Una premessa è doverosa: qualsiasi attività umana è inquinante.
Figuriamoci un petrolchimico dalle dimensioni come quelle dello stabilimento alla periferia della città. Si può passare da un minimo impatto ambientale ad un impatto devastante nei confronti dell'ambiente e della salute in men che non si dica. Rimane nostro fermo convincimento che il disastro a Gela sia avvenuto soprattutto quando Eni era "parastato", a prescindere dalle sigle che si sono susseguite dopo l'Anic.
Quando controllore (Stato) e controllato (parastato) di fatto coincidono, non esiste alcun controllo. In quegli anni, peraltro, la sensibilità collettiva verso la tutela ecologica era latente e ne conseguiva una legislazione dedicata del tutto carente. Non si pone nemmeno l'opportunità di spiegare quanto più incisivo sul piano del danno ambientale sia stato l'impatto della chimica, rispetto a quello della raffinazione convenzionale, pur con tutta la questione del “pet-coke”.
Ciò premesso, una delle chiavi di lettura è certamente fornita dal quadro dei contenziosi in materia di ambiente e salute pubblica, attualmente in corso. E' opinione diffusa fra gli operatori del diritto, l'assunto (da noi peraltro condiviso) secondo cui finché Eni non sarà dichiarata colpevole - che per chi scrive significa ancora sentenza definitiva e passata in giudicato - di disastro ambientale, difficilmente la si vedrà soccombere in tutti gli altri processi di natura diversa. Li elenchiamo di seguito, con breve descrizione.
1. Raffineria di Gela Spa – Eni Mediterranea Idrocarburi (Enimed) Spa – Disastro innominato.
E' pendente un procedimento penale a carico di dirigenti della Raffineria di Gela e di Enimed per i reati di disastro innominato, gestione illecita di rifiuti e scarico di acque reflue industriali senza autorizzazione. Alla Raffineria di Gela è contestato l’illecito amministrativo da reato ai sensi del D.Lgs. 231/01.
Questo procedimento penale aveva inizialmente ad oggetto l’accertamento del presunto inquinamento del sottosuolo derivante da perdite di prodotto da 14 serbatoi di stoccaggio della Raffineria di Gela non ancora dotati di doppio fondo, nonché fenomeni di contaminazione nelle aree marine costiere adiacenti lo stabilimento in ragione della mancata tenuta del sistema di barrieramento realizzato nell’ambito del procedimento di bonifica del sito.
In occasione della chiusura delle indagini preliminari, il Giudice ha riunito in questo procedimento altre indagini aventi ad oggetto episodi inquinanti collegati all’esercizio di altri impianti della Raffineria di Gela e ad alcuni fenomeni di perdita di idrocarburi dalle condotte di pertinenza della società Enimed. Il procedimento è in corso nella fase dibattimentale.
2. Raffineria di Gela Spa/Eni Mediterranea Idrocarburi (Enimed) Spa – Gestione rifiuti discarica Camastra.
Nel giugno 2018 la Procura di Palermo ha avviato nei confronti delle società Eni, Raffineria di Gela ed Enimed, un procedimento penale che riguarda un presunto traffico illecito di rifiuti industriali provenienti da operazioni di bonifica di terreni, smaltiti presso una discarica di proprietà di una società terza. La Procura ha contestato tale reato agli amministratori delegati “pro tempore” delle due società Eni; alle società è contestato l’illecito amministrativo da reato di cui al D.Lgs. 231/01 e successive modificazioni ed interazioni. La condotta illecita deriverebbe dalla fraudolenta certificazione dei rifiuti ai fini della ricezione in discarica.
A seguito delle attività difensive espletate, la posizione dell’amministratore delegato della Raffineria di Gela, nonché della medesima società, sono state oggetto di richiesta e decreto di archiviazione, mentre per la posizione dell’amministratore delegato di Enimed e della società, è stato chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio. Il procedimento è in corso innanzi al Tribunale di Agrigento al quale il procedimento è stato trasferito per competenza territoriale.
3. Raffineria di Gela Spa e Eni Rewind Spa – Indagine inquinamento falda e iter di bonifica del sito di Gela.
A seguito di denunce effettuate da ex lavoratori dell’indotto, la Procura della Repubblica di Gela ha emesso un decreto d’ispezione e sequestro dell’area denominata “Isola 32” all’interno della Raffineria di Gela dove sono ubicate le vecchie e nuove discariche controllate. Il procedimento penale ha ad oggetto i reati di inquinamento ambientale, omessa bonifica, lesioni personali colpose e gestione illecita di rifiuti.
I reati sono contestati in relazione alla gestione delle attività di bonifica dell’area oggi gestita da Eni Rewind, anche per conto delle società Raffineria di Gela, Isaf e Versalis, ove sono ubicate le vecchie discariche, alle attività di “decommissioning” dell’impianto acido fosforico di proprietà della Isaf gestite sulla base di un contratto di mandato dalla Eni Rewind, nonché alla gestione delle attività in corso di bonifica della falda (in termini di efficacia ed efficienza del sistema di barrieramento).
L’Autorità giudiziaria ha proceduto a un’acquisizione documentale presso la sede della Eni Rewind di Gela e della Raffineria di Gela che, nel periodo tra l’1 gennaio 2017 ed il 20 marzo 2019, hanno gestito gli impianti asserviti alla bonifica della falda del sito (Taf Eni Rewind, Taf-Tas di sito e pozzi di emungimento e barriera idraulica).
Successivamente è stato notificato un decreto di sequestro di undici piezometri del sistema di barrieramento idraulico, con contestuale informazione di garanzia emesso dalla Procura della Repubblica di Gela nei confronti di nove dipendenti della Raffineria di Gela e quattro dipendenti della società Eni Rewind. Sono poi stati disposti accertamenti tecnici irripetibili al fine di effettuare delle analisi sia sui piezometri posti sotto sequestro, sia sugli impianti Taf e Tas. Le attività sono tuttora in corso.
4. Eni Spa – Eni Rewind Spa – Raffineria di Gela Spa – Ricorso per accertamento tecnico preventivo (vertente su casi di malformazioni neonatali).
Nel febbraio 2012 è stato notificato a Raffineria di Gela, Eni Rewind ed Eni un ricorso per “Accertamento tecnico preventivo” (“Atp”) da parte di genitori di bambini nati malformati a Gela tra il 1992 e il 2007, volto alla verifica dell’esistenza di un nesso di causalità tra le patologie malformative e lo stato di inquinamento delle matrici ambientali del sito gelese (inquinamento che sarebbe derivato dalla presenza e operatività degli impianti industriali della Raffineria di Gela e di Eni Rewind), nonché alla quantificazione dei danni asseritamente subiti e all’eventuale composizione conciliativa della lite.
Il medesimo tema, peraltro, era stato oggetto di precedenti istruttorie, nell’ambito di differenti procedimenti penali, di cui una conclusasi senza accertamento di responsabilità a carico di Eni o sue controllate e una seconda tuttora pendente in fase di indagini preliminari.
Dal dicembre 2015 sono stati notificati alle tre società interessate atti di citazione aventi ad oggetto complessivamente 30 casi di risarcimento danni in sede civile. Tali giudizi pendono nella fase dell’istruttoria. Nel maggio 2018 è stata emessa la prima sentenza di primo grado avente ad oggetto un solo caso.
Il Giudice ha rigettato la domanda risarcitoria, riconoscendo la bontà e fondatezza delle argomentazioni difensive delle società convenute in ordine alla insussistenza di prove circa l’esistenza di un nesso di causa tra la patologia e il presunto inquinamento di origine industriale. La sentenza di primo grado è stata impugnata dalla controparte innanzi alla Corte d’Appello di Caltanissetta.