Il centrodestra che governa la regione siciliana, a torto o a ragione, si è messo in testa di mettere mano alla rete ospedaliera isolana.
L’intenzione è palese, così come lo spirito reazionario che la anima e che è lo stesso, ad esempio, alla base della volontà di resuscitare le vecchie province regionali ed altro ancora. Si può essere d’accordo o meno con questa logica, ma la retromarcia che si vuole compiere è evidente, rispetto alle congiunture storiche che favorirono l’avvento delle Aziende sanitarie provinciali, la cui stagione viene considerata fallimentare.
Il disegno, dichiarato e manifesto, è quello di scorporare dalle Aziende sanitarie provinciali la gestione delle strutture ospedaliere presenti a livello provinciale, istituendo, o meglio, reintroducendo le aziende ospedaliere preesistenti alla creazione delle Asp. Un’occasione imperdibile per l’ospedale di Gela che aveva avuto il suo massimo splendore nel periodo in cui fu azienda ospedaliera, dotata di autonomia economica, finanziaria ed organizzativa.
Il problema è che nella bozza del disegno di legge predisposta dall’assessorato al ramo, svelata dalla stampa ancor prima di essere presentata al vaglio della giunta regionale, si individuano le aziende ospedaliere facendole coincidere, in maniera piuttosto grossolana ed approssimativa, esclusivamente con gli ospedali (capofila) dei capoluoghi di provincia, a cui vengono letteralmente accorpati gli altri presidi ospedalieri presenti in provincia. Alle Asp, come le vecchie Ausl, rimarrebbe la gestione territoriale sanitaria e socio-assistenziale della provincia di riferimento.
Un progetto, quindi, che non tiene conto – erroneamente – dell’esistenza dei “distretti ospedalieri”, sopravvissuti all’interno delle Asp, ma rimasti lettera morta proprio perché con le Asp venivano soppresse le aziende ospedaliere ed i distretti ospedalieri avevano ragion d’essere, sul piano del loro funzionamento, in quanto avevano capofila un’azienda ospedaliera che rispondeva a precisi requisiti, riferibili al bacino di utenza servito nel distretto, espressamente previsti dalla disciplina legislativa vigente.
Non era dunque un caso, né frutto di compromessi politici, che accanto i distretti ospedalieri con capofila l’ospedale del capoluogo, ci fossero anche i distretti ospedalieri di Gela (ospedali di Gela, Niscemi e Mazzarino), Sciacca (ospedali di Sciacca e Ribera) e Caltagirone (ospedali di Caltagirone e Militello) con capofila i rispettivi ospedali (Gela, Sciacca e Caltagirone) munite dello status di aziende ospedaliere.
Nel contesto prospettato dalla bozza di ddl, il “Vittorio Emanuele III”, già depotenziato negli anni, diventerebbe invece un’appendice del “Sant’Elia” di Caltanissetta. Un’appendice lunga oltre una settantina di chilometri.
Per giunta, dopo aver praticamente fagocitato il “Raimondi” di San Cataldo, incassando attraverso lo stesso la radioterapia, il “Sant’Elia” si troverebbe a sfruttare la norma che prevede l’istituzione di “unità complesse in discipline oncologiche (e radioterapiche) nelle aziende ospedaliere che ricadono in zone ad alto rischio ambientale”, e finalmente dotarsi così di quelle unità complesse come Utin e Breast unit che da anni rivendica e brama.
Non solo, ma se vogliamo proprio dirla tutta, nella bozza elaborata dagli uffici al comando dell’assessore nisseno alla sanità siciliana, Giovanna Volo, il Cefpas con sede a Caltanissetta, viene oltremodo rafforzato, riconoscendogli oltre la personalità giuridica di diritto pubblico (di cui all’art. 20, comma 1, l.r. 30/93), anche la natura di “ente strumentale del servizio sanitario regionale, in maniera centralizzata a supporto delle aziende e degli enti che erogano prestazioni sanitarie”.
Come dire, niente policlinico per ora, ma intanto consolidiamo definitivamente la centralità del Cefpas nel panorama regionale della formazione permanente ed aggiornamento del personale sanitario.
Per il nosocomio gelese sarebbe il de profundis. Non ha potuto esimersi dal notarlo anche il sindaco, Lucio Greco, il cui atteggiamento, di apparentemente circospezione innanzi al continuo depauperamento del presidio ospedaliero cittadino, si è rivelato di fatto in questi anni alquanto morbido, per non dire asfittico.
«La riforma delle aziende sanitarie, così come riportata ieri mattina dalla stampa regionale sotto forma di indiscrezioni giornalistiche, non ci convince, non ci piace – ha affermato questo lunedì Lucio Greco – e aggiungere a un servizio sanitario territoriale già sotto l'egida di un’unica Asp provinciale, sempre distante e disattenta verso Gela, adesso, anche un'azienda ospedaliera unica per l'intera provincia, sempre nord centrica, con a capo il Sant'Elia di Caltanissetta, ci restituisce uno schema inadeguato e inefficiente verso i territori di Gela, Niscemi, Butera, Mazzarino e Riesi che verrebbero oltremodo penalizzati e relegati sempre più al ruolo di periferia del regno. Significherebbe aggiungere un'ulteriore beffa ai danni già procurati in passato, che sono sotto gli occhi di tutti.
Questa riforma –ventilata dai giornali – rappresenterebbe il colpo di grazia per il Vittorio Emanuele e per la sanità del Sud del Libero consorzio comunale».
Dopo aver sentito il presidente del consiglio comunale, Salvatore Sammito, e l'assessore comunale alla Sanità, Antonio Pizzardi, Greco aveva deciso di indire una riunione operativa con i parlamentari del territorio, la deputazione regionale e i rappresentanti del comparto sanitario. L'incontro avrebbe dovuto tenersi al massimo tra lunedì e martedì prossimi.
Ma già l’indomani, cioè lo scorso martedì, il sindaco è nuovamente intervenuto attraverso una ulteriore nota, in cui ha riferito di essersi sentito telefonicamente con l’assessore regionale Giovanna Volo, la quale avrebbe confermato la propria disponibilità e quella del presidente della Regione, Renato Schifani, ad affrontare e risolvere i problemi dell’ospedale “Vittorio Emanuele III” e della medicina del territorio.
«Le parole dell’assessore regionale – ha riportato il sindaco – ci confortano e danno speranza all’amministrazione comunale e alla cittadinanza nell’ottica di un positivo riscontro delle richieste di miglioramento dei servizi, sia per quanto attiene la dotazione di personale medico e infermieristico che di implementazione delle apparecchiature sanitarie.
Un ospedale depotenziato, declassato dalla ipotesi di riforma, sarebbe stato uno schiaffo ai cittadini. Per fortuna ho avuto ampie rassicurazioni dall’assessore: quella bozza di revisione delle aziende sanitarie e ospedaliere era solo una ipotesi, peraltro definitivamente accantonata». Greco incontrerà l’assessore regionale a Palermo, lunedì 23 ottobre. Alla riunione parteciperanno anche i vertici dell’Asp.
Pericolo scongiurato, allora? Non la pensano così i cittadini riuniti nel “Comitato Sos Vittorio Emanuele III”. «Queste timide rassicurazioni – si legge nel comunicato inviato dai coordinatori Luciana Carfì e Filippo Franzone – non bastano: c’è una base, un punto di partenza che è intollerabile per la comunità gelese, già fortemente provata dalla malagestione Asp.
L’ospedale di Gela deve tornare ad essere Azienda ospedaliera, non per rispondere ad un capriccio, ma per rispondere ad una reale necessità. Gela è una zona ad alto rischio di crisi ambientale e registra da decenni un alto alto tasso di natalità di bambini malformati, di diagnosi di patologie tumorali su soggetti di qualsiasi età, nonché il riscontro di diverse malattie del sangue e di malattie strettamente collegate all'industrializzazione (come certificato dall'Oms).
Gela è una città di 75.000 abitanti, al centro di un vasto comprensorio che va oltre gli antiquati confini provinciali ed agglomera oltre 400.000 abitanti a soli 35 km di raggio in linea d’aria. A tutto questo – proseguono – va aggiunta una gestione Asp che dal 2009 non ha fatto altro che depotenziare il sito gelese ed incrementare la migrazione sanitaria, fino al punto di spostare, durante la pandemia Covid, per carenza di personale medico, sette pazienti di terapia intensiva, intubati e trasportati a Caltanissetta, con il tragico epilogo del decesso di tutti e sette i pazienti».
Per il comitato, che chiama a raccolta l’intera comunità gelese, «è arrivata l’ora i reagire, tutti insieme, mettendo da parte appartenenze e colorazioni politiche, per far sì che si decide il percorso da seguire, insieme, senza dannose divisioni.
Maggioranza ed opposizione, Sindaco e consiglieri, scuole, commercianti, artigiani, operai, aziende, sindacati, chiese, comitati di quartiere, associazioni e comitati, circoli politici e no, ordini professionali, ecc. Insomma, tutti siamo chiamati – concludono Carfì e Franzone – a prendere le difese del nostro ospedale, una volta per tutte e ad oltranza, fino al raggiungimento dell’obiettivo».