Auguri a Cinecittà, la fabbrica dei sogni compie ottant’anni

Auguri a Cinecittà, la fabbrica dei sogni compie ottant’anni

Quest’anno Cinecittà compie 80 anni. Un traguardo importante per quelli che sono stati e rimangono forse i più importanti stabilimenti di produzione cinematografica d’Europa.

Un luogo di eccellenza dove il Cinema Italiano si è sviluppato, è cresciuto, ha regalato emozioni grazie a grandi attori, grandi sceneggiatori, registi come Blasetti, De Sica, Fellini, Rossellini, Visconti, Monicelli,  che tutto il mondo ci ha invidiato.

Non potrò mai dimenticare la mia “prima volta” a Cinecittà, nel 1985. Non avrei mai sperato in un esordio migliore. Assistente di Federico Fellini nel mitico Teatro 5, dove il maestro riminese girò tantissimi dei suoi capolavori. Il film era “Ginger e Fred” e mi trovai per un mese intero accanto a dei mostri sacri come Marcello Mastroianni e Giulietta Masina. Ho avuto modo di girare ancora a Cinecittà in altri 7 film, 6 con Pupi Avati ed 1 con Nanni Loy. Insomma, posso dire che gli Studios di Via Tuscolana li conosco bene, palmo a palmo.

E a Cinecittà sono molto affezionato come tutti quelli che fanno il mestiere del “cinematografaro”...così come ci chiamano a Roma. E questo nonostante oggi gli studi siano più utilizzati dalla televisione con programmi stupidi e beceri, che in buona parte hanno contribuito ad impoverire il livello culturale degli italiani, già di suo fra i più bassi in Europa. Ma la crisi ha investito anche il Cinema e quindi attingere ai danari della TV (Rai e Mediaset) è stato importante per la sopravvivenza e per il rilancio di questo grosso complesso produttivo a ciclo completo, che rimane nell’immaginario collettivo di tutti, e che fra gli Anni’50 e ’60 fu ribattezzato la “Hollywood sul Tevere”, quando gli americani vennero  a girare i loro kolossal all’ombra del Cupolone.

Come dimenticare “Quo Vadis”, “Cleopatra” o l’insuperabile ed insuperato “Ben Hur”?. Quelli furono gli anni in cui Charlton Heston, Gregory Peck, Audrey Hepburn, Orson Welles, Elizabeth Taylor e Richard Burton, solo per fare alcuni nomi, portarono in Italia glamour, danaro e una irrefrenabile voglia di vivere. Poi vennero gli spaghetti western di Sergio Leone, e gli eroi dalla colt facile come Clint Eastwood, Lee Van Cleef, Giuliano Gemma, Franco Nero. Ed ancora, il cinema di Totò e la grande commedia all’italiana, con Alberto Sordi. Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Ugo Tognazzi, Monica Vitti.  Insomma, tutta la storia del nostro cinema, dai “telefoni bianchi” in poi  ha camminato di pari passo con Cinecittà.

Eppure, c’è una grave pecca nelle origini della città del cinema, non a caso tenuta spesso celata. Infatti, questa famosa struttura è stata voluta e poi inaugurata il 21 aprile del 1937 da Benito Mussolini, che in uno slogan del tempo divenuto famoso diceva “La Cinematografia è l’arma più forte”. Beh, io spero che il nuovo Disegno di Legge approvato la scorsa settimana alla Camera, che punisce la propaganda fascista e vorrebbe portare addirittura allo smantellamento di simboli e luoghi del Ventennio,  non si abbatti come una scure anche su Cinecittà. Chissà, magari uno di questi giorni accendiamo la Tv e vediamo al telegiornale il deputato Pd Emanuele Fiano, con delega alle riforme che, con un casco da operaio in testa,  dirige i lavori di abbattimento delle mura di Cinecittà. Ma no, non arriveremo a tanto. In fondo, perché dobbiamo dire che Cinecittà è stata fondata da Mussolini?

Basta cancellarlo dai libri di storia, e vedrete che già ai festeggiamenti dei cento anni degli Studios nessuno si ricorderà più di tanto scomodo padre. Anzi, a quel punto ognuno potrà dire la sua, e qualcuno penserà pure che gli stabilimenti di Cinecittà furono voluti da Giulio Andreotti o magari dagli stessi producers americani che volevano investire i loro dollari nella città eterna. In fondo ci può stare. Per noi che facciamo il cinema e per il pubblico che ama quest’arte, è invece più importante che Cinecittà sopravviva e continui ad essere una fabbrica di sogni e di sorrisi, in un mondo sempre più alienato dove i sogni purtroppo hanno lasciato posto agli incubi più spaventevoli.