La demolizione del pontile sbarcatoio non è semplicemente l'eliminazione di un struttura precaria e pericolante, ma la cancellazione di un simbolo storico, secolare e, già solo per questo, dal valore inestimabile.
Un’infrastruttura, per di più, che avrebbe ancora diverse potenzialità in caso fosse stata ristrutturata. D’altronde, una città che non difende, "gelosamente", i simboli della propria memoria, è una città che non sarà mai capace di guardare al futuro. Il nanismo politico della classe dirigente cittadina dell'ultimo cinquantennio, considerato lo stato di totale abbandono in cui versa il pontile da oltre mezzo secolo, è innegabile.
Per quanto ci riguarda, rimaniamo convinti che Salvatore Aldisio non lo avrebbe permesso ma, del resto, la memoria dello stesso Aldisio, sempre ad avviso di chi scrive, non è stata doverosamente osservata negli anni. In ogni caso, è davvero incomprensibile il silenzio di alcuni “club services” ed associazioni culturali. Impossibile celare l'amarezza ed il rammarico nel registrare una così umiliante rassegnazione.
Chi non sembra volerci stare, almeno a parole, è il sindaco Lucio Greco: «sulla vicenda del pontile e del lido Ex Conchiglia – dichiara – si è innescata una polemica alquanto superflua che ruota intorno ad una semplice ma sostanziale differenza: una cosa è demolire e promettere di ricostruire, un’altra è demolire e contestualmente stanziare i soldi per ricostruire.
Per quanto riguarda il pontile sbarcatoio, in tutti gli incontri e i sopralluoghi avuti con Regione, Demanio, Sovrintendenza e Guardia costiera, ci siamo resi disponibili a collaborare per quanto di nostra competenza e come Comune, attraverso la Ghelas, ci siamo presi l’impegno di mettere l’area in sicurezza. Inoltre, abbiamo sempre detto che, data la grande importanza storica della struttura, la Regione avrebbe dovuto disporre tutti gli accertamenti tecnici e geognostici al fine di valutare la possibilità di ristrutturarla, in toto o in parte. In mancanza di ciò, si è sempre parlato di demolizione e ricostruzione. Non demolizione e promessa di ricostruzione. La differenza – conclude Greco – è sottile ma sostanziale e se non lo si comprende è grave».
Per cogliere compiutamente il valore e la portata di una tale testimonianza storica, ci siamo letteralmente affidati all’esperto di storia locale, prof. Nuccio Mulè: «il pontile sbarcatolo – spiega - rappresenta in assoluto la prima costruzione in cemento armato realizzata a Gela e una delle prime in provincia; il progetto fu approntato nel 1909 dall’ufficio del Genio civile di Caltanissetta ed attuato, grazie ad un finanziamento della Commissione reale di 75.000 lire, dalla Società romana dell’Ing. Francesco Saverio Rossi & C. che stipulò il contratto di appalto con il Comune il 14 dicembre del 1911. Il pontile, allora delle lunghezza di 150 metri, fu terminato nel 1915.
La marineria gelese di un secolo fa, che comprendeva più di 200 navi di grosso tonnellaggio tra bastimenti e velieri da commercio e da pesca, ebbe un notevole vantaggio per il carico e lo scarico delle merci, prima effettuati direttamente, spesso con molto disagio, sulla spiaggia e nel vecchio “caricatore”.
L’ulteriore incremento del traffico e l’attracco di navi con alto pescaggio dopo qualche anno, però, resero necessario il suo prolungamento di altri 150 metri. Le lungaggini burocratiche, la difficoltà di finanziamenti dell’opera e le fasi storiche che attraversava l’Italia in quel periodo ritardarono tale prolungamento di circa vent’anni. Infatti, sempre su progetto dell’Ufficio del Genio Civile, redatto il 21 maggio del 1930, i lavori di prolungamento furono assegnati, con un finanziamento di 1.200.000 lire, alla “Società italiana costruzioni e lavori pubblici” di Gela. Il pontile sbarcatoio fu portato all’attuale lunghezza, circa 300 metri, nel 1935.
Prima dello sbarco americano sulla spiaggia di Gela, avvenuto – racconta Mulè – la notte tra il 9 e il 10 luglio del 1943, il comando militare dell’esercito italiano di stanza a Gela fece saltare in aria con una carica esplosiva la parte centrale del pontile per ritardare, si pensò erroneamente allora, lo sbarco delle truppe alleate le quali, peraltro, non ebbero nessun impedimento da tale inutile demolizione.
Per tanti “novelli storici” di oggi, che si sono convinti a torto, chissà per quale recondito motivo, che il pontile sbarcatoio sia potuto servire allo sbarco americano, si afferma senza tema di essere smentiti che ciò non risponde per niente a verità.
Per poter dare la giusta importanza alla storia del pontile, sarebbe indicato e opportuno invece riferirsi allo stesso come una struttura che per molti decenni permise un pingue incremento dell’economia gelese di importazione e soprattutto d’esportazione dei suoi prodotti agricoli e di quelli del suo circondario; si vuole qui ricordare che ciò durò fino a prima dell’entrata in esercizio del pontile del petrolchimico, quando diverse navi da carico di basso tonnellaggio attraccavano ai lati del pontile sbarcatolo per caricare e scaricare merci e la dimostrazione di ciò era quella che sulla sua testata fino agli anni Sessanta-Settanta esistevano ancora due gru girevoli e una torretta con un piccolo faro di segnalazione.
Trent’anni fa circa, per migliorarne addirittura le potenzialità commerciali, si diede inizio ad una sua ristrutturazione che purtroppo per mancanza di ulteriori finanziamenti si fermò al livello della battigia.
In merito - continua lo storico gelese – alla sua paventata demolizione, che se sembra essere sicura (anche perché già finanziata dalla Regione con 6-7 milioni di euro), si fa sempre più incandescente il dibattito politico dei partiti di opposizione con l’Amministrazione comunale e ciò si riverbera pure sui social dove molti tuttologi, oltre ai nostalgici, come se niente fosse esprimono opinioni da architetti o da ingegneri riguardo la demolizione o meno del pontile sbarcatoio.
Al di là e si spera lontano da qualsiasi polemica, vorrei fare una semplice constatazione: prima di ogni qualsiasi discussione riguardante la demolizione o meno, oppure il suo restauro conservativo o persino la sua ricostruzione, reputo che sarebbe opportuno, anzi necessario, avere tra le mani la perizia tecnica sullo stato di degrado del pontile, perizia sicuramente in possesso della Regione che penso l’abbia prodotta a suo tempo prima di prendere qualsiasi decisione sulla demolizione o meno del pontile.
E se – avverte Mulè – la Regione ha concepito un finanziamento di tale somma per la demolizione della struttura, a mio avviso ciò significa che tale soluzione si è evinta giusto dalla perizia tecnica. Infatti, i tecnici dell’ufficio competente della Regione mai e poi mai, svegliandosi una buona mattina, avrebbero deciso, forse così tanto per sfizio, di arrivare a questa drastica conclusione.
Pertanto, solo con la conoscenza del contenuto della perizia, si potrà capire meglio se l’unica cosa da fare è davvero demolire oppure se si può intervenire in altro modo, con altri esosi finanziamenti da immaginare, alla ricerca di soluzioni diverse.
Inoltre – aggiunge l’esperto in patrie memorie – quando nel 2014 l’ex governatore nostrano con un finanziamento di cinquantamila euro propose una prima parziale ristrutturazione del pontile (poi ne previde la somma di 2 milioni di euro per il completamento), diceva lui, per farlo diventare uno scalo per Malta, Lampedusa e persino per alcuni porti nord-africani, fui spettatore della manifestazione fatta sul pontile che allora vide presenti oltre allo stesso governatore, anche l’allora sindaco, diverse autorità e molte persone.
E sempre in quel contesto, munito di una macchina fotografica, ho potuto scattare molte foto del pontile, ma anche dei particolari “zummati” di alcune parti della struttura e ricordo, come se fosse oggi, di essere stato pervaso da una vera e propria paura nel vederne e constatarne (proprio grazie a quei particolari “zummati”), l’estremo degrado, tant’è che mi affrettai ad abbandonare velocemente quella manifestazione che si stava svolgendo sopra il pontile per, come si suol dire, “guadagnare subito terra”.
Oggi – rimarca Mulè – molte persone, politici compresi in prima fila, si stracciano le vesti e si battono il petto in segno di un improbabile, meglio finto, “mea culpa” per le notizie sulla demolizione del pontile sbarcatoio.
Negli ultimi trent’anni nessuna delle istituzioni, in primis le Amministrazioni comunale locali, ha compreso che il pontile sbarcatoio, già allora fatiscente, era da considerare un esempio di archeologia marinara, retaggio di civiltà ed economia di Gela, e che quindi doveva essere salvaguardato.
Ma, sempre per tali istituzioni, negli anni passati e forse anche ora, l’aggettivo “archeologico” era un termine solamente e dolosamente riservato ai reperti di epoca greca. Per tutti gli altri reperti si lasciava il tempo che si trovava e se non c’era non sarebbe accaduto nulla.
Mi riferisco in particolare ai reperti di epoca medievale (la ceramica in primo piano e poi “Porta marina”, le rimanenti mura di cinta con relativi torri e bastioni, il “Castrum” federiciano di piazza Calvario, ecc.) ma anche a quelli della Seconda guerra mondiale, questi ultimi abbandonati e ridottisi oggi di numero a meno della metà. Tutti – conclude il prof. Mulè – mai per niente attenzionati a dovere dalle competenti istituzioni».