Con tutta franchezza il 29 agosto sera mi sono recato alle Mura Federiciane per ascoltare dei giovani di buona volontà, desiderosi di emettere un po’ d’aria pretenziosamente modulata con armonia stimolando la vibrazione delle proprie imberbi corde vocali.
Confesso di averlo fatto per affetto, per amicizia ma disilluso e nella assoluta certezza di ritrovarmi di fronte l’iconico impaccio, sproporzionato e goffo di classici e nobili strumenti musicali imbracciati da infanti: acerbi ramoscelli per lo più vinti dal vento di musichette sanremesi che da arbusti di quercia pressoché indifferenti agli ultimi commerciali strimpelli. Cosa ho trovato invece?
Un po’ di speranza nella semplice, forse involontaria ma salutare lezione, tenuta da cinque giovani – tre dei quali provenienti dalla simpatica Medievale Butera – avviati alla musica da assennati mentori secondo il più logico e ragionevole criterio.
Si tratta del collaudato e secolare criterio di avanzare poggiandosi alla tradizione, quello che ha permesso alla musica di progredire sino a consegnarci Mozart, Rossini, Vivaldi, Beethoven e tutti i grandi, immensi geni che si sono susseguiti, quali Verdi, Wagner, Puccini, e tanti altri. Questi ci hanno aiutato a dar voce alle intime emozioni, ai nostri lacerati sentimenti di fronte alle vicende dolorose o avvincenti della nostra minuta e grande Storia. Alla medesima tradizione ha attinto uno stuolo di grandi band del recentissimo passato: v. Queen, Genesis, e tanti altri…
Questi diciassettenni, diciottenni che suonano e cantano con il pathos di chi ha compreso autori quali Battiato, Sergio Endrigo, Battisti, Fiorella Mannoia, Premiata Forneria Marconi, ecc., dimostrano di aver ricevuto una “sana” educazione musicale.
È la logica della pianta che aspira a portare frutto nuovo, frutto che desidera benevolmente offrirsi; è chiaro che il frutto a cui questi giovani desiderano lavorare per il futuro non vuol essere la riproposizione stereotipata di brani già gustati mille volte, ciò che ho intravisto in loro è il riflesso di una la saggia visione (sicuramente genitoriale ) che ha spiegato a questi volenterosi fanciulli musicisti che occorre assicurare alla pianta solide e profonde radici perché questa sia in grado di crescere diritta, forte, tenace per fornire linfa a volontà alla nuova fioritura e una adeguata altezza per sfuggire allo “smog” di tossiche ed effimere melodie.
Secondo questa antica e saggia pedagogia la pianta nuova così strutturata, questa verde generazione di musicisti, sarà in grado di proiettarsi in alto per intercettare l’aria nuova e fresca di melodie che tutti attendiamo ansimanti da anni come può attendersi l’alba di un nuovo giorno dopo una lunga notte! Ai componenti della band Panta Rei: Rocco e Francesca Barresi, Filippo Pisano, Federico Capici, Salvatore Ferraro un grande in bocca a lupo!
P.s. propongo al gruppo musicale di modificare il nome in “Area DR G – band”: Area di Raccordo Generazionale - band.
Massimo Cassarà