l’accusa di essere state utilizzate prevalentemente per “spesa corrente” e “debiti fuori bilancio”.
L’udienza preliminare è stata rinviata a gennaio prossimo. Sono chiamati a presentarsi davanti al Gup, l’attuale sindaco di Gela, Lucio Greco, il suo predecessore Domenico Messinese e l’ex commissario Rosario Arena, nonché gli ex assessori al bilancio e l’ambiente, Danilo Giordano, Fabrizio Morello e Grazia Robilatte.
Senza dimenticare il dirigente del settore finanziario, Alberto Depetro. Rinviati a giudizio innanzi al Giudice per le indagini preliminari anche i revisori che hanno composto il collegio nell’intervallo temporale oggetto dell’inchiesta, per aver avallato la violazione del vincolo di destinazione delle royalties. Vale a dire, Maria Assunta Cattuto, Salvatore Corso, Carmela Ficara, Pietro Gioviale, Giuseppe Nicoletti e Graziano Ponzio. In tutto tredici imputati, rappresentati dagli avvocati Sandra Amarù, Gualtiero Cataldo, Antonio Gagliano, Salvo Macrì, Antonio Palmieri, Maria Platania, Venere Salafia e Flavio Sinatra.