Ci ha lasciati anche Gino Alabiso decano del giornalismo gelese

Ci ha lasciati anche Gino Alabiso decano del giornalismo gelese

Altro lutto nel giornalismo gelese, dopo quello di Hoefer e Lombardo. A Pisa, dove viveva da decenni, è morto mercoledì scorso il prof. Gino Alabiso (nella foto), per un lungo periodo collaboratore del nostrornale e prima ancora del quotidiano La Sicilia. Alabiso se ne è andato all’età di 98 anni e fino a qualche mese fa si dilettava ancora a scrivere. A ricodare qui di seguito, il collega Elio Cultraro e lo storico Nuccio Mulè.
Alla famiglia di Gino Alabiso il cordoglio del Corriere di Gela.

Gino Alabiso era nato in quella che all’epoca si chiamava Terranova di Sicilia, l’odierna Gela, il 28 agosto del 1920, una sorta di annus mirabilis, perché prolifico di una moltitudine di talenti, alcuni dei quali, come, purtroppo, Alberto Sordi, Enzo Biagi e Federico Fellini, non ci sono più.

Dopo le elementari, frequentò la Scuola di Avviamento Professionale (l’attuale Scuola Media) e, conseguita la licenza (all’epoca, si chiamava diploma), si iscrisse all’Istituto Magistrale di Piazza Armerina, dove, all’età di 20 anni, ottenne il Diploma di Insegnante Elementare.

Scoppiata la seconda guerra mondiale, fu chiamato alle armi, finendo, con i commilitoni del suo Reggimento, in Albania (invasa dalle truppe italiane il 7 aprile 1939 e due giorni dopo annessa all’Impero italiano, che, all’epoca, comprendeva anche Etiopia, Eritrea, Somalia, Abissinia, Libia, Dodecanneso, Anatolia, fino alla lontanissima Tientsin, ovvero il “guado del fiume del paradiso”, che oggi, con i suoi 11 milioni di abitanti, è una delle 4 più importanti città metropolitane della Cina), da dove, dopo mesi di pericoli e di stenti, nel dicembre del 1943, riuscì a rientrare in Italia, imbarcandosi su un mercantile, rimasto miracolosamente integro e galleggiante, nonostante fosse stat oggetto, durante la traversata del mare Adriatico, di bombardamenti da parte dell’aviazione tedesca.

Riprese gli studi e, l’anno successivo, da esterno, si presentò agli esami di Maturità Classica, conseguendo, presso il Liceo-Ginnasio “Eschilo” della nostra città. Che, oltre all’insegnamento presso le scuole elementari della nostra città, reso possibile dal diploma Magistrale, precedentemente ottenuto, gli permise di iscriversi alla Facoltà di Lettere dell’Università di Catania, che, però, dopo avere superato alcuni esami, abbandonò, per stare vicino ad una collega, l’insegnante Renata Caternolo, della quale si era invaghito (era una bella, ma sobria ragazza, che mantenne queste qualità anche da donna sposata e da madre), che, dopo un periodo di fidanzamento, portò all’altare e dalla quale ebbe tre figli (uno, purtroppo, non c’è più).

Già nell’immediato dopoguerra, esordì come poeta romantico ed umoristico, particolarmente apprezzato, ottenendo la pubblicazione in riviste letterarie dell’epoca dei suoi versi. La cui musicalità, per rima e metrica, gli fece ottenere un buon successo.

Dopo il matrimonio, “tradì” la musa che gli aveva dettato tanti versi, per dedicarsi al giornalismo, in qualità di corrispondente da Gela del La Sicilia. Un’attività che, iniziata nel 1950, si interruppe vent’anni dopo, quando per motivi familiari, si trasferì a Pisa. Dove, dopo un periodo di ambientamento, pur continuando la sua attività di Insegnante elementare, cominciò a collaborare con La Nazione di Firenze. Il suo trasferimento provocò, nel mondo giornalistico gelese un autentico terremoto. La Sicilia mi chiese di assumere l’incarico di corrispondente da Gela, resosi vacante con il trasferimento di Alabiso.

Ero ancora un ragazzo, avevo appena 16 anni. Consapevole dei miei limiti, non ebbi esitazioni a rifiutare la proposta. L’incarico venne affidato ad Elio Leopardi, che, da alcuni anni, era corrispondente del Giornale di Sicilia. Il cui posto venne preso da Salvatore Parlagreco, il quale, a sua volta, lasciò il quotidiano del pomeriggio L’Ora
Elio Cultraro

I profumi di Gela li respirava anche da Pisa


Alabiso è riuscito con grande abilità a raccordare due punti diversi del suo pensiero, una matrice culturale e umana tra Gela e Pisa, città quest’ultima dove ha passato il resto della sua vita con la famiglia divenendone anagraficamente suo esemplare e stimato cittadino.

Cosa ci lascia l’amico Alabiso? Un vuoto senza dubbio ma che, per fortuna, è riempito da una impressionante produzione di argomenti che vanno dalla storia più antica a quella moderna, dai protagonisti di ogni tempo ai problemi di attualità e sempre scritti con toni critici, riservati in particolare agli uomini politici della nostra epoca.

Gino Alabiso è appartenuto alla schiera dei divulgatori, dei diffusori della cultura, fuori dei tradizionali schemi accademici, per un cultura di massa, universale, che si è rivolta, e si rivolge, a tutti con la chiarezza della parola e la genuina costruttività dell’osservatore e dell’interprete del “vissuto”. E questa, a mio modo di vedere, è la considerazione più vera e più valida che si possa fare del nostro conterraneo.

Mi piace chiudere questo breve pensiero su Gino Alabiso riportando la parte finale della presentazione di un suo volumetto dal titolo “Gela, profumo della memoria”: “…I ricordi mostrano un mondo molto diverso da quello che viviamo, un mondo lontano ricco di pro-fumi e ci rivelano l’importanza della vita, le nostre origini, le nostre radici. I ricordi sono la forza della nostra vita.”
Nuccio Mulè

Cronaca

altri articoli

Politica

altri articoli

Arte e Cultura

altri articoli

Attualità

altri articoli

Sport

altri articoli

Tribuna Aperta

altri articoli

La verità, evidente a tutti, è che una società privata, Caltaqua, e la matrigna partecipata Sicilacque, godono di ampia protezione politica.

ARTICOLI E SERVIZI PUBBLICATI NELL'EDIZIONE DI SABATO 19 APRILE 2025

altri articoli