Il 5 aprile prossimo si terrà la prima udienza del Tar sul ricorso dei comitati promotori di Gela, Piazza Armerina e Niscemi, del passaggio alla Città metropolitana di queste stesse tre comunità.
La via dell’impugnativa al Tar per il mancato passaggio dei comuni di Gela, Niscemi e Piazza Armerina alla città metropolitana di Catania, è stata tentata tante volte – scrivono i comitati nel comunicato inviato ai media – ma «ogni volta che impugnavamo il decreto di indizione delle elezioni, l’Ars – affermano i coordinatori dei comitati, Filippo Franzone, Salvatore Murellla, Luigi Gualato e Gaetano Buccheri - provvedeva con nuova legge a spostare le elezioni in avanti.
La Sicilia così è rimasta l’unica regione italiana a non aver mandato gli enti intermedi al voto. Le ragioni? Tante, ma quella vera nessuno l’ha mai voluta rivelare e noi, che l’abbiamo detta tante volte, anche troppe, siamo stati puntualmente ignorati!»
In effetti, più volte i comitati avevano anticipato che gli enti intermedi non sarebbero andati al voto, ribadendo puntualmente che la patata bollente alla fine sarebbe passata alla prossima legislatura. Invero, se non si andrà al voto in estate, se ne riparlerà dopo il rinnovo dell’Ars. Il tutto vanificando gli sforzi in difesa delle volontà popolari espresse attraverso i referendum del 2014. Adesso però, è intervenuta una novità.
Peraltro attesa dai comitati. «Con l’ultimo rinvio delle elezioni delle ex province – spiegano nella nota – per mezzo della Legge 18 /2021, n. 31, l’Ars, in attesa delle elezioni, ha “osato” modificare l’art. 51 della L.r. 15/15, facendo svolgere all’Assemblea dei sindaci del Libero Consorzio le funzioni proprie del Consiglio del Libero Consorzio (non eletto), producendo atti impugnabili come l’insediamento e, soprattutto, l’approvazione del regolamento. Atti di cui si chiede la sospensiva e che costituiscono “motivi aggiunti” al nostro ricorso ed a cui, stavolta, il Tar dovrà dare comunque una risposta, in un modo o nell’altro».
Il 5 aprile, il giudice amministrativo di primo grado potrebbe optare per il non accoglimento ovvero di accogliere favorevolmente la richiesta di sospensiva degli atti impugnati, riservandosi più avanti di decidere nel merito sull’intero impianto del ricorso. O magari altro ancora. «Nel complesso – rimarca il coordinatore del Csag, Filippo Franzone – noi abbiamo tre possibilità. Una è quella che il Tar accolga il ricorso in toto, intimando alla Regione ed al legislatore siciliano in particolare, l’approvazione per legge del passaggio a Catania. Un’altra è quella che il Tar non accolga il ricorso ed in quel caso dovemmo accettare la sconfitta.
Una terza, da non scartare assolutamente, è che il Tar trametta tutta la documentazione alla Corte Costituzionale, rimettendo la propria decisione a ciò che deciderà la Consulta, la quale ultima non potrà non essere tentata a mettere mano su tutta la materia, rimasta ad oggi alquanto controversa, dei liberi consorzi di cui all’art. 15 dello Statuto. Dando pari dignità, cioè il 33% circa, ad ognuna di queste tre possibilità, oltre il 66% ci vede ottimisti. Quand’anche fosse la Corte a decidere, saremmo contenti comunque perché quella che è sembrata essere solo una mera battaglia di campanile, è stata sempre – chiosa con orgoglio Franzone – e lo è diventata ancor di più col passare degli anni, una battaglia di civiltà e democrazia».
Dopo 8 anni dalla celebrazione dei referendum, lo sforzo sostenuto dai comitati è stato straordinario, per ostinatezza, pazienza e costi, autofinanziandosi. Per questa vicenda le spese legali ammontano ad oltre 10.000 Euro, senza contare altre spese ed il tempo impiegato, sottratto alle rispettive famiglie. Comitati lasciati soli dalle attuali amministrazioni di Gela, Piazza Armerina e Niscemi, nonostante per ogni comune sono state prodotte due delibere consiliari, intervallate da un referendum confermativo votato favorevolmente da oltre il 98% dei votanti, cittadini sovrani e contribuenti, con spesa di denaro pubblico.
Queste comunità il 28 maggio 2014, a seguito di una Legge regionale che ne regolamentava l’intero iter (L.R. 8/14), ha deciso con una delibera consiliare a maggioranza assoluta, di lasciare il Libero consorzio dei comuni di Caltanissetta per aderire al Libero consorzio dei comuni di Catania. Lo stesso iter previsto dalla novella legislativa regionale, disponeva che alla delibera sopra citata, seguisse un referendum popolare confermativo che si è puntualmente tenuto, a Gela, il 13 luglio 2014 e che ha visto così in piena estate, la partecipazione di 24.000 elettori (il 36% degli aventi diritto) di cui il 99,8% scelse di aderire al passaggio a Catania, salutando un volta per tutte Caltanissetta.
A seguito del referendum, l’intero iter viene validato e pubblicato in Gurs (Gazzetta ufficiale della Regione siciliana). Oltre a Gela, questo iter fu seguito dai comuni di Piazza Armerina, Niscemi e Licodia Eubea.
Nel 2015, l’Assemblea Regionale Siciliana istituisce con la L.r. 15/2015, le Città Metropolitane in Sicilia. Sicché il Libero Consorzio di Catania cambia denominazione in “Città Metropolitana di Catania”. A seguito di questo cambio di denominazione, ai comuni che avevano scelto il Libero Consorzio di Comuni di Catania, vale a dire Gela, Piazza Armerina e Niscemi, fu imposto nuovamente con una nuova apposita norma, di produrre una nuova delibera di adesione, aggiungendo un ulteriore passaggio all’iter originario.
Il consiglio comunale di Gela, diverso per composizione da quello che aveva deliberato l’adesione al Libero consorzio di Catania, confermò l’adesione anche alla Città metropolitana di Catania, deliberando positivamente a maggioranza assoluta il 14 settembre 2015. A seguire altrettanto fecero i consigli comunali di Piazza Armerina, Niscemi e Licodia Eubea.
Cionondimeno, dopo un anno i comitati promotori si sono visti costretti a diffidare l’Assessore alle Autonomie Locali (2016) per poter vedere il “ddl” di passaggio alla Città Metropolitana di Catania: ddl che venne in seguito approvato dalla Giunta regionale ed inviato alla Commissione Affari Istituzionali in seno all’Ars.
La Commissione, in spregio alla normativa vigente, prodotta dallo stesso parlamento siciliano, esprimeva parere negativo per carenza di istruttoria da parte dell’Assessorato alle autonomie locali. Il ddl venne così trasmesso in aula viziato dal parere sfavorevole e la votazione si concluse con l’approvazione del “non passaggio all’esame degli articoli”, così come proposto dalla commissione, adottandone le “pretestuose” motivazioni.