Dopo il petrolchimico ai confini del perimetro urbano, il Muos a due passi, per non parlare della discarica a Timpazzo, questo territorio dovrebbe ora accogliere uno dei due “termo-utilizzatori” che la Regione siciliana vorrebbe vedere realizzati, secondo la formula del project-financing, a Gela per la Sicilia occidentale, a Catania per la Sicilia orientale.
A darne notizia di punto in bianco ed in maniera alquanto scarna, è stato lo stesso presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci. Si tratta di un primo progetto a Gela per un investimento pari a 647 milioni di euro e destinato a ricevere l'indifferenziato dalle ex province di Palermo, Trapani, Agrigento e Caltanissetta; mentre un secondo progetto riguarda Pantano D’Arci, Catania, per un investimento pari a 400 milioni di euro circa e destinato a ricevere l'indifferenziato dalle ex province di Catania, Messina, Siracusa, Ragusa ed Enna. Verrebbero smaltite 450 mila tonnellate di rifiuti “non pericolosi” a Gela e 300 mila tonnellate a Catania.
Prossima allo sgomento vero e proprio, la reazione a caldo del sindaco di Gela, Lucio Greco, a dir poco sorpreso dalla notizia: «con un lancio di poche righe, noi Istituzioni e la città intera – afferma stupito ed attonito il primo cittadino - abbiamo appreso dagli organi di stampa che la Regione ha individuato l’area industriale di Gela per la realizzazione di uno dei due termovalorizzatori da creare in Sicilia.
Superato il momento dell’incredulità, vogliamo chiarire che il nostro non è un no a prescindere all’impianto, ma alle scelte calate dall’alto senza alcuna concertazione. Chiediamo che si faccia un’analisi approfondita e seria prima di scegliere il sito per il termovalorizzatore. Non accetteremo diktat».
Chiesto ed ottenuto, grazie alla mediazione del coordinatore provinciale e deputato regionale forzista all’Ars, Michele Mancuso, un incontro con il presidente del parlamento regionale, nonché coordinatore regionale di “Fi”, Gianfranco Micciché, quest’ultimo «ha condiviso in toto la nostra linea – ha poi rassicurato Greco, di ritorno da Palermo accompagnato dagli assessori Terenziano Di Stefano ed Ivan Liardi – e il nostro pensiero. Anche lui concorda sul fatto che una decisione così importante vada condivisa e concertata e l’ultima parola deve spettare al territorio e alle istituzioni locali.
Ai cittadini, dunque, voglio dire di stare tranquilli: questa amministrazione – ha chiosato Greco – non tollererà che il territorio gelese, che ha già pagato un prezzo altissimo in termini di inquinamento, venga ancora sfruttato e maltrattato».
Subito sul piede di guerra “ideologico” Legambiente Sicilia: «la scelta del presidente Musumeci di volere gli inceneritori – tuona il presidente Gianfranco Zanna – è scellerata e insostenibile, per l’ambiente e per le tasche dei siciliani. Come per quelli di Cuffaro, alla faccia della rottura con il passato, faremo di tutto per fermarli. I siciliani, oltre a pagare lo smaltimento in questi impianti (in mano ai privati) dei rifiuti prodotti e che la Regione ha deciso oggi di non voler più recuperare e riciclare, dovranno anche pagare nella Tari il costo delle emissioni dannose per il clima». Immediata pure la levata di scudi “politica” del Movimento 5 Stelle.
Piuttosto eloquenti le parole che abbiamo raccolto dalla parlamentare regionale Ketty Damante: «E’ un bene che il mandato di Nello Musumeci – a cui punta senza mezzi termini l'indice la deputata gelese pentastellata all'Ars – e della sua sgangherata maggioranza sta per terminare. In assoluto è il governo che più ha danneggiato il comprensorio gelese. Fondi sottratti, servizi cancellati, infrastrutture del tutto assenti e le colossali balle sui conferimenti a Timpazzo.
L’averci definito Sicilia occidentale, quando impariamo dalle elementari che non lo siamo, rivela ciò che è sempre stato il suo intento: regalare a gruppi industriali il sito in cui ammassare centinaia di tonnellate di rifiuti ogni giorno per essere poi inceneriti. Alle prossime elezioni cacciamo gli affaristi della “munnizza” dal Governo delle destre oppure prepariamoci a vedere le nostre strade percorse da tir pieni di rifiuti ad ogni ora del giorno e della notte e – chiosa amaramente – a respirare ciò che uscirà dalle ciminiere degli inceneritori».
Puntuale e più che mai infuocato il dibattito apertosi sui social, senza sapere nulla o quasi del progetto, a partire dalla reale ubicazione, di cui Musumeci non ha fatto menzione. Escluso il sito della discarica, a quanto pare per la presenza di alcuni vincoli che non hanno permesso nemmeno l’ampliamento delle vasche, figuriamoci l’insediamento di un inceneritore, anche la zona industriale ex Asi, oggi Irsap, verrebbe esclusa per le incompatibilità paesaggistico-ambientali derivanti dalla vicinanza dell’area naturale protetta del “biviere”, dai vincoli “Zps” oltre che “Zsc”, “Rete Natura 2000”, che hanno del resto portato la stessa Regione a bocciare nel recente passato un progetto relativo ad un impianto di termo-ossidazione dei rifiuti, cioè senza combustione degli stessi, presentato dalla società gelese “Energika”.
A questo punto, alcune precisazioni vanno fatte. Innanzitutto, l’iter protrattosi nel 2022, si apre invero l’anno prima sulla scorta del “piano regionale di gestione rsu” approvato il 12/3/21 con il D.P.Reg. n. 8, che prevede anche la realizzazione di termo-utilizzatori per il recupero energetico da rifiuti non pericolosi.
La procedura si basa, come già anticipato, sulla proposta di un’operazione di finanza di progetto (project financing) che prevede che l’aggiudicataria della gara, costruisca e poi gestisca l’impianto. Inoltre già nell’avviso esplorativo finalizzato esclusivamente ad acquisire manifestazioni di interesse, il governo Musumeci ha sostanzialmente deciso che gli impianti dovessero essere due, ma spetta alla proponente del progetto poi scelto, indicare il sito e, da eventuale aggiudicataria, metterlo a disposizione dell’impianto.
Il che, da un lato, ha reso più credibile che l’impianto sorgesse dentro l’ex petrolchimico con il via libera di Eni alla Maire Tecnimont ed in particolare alla Nextchem, partecipata chimica di Maire Tecnimont, considerato che tra le due società insiste da alcuni anni una collaborazione e partnership, grazie alla figura dell’ing. Giacomo Rispoli, ex amministratore delegato della Raffineria di Gela ed attuale amministratore delegato di MyRechemical, controllata di Nextchem specializzata nei distretti circolari.
Dall’altro, però, sollevava enormi dubbi giusto sulla natura dell’impianto. Infatti il sito in questione, di interesse nazionale (Sin), è innanzitutto area ad elevato rischio ambientale ricompresa all’interno del piano di disinquinamento del territorio della provincia di Caltanissetta. Insediarci un inceneritore sarebbe stata una scelta paradossale.
In secondo luogo, in un sito dove Eni ha voluto la bioraffineria più innovativa d’Europa alimentata con oli vegetali grazie alla tecnologia “Ecofining” (dai rifiuti organici ai biocarburanti), corredata da un impianto pilota che applica la tecnologia “Waste to fuel” (biocarburanti dagli scarti alimentari, cioè dalla Forsu, frazione organica dei rifiuti solidi urbani), nell’ambito di un modello di “economia circolare a chilometro zero”, dare l’ok per un inceneritore di rifiuti sarebbe equivalso ad un colossale e clamoroso passo all’indietro.
Idem per la stessa Nextchem che ha sottoscritto con Eni una serie di accordi per realizzare tecnologie di conversione, tramite sostanzialmente la gassificazione ad alta temperatura, di rifiuti solidi urbani e plastiche non riciclabili, tanto per la produzione di idrogeno (Waste to Hydrogen) a Porto Marghera, quanto metanolo (Waste to Methanol) a Livorno e, recentemente per la produzione di gas a Taranto. Tecnologie di “distretti circolari” che vede la Nextchem impegnata peraltro in Toscana, dove si è deciso di passare oltre, nella politica di smaltimento dei rifiuti, cancellando dalla programmazione regionale proprio le discariche e gli inceneritori.
Non è dunque di un inceneritore ciò di cui si parla, ma di un biogassificatore che allarga il distretto circolare a mezza isola e destinato ad occupare a regime 200 lavoratori, mentre potrebbero essere tra gli 800 ed i 1000 quelli dell’indotto impiegati nei 3 anni per costruirlo.
L’impianto progettato (Rti con Nextchem mandante al 60%, Alia mandataria al 40%) è votato alla produzione, già sperimentata in altri siti Eni come sopra anticipato, di metanolo ed idrogeno per alimentare navi ed auto, utilizzando come cariche non gli oli vegetali come fa Rage, ma rifiuti non riciclabili che non incoraggiano a non differenziare, perché nel momento in cui la raccolta differenziata incrementerà auspicabilmente la sua percentuale, per mantenere il volume delle cariche si potrà comunque ricorrere all’indifferenziato nelle discariche, le quali – nella più rosea delle ipotesi di raggiungimento della raccolta differenziata – verrebbero così sempre più svuotate.