Il fiume Gela torna a colorarsi di nero nel mese dedicato alla difesa dell’eco-sistema
Dal 22 marzo è scattato il mese dell'ambiente, con la giornata dell'acqua, per terminare con la giornata della terra, il 22 aprile. Il fiume Gela ha salutato l’evento tornando in questa settimana a colorarsi di nero, come già denunciato da ambientalisti lo scorso autunno, a esempio. Senza dimenticare che alcuni mesi prima, vale a dire la scorsa estate, si colorò di giallo, mentre ancora un anno prima di si era tinto di rosso.
Certo, mancano all'appello il viola, il verde, il blu, l'azzurro e l'arancione per raggiungere l'arcobaleno, ma di tempo ce n’è e dalle nostre parti, in quanto a negatività, non ci facciamo mancare nulla, si sa. Per poi quest’ultime passare in carrozza, come se nulla fosse nel disinteresse generale, tra cittadini ignari e concentrati a fare altro.
«La situazione del fiume Gela, che purtroppo non è nuova, ci preoccupa non poco, come tutte quelle situazioni – ci risponde il sindaco di Gela, Lucio Greco – che hanno a che fare con l'ambiente. In queste ore, insieme alla dirigente del settore ecologico, Grazia Cosentino, stiamo cercando di capire - ha proseguito il primo cittadino - cosa possa essere accaduto ed abbiamo tempestivamente inoltrato le segnalazioni, nonché fatto le comunicazioni di rito alle autorità competenti. L'attenzione – ha rassicurato in conclusione il sindaco – resta massima».
L’unico procedimento avviato dalla procura e concluso a processo, secondo quanto ci è dato sapere, riguarda lo sversamento di circa 13 mila litri di liquido contenente diverse sostanze, tra cui principalmente idrocarburi, scaricati nel fiume per un incidente all’impianto “Topping” e sversati a mare aperto, un anno prima la fermata definitiva della Raffineria tradizionale sancita dall’oramai famoso protocollo del 2014. Lo scorso autunno, manager e tecnici Eni, con essi l’intera compagnia, sono stati assolti dall’accusa di “disastro ambientale”, per insussistenza del fatto.
D’altronde, da quando è in atto la svolta “green” del sito industriale del cane a 6 zampe, episodi del genere si sono accavallati nel tempo e quella di questi giorni, invero, è l’ennesima notizia su un argomento che si ripete nei mesi e negli anni, senza risultati investigativi di rilievo. In tanti si chiedono se e cosa dicono i risultati riscontrati nelle analisi effettuate dalla capitaneria o dall’aspra. In assenza dei quali fioriscono le tesi e le ipotesi più disparate che si diffondono nell’opinione pubblica.
Di sicuro, lungo il letto del fiume scaricano tutta una serie di aziende che nei decenni hanno potuto fare quello che hanno voluto, all’ombra del colosso che per mezzo secolo ha dominato la scena industriale cittadina, facendolo per larga parte di questo ampio lasso di tempo, da “parastato”. Ma non vanno sottovalutati anche gli scarti di insediamenti produttivi di piccole e medie dimensioni ubicati nei pressi o lungo i fiumi “Cimia” e “Maroglio”, vale a dire i principali affluenti del fiume “Gela”, fino ad arrivare a monte, cioè alla fonte, presso i pendii ad ovest di Piazza Armerina.
Eni annuncia la messa in marcia dell’impianto che trasforma biomasse in carburanti
Ad un anno e mezzo dall’inaugurazione della bioraffineria, arriva l’annuncio da parte di Eni della piena messa in marcia del nuovo impianto Btu (Biomass Treatment Unit), che consentirà di utilizzare fino al 100% materie prime di scarto per la produzione di biocarburanti. Un impianto avviato e collaudato, che permetterà alla “green refinery” gelese di utilizzare fino al 100% le biomasse non in competizione con la filiera alimentare e cioè, dagli oli alimentari esausti ai grassi da lavorazioni ittiche e di carni prodotte nell’isola, con l’obiettivo di realizzare il più volte auspicato modello di “economia circolare a chilometri zero”, in questo caso per la produzione di “biodiesel, bionafta, biogpl e bio-jet”
Eni, ne approfitta inoltre per anticipare che Rage potrà a breve essere alimentata altresì dall’olio di ricino, con i frutti del progetto sperimentale di coltura delle piante di ricino su terreni semidesertici tunisini, sostituendo completamente e definitivamente, così come ripetutamente promesso, il tanto famigerato olio di palma che entro un biennio, più precisamente dal 2023, non dovrà essere più impiegato in tutti i processi produttivi del cane a sei zampe.
Secondo quanto si legge sul sito aziendale, «la trasformazione dell’ex petrolchimico di Gela è un esempio di economia circolare rigenerativa, che ha permesso la riconversione di cicli produttivi basati su fonti fossili e che va di pari passo con un piano di demolizioni di impianti non più funzionali alla produzione di biocarburanti e per il risanamento ambientale».
La major energetica ha fatto sapere che l’impianto è stato completato i tempi ragionevoli nonostante la pandemia in corso che un qualche rallentamento non poteva non determinarlo. In sostanza c’è voluto un anno, in piena emergenza covid-19. Soddisfazione è stata espressa anche per aver raggiunto, in oltre il milione di ore impiegate, l’obiettivo degli “zero infortuni”, sia per i lavoratori del diretto (personale Eni) che per i lavoratori dell’indotto (personale delle imprese in appalto).
La riconversione green a Gela è pienamente in corso, secondo quanto comunica Eni e l’avvio di questo impianto contribuisce dunque a concretizzare decisamente quel «processo di decarbonizzazione e transizione energetica che caratterizza la strategia Eni, impegnata a raggiungere la totale decarbonizzazione di prodotti e processi entro il 2050».
In programma c’è l’avanzamento della capacità produttiva delle bioraffinerie Eni fino al tetto dei 2 milioni di tonnellate entro il 2024, con in vista il “goal” finale dell’aumento fino ai 5/6 milioni di tonnellate previsti entro il 2050: «il Btu si aggiunge ai già realizzati impianti Ecofining™, tecnologia Eni-Uop per la produzione di biocarburanti da materie prime di origine biologica, lo Steam Reforming per la produzione di idrogeno e l’impianto pilota Waste to Fuel, realizzato da Eni Rewind, che consente di trasformare la frazione organica dei rifiuti solidi urbani in bio-olio e bio-metano».
La città vuole candidarsi a centro nazionale dell’idrogeno
L’amministrazione Greco si fa ambiziosa e vuole candidare Gela quale sede del “Centro nazionale di alta tecnologia per l'idrogeno”, ai sensi della delibera di giunta regionale dello scorso 29 gennaio. A tal fine il sindaco Lucio Greco ha convocato una prima riunione propedeutica per il pomeriggio di lunedì 29 marzo, tenutasi in videoconferenza con la partecipazione del sindaco di Niscemi, Massimiliano Conti, tra i comuni del comprensorio gelese e dell'area di crisi complessa, il deputato regionale, On. Nuccio Di Paola, fra gli invitati della deputazione regionale e nazionale nissena, Ugl e Cisl che hanno risposto all'invito rivolto all'intera compagine sindacale, i vertici di RaGe, Sicindustria Caltanissetta, l'esperto del sindaco, Pietro Inferrera e il presidente della commissione permanente allo sviluppo economico del consiglio comunale, Rosario Faraci. Assente una rappresentanza dell'Università “Kore” di Enna.
Per Gela, che produrrà l'idrogeno verde, secondo l'amministrazione in carica, si tratta di un'occasione da non perdere assolutamente: «serve, però, pianificare bene gli obiettivi ed i programmi, perché – spiega il vicesindaco Terenziano Di Stefano - manca un quadro chiaro con misure programmatiche di breve, medio e lungo periodo.
A questo è servito l'incontro preliminare di inizio settimana. Infatti, subito dopo le feste pasquali - prosegue il leader del movimento locale “Una buona idea” – dovremo accelerare per promuovere la candidatura, prima a livello regionale e poi nazionale. I tempi sono molto stretti e la “timeline” si ferma per ora al 23 aprile, con la Sicilia che non sarà di certo l'unica regione a muoversi. Trattandosi di un centro di ricerca – conclude l’assessore allo sviluppo economico – coinvolgeremo anche l'università, preferibilmente la “Kore” di Enna nello specifico, con la quale abbiamo già aperto una collaborazione ed un dialogo in altre occasioni».
A livello europeo si stimano 820 miliardi di investimento e 5,4 milioni di posti di lavoro entro il 2050, all'insegna della decarbonizzazione del sistema energetico ed il raggiungimento degli obiettivi climatici fissati a metà secolo: «Gela, con il suo passato industriale – ha dichiarato il sindaco - e il futuro fatto di una bioraffineria rispettosa del territorio e del suo naturale equilibrio, ha tutte le carte in regola per candidarsi ad ospitare questo “Centro”, possiede le competenze e ha una posizione baricentrica sul Mediterraneo che le consente di ambire a questo ruolo. Siamo felici - continua il primo cittadino gelese - del fatto che tutti i partecipanti all'incontro abbiano condiviso la nostra idea, ma ora dobbiamo affrettarci e non impantanarci nei meandri della burocrazia.
Anche il direttore dell’Agenzia Internazionale per l’energia ha recentemente dichiarato che l’idrogeno verde è “pronto per il suo grande momento”, invitando i governi a incanalare in tal senso i loro investimenti. Ecco perché - chiosa con entusiasmo Lucio Greco – Gela si candida ad ospitare questo Centro».