Ti salva la vita. Son quattro parole che spesso si trovano affisse negli ospedali ma anche in tanti altri locali pubblici.
Uno slogan importante promosso dal ministero della Salute per la colonscopia che dai cinquant’anni in su dovrebbe essere fatta da tutti, uomini e donne. E’ l’esame principe per la prevenzione del tumore del colon retto.
Molto efficace per ottenere una diagnosi precoce delle neoplasie che possono interessare l’apparato colon rettale e dell’intestino crasso. Nell’immaginario collettivo viene spesso associata al dolore.
Invece al contrario non procura sofferenza e la tecnologia del momento, molto avanzata, aiuta oggi a renderla facilmente eseguibile. Per saperne di più ne abbiamo parlato con un gastroenterologo esperto in endoscopia, con una esperienza consolidata in oltre trent’anni di professione.
Si tratta del dottor Giuseppe Leonardi (nella foto) che tutti conoscono col vezzeggiativo di Pippo. Ha 62 anni e si occupa di colonscopia fin dal 1983 presso l’ospedale di Gela dove dirige il reparto endoscopico.
Qui si si è formato, ma anche in altri ospedali. Ha scoperto subito che la strada da percorrere per lui, era quella della endoscopia che lo appassionava enormemente. Alterna la sua attività professionale nei giorni e nelle ore che gli sono consentiti, con quella della musica essendo appassionato di chitarra classica ma anche canta in una corale che ha sede presso la chiesa San Giovanni Evangelista a Gela.
Come tanti altri reparti, potremmo definire fiore all’occhiello del presidio ospedaliero Vittorio Emanuele di Gela questo reparto di endoscopia, che già da qualche tempo si avvale dell’endoscopia tridimensionale che consente la visione a trecentosessanta gradi delle pareti interne del colon. Si chiama FUSE (Full Spectrum Endoscopy).
Solo da pochi giorni l’intero reparto è stato trasferito al secondo piano dell’ospedale, in nuovi locali confortevoli e climatizzati. Quando chiediamo a Leonardi se è vera la frase con cui abbiamo iniziato il nostro servizio, sorride e risponde con argomentazioni pratiche spiegando il perché la colonscopia può salvare la vita.
«La colonscopia è un investimento importante – ci spiega – mi riferisco allo screening nel campo del colon con cui la nostra azienda si è organizzata. Attualmente noi facciamo questo tipo di screening per tutto il sud della provincia. Ciò significa che tutti i soggetti dai cinquanta ai sessantanove anni vengono convocati per lettera oppure possono venire spontaneamente per la ricerca del sangue nelle feci. I positivi, successivamente faranno la colonscopia. Con questo strumento noi abbiamo la speranza ossia vogliamo prevenire quelle lesioni precancerose che precedono il cancro, come adenomi, polipi di varie dimensioni. Bisogna avere l’occhio ben allenato ma è l’alta tecnologia che ci aiuta tantissimo. Qui si fa chirurgia vera con una tecnica mininvasiva. Con le apparecchiature di ultima generazione che noi abbiamo riusciamo a rilevare persino lesioni piatte di qualche millimetro».
– Oltre a questa strumentazione d’avanguardia ci sono altri strumenti?
«Si, abbiamo la video capsula che utilizziamo per il colon ma soprattutto per il morbo di Crohn. Siamo in grado di effettuare biopsie e togliere polipi di qualsiasi dimensione»
– In quale area intervenite con la video capsula?
«Il termine esatto è endoscopia capsulare. Con essa si interviene nel piccolo intestino, che è di 7-8 metri, e nei casi del morbo di Crohm. Siamo uno dei pochi centri in Sicilia che fa la video capsula. Si tratta di una tecnica mininvasiva che utilizziamo frequentemente. Abbiamo pazienti che abbiamo seguito 6-7 anni e che a distanza di dieci anni si possono definire guariti».
– Operando in un campo altamente tecnologico, il medico gatroenterologo deve sicuramente aggiornarsi?
«E’ obbligato. Se stai fuori sette mesi da questo mondo sei superato. Oggi è tutta tecnologia e l’aggiornamento è fondamentale».
– Sapere leggere una colonscopia è difficile? Può anche interpretarla un medico generico?
«La può leggere solo chi ha tanta esperienza. Intanto bisogna saperle fare nel senso della conoscenza dei punti critici. Occorre tanta manualità e pazienza. In tanti casi usiamo l’anestesia generale, ma normalmente non c’è necessità».
– La struttura ospedaliera dove lei opera, ha una pianta organica completa e funzionale?
«Attualmente abbiamo un momento di difficoltà in quanto una collega incaricata è andata via avendo avuto un altro incarico. E’ stata attivata la graduatoria delle supplenze e presto verrà un nuovo medico. Non ho nulla da lamentarmi perché questa amministrazione mi ha dato un secondo medico, i nuovi locali e il secondo bisturi elettrico. Posso affermare che siamo punto di riferimento per la nostra città, Licata, Mazzarino, Butera, Niscemi, Riesi, Piazza Armerina, Palma di Montechiaro. Per la video capsula abbiamo anche pazienti che vengono dalla Calabria e da tutta la Sicilia orientale. Abbiamo un bacino importante. Noi ci mettiamo la passione e l’impegno. L’unico cruccio che ho è che, nonostante facciamo 3000 endoscopie l’anno di cui 1400-1500 colonscopie, abbiamo purtroppo dieci mesi di liste d’attesa, mentre per le gastroscopie siamo a un mese e mezzo».