Porto rifugio, vicenda grottesca

Porto rifugio, vicenda grottesca

C'è chi la vede bianca (il presidente del Comitato Livoti), chi la vede grigia, come il senatore pentastellato Lorefice.

La sorte del porticciolo rifugio, insomma, non vede tutti d’accordo, laddove il primo, con nota de 2 gennaio scorso, ha comunicato che «il ministero dell’Infrastrutture-provveditorato Sicilia e Calabria ha inviato decreto con parere positivo per i lavori di riqualificazione del porto rifugio di Gela (dragaggio e allungamento del braccio di ponete) per una spesa di euro 5.531.0000, al ministero della Ambiente per la valutazione d’impatto ambientale (VIA)», e che lo stesso Comitato porto del Golfo di Gela «ha già sollecitato il dipartimento di competenza per far sì che il Comitato tecnico nei tempi più celeri esprima il proprio parere»;

dall’altra parte, il parlamentare gelese Pietro Lorefice, cinque giorni dopo la diffusione delle ottimistiche notizie di Livoti ha denunciato che «i lavori per il porto rifugio di Gela sono bloccati da un’inspiegabile ritardo della Regione Siciliana, la documentazione trasmessa dalla Protezione Civile al ministero non è completa».

Lorefice non si è limitato a denunciare il rischio che l’iter si inceppi. Ha anche rivolto un appello a Musumeci, che ha anche la delega della Protezione Civile in Sicilia: “Bisogna accelerare le procedure e sbloccare questo impasse che frena tutto il territorio, il rischio è che tutto venga bloccato e che si perda il lavoro di oltre due anni, una follia, anzi, un vero scandalo”.

 Quella di un Porto rifugio insabbiato la cui soluzione è ancora in alto mare, sembra un gioco di parole a celare una contraddizione in termini. Quel che è certo è che il “porto rifugio” è impantanato in una condizione che ha oltrepassato i limiti del grottesco. Come definire altrimenti, la condizione di una città, la sesta nell’isola, in cui non si riesce nemmeno ad avere un dragaggio di un porticciolo, propedeutico alla costruzione di un nuovo pennello, in una riqualificazione che verrebbe pagata con i soldi delle compensazioni eni, cioè soldi dei gelesi! Davvero incredibile. Nel momento in cui scriviamo, peraltro, fonti vicine all'amministrazione comunale ci dicono che l'integrazione che mancava nella documentazione inviata al ministero per la Valutazione di impatto ambientale (Via), sarebbe stata trasmessa. Staremo a vedere.

Intanto, a lanciare l'allarme, l'ennesimo in questa annosa vicenda, ci ha pensato stavolta il senatore gelese dei cinque stelle, Pietro Lorefice, con tanto di indice rivolto alla burocrazia regionale: «I lavori per il porto rifugio di Gela – accusa Lorefice – sono bloccati da un’inspiegabile ritardo della Regione Siciliana. La documentazione trasmessa dalla Protezione Civile al Ministero, infatti, non è completa. Bisogna accelerare le procedure e sbloccare questo impasse che frena tutto il territorio, il rischio è che tutto venga bloccato e che si perda il lavoro di oltre due anni, una follia, anzi, un vero scandalo.

Formalmente – spiega il parlamentare pentastellato – sembrerebbe tutto a posto, ma oggi ho avuto l’ulteriore conferma, direttamente dall’ufficio della sottocommissione “Via” del ministero dell’Ambiente, che l’integrazione documentale non è completa. C’è qualcosa che ci sfugge? Dove e perché si è interrotto il percorso? Perché Gela si trova ancora con un porto insabbiato? Nelle scorse ore, ho richiesto anche un incontro, che si tenga al ministero in tempi brevi, chiamando in causa la Regione siciliana. Inoltre, invito il presidente della Regione, Nello Musumeci, a fare chiarezza. Solo poche settimane fa, avevamo dato la buona notizia per il Porto rifugio di Gela.

A metà dicembre, infatti, il Provveditorato interregionale per le opere pubbliche Sicilia-Calabria ha emesso il decreto di approvazione del progetto di dragaggio dei sedimenti marini costituenti il fondale del “Porto Rifugio” di Gela. Previsti 5 milioni e 531 mila euro per i lavori di sicurezza, per la realizzazione, per il monitoraggio e per la successiva realizzazione di un pennello intercettatore all’esterno del molo di Ponente del Porto Rifugio. Circa un anno, il tempo stimato per l’esecuzione dei lavori. Ciò di cui si sta discutendo adesso, invece – conclude il senatore gelese – riguarda la procedura Via rilasciata dal ministero dell’Ambiente. Dobbiamo scongiurare il peggio, Gela deve ritornare ad avere il suo porto».

Dopo le dichiarazioni rese dal senatore Lorefice, si è subito mosso il Comitato per il Porto del Golfo di Gela: «abbiamo contattato – si legge nella nota inviata ai media - sia il Ministro dell’ambiente sia il Dipartimento della protezione civile regionale per la verifica dell’iter procedurale. Ci hanno risposto che i tecnici del dipartimento stavano già elaborando le dovute documentazioni per inviarle al ministero dell’Ambiente, utili all’avvio da parte della Commissione, della procedura di Valutazione di impatto ambientale “Via“, inerente la costruzione del Pennello (braccio di ponente) da realizzare nel porto rifugio di Gela.

Sperando che entro fine gennaio 2020, il ministro dell’ambiente possa esprimere il parere della “Via”, indispensabile per l’avvio della gara di appalto per i lavori di riqualificazione del porto rifugio. Dopo che il 17/12/2019 il provveditorato lavori pubblici ha dato parere positivo al progetto di lavoro di riqualificazione del porto rifugio di Gela, l’altro ostacolo rimane il parere del ministero dell’Ambiente. Noi continueremo a monitorare la procedura dell’iter per l’obiettivo di far partire i lavori di riqualificazione del porto rifugio di Gela, dove vi è anche una grande attenzione da parte di sua Eccellenza il prefetto di Caltanissetta, che sta monitorando l’intero iter procedurale».

Dal Comitato ci hanno fatto sapere, altresì, che all’inizio della prossima settimana, quindi verosimilmente già lunedì, contatteranno il ministero per l’Ambiente per avere contezza dello stato dell’arte e magari conferma dell’indiscrezione trapelata dal Dipartimento per la protezione civile regionale, secondo la quale la parte mancante della documentazione sarebbe stata trasmessa all’ufficio preposto ministeriale. Dal canto suo, il presidente del Consiglio comunale, Totò Sammito, ha convocato per martedì prossimo a Palazzo di Città il comitato tecnico per fare il punto della situazione.

Sullo sfondo permangono dubbi che alimentano persino sospetti in una fase storica in cui i rapporti tra il Comune di Gela e la Regione siciliana non sono idilliaci. Basti pensare alla vicenda vicenda dei fondi sottratti nel Patto per il Sud e il ricorso al Tar contro la delibera della Giunta regionale. La burocrazia, locale tanto quanto regionale e nazionale, sembra giocare sovente un ruolo tutt’altro che marginale. Un ruolo che è anche quello di subire lo scarica barile politico in casi come questi, per poi incassare premi di produzione a fine anno dallo stesso personale politico. Tanto a pagare è sempre “Pantalone”, specie nella terra del gattopardo.