Parlare del fenomeno multiproblematico dell’anoressia come di una condizione appartenente solo ed esclusivamente alla sfera femminile, è quantomeno errato.
Infatti, non sono pochi i soggetti di sesso maschile che vivono il dramma di questa patologia, inserita nel quadro dei disturbi alimentari. Un timore fobico di ingrassare, un comportamento ossessivo e oppositivo fatto di rinunce e desideri negati, e dalla semplice riduzione di cibo si passa ad un vero e proprio rifiuto di mangiare, spesso motivato dalla volontà di apparire più belli o gradevoli agli occhi degli altri, con conseguenze davvero serie o addirittura tragiche. Ovviamente, non è soltanto una questione di mode o tendenze tipiche del periodo adolescenziale, ma è riferita a contesti molto ampi che possono caratterizzare pure l’età adulta, con effetti devastanti e pericolo di ricadute.
Una malattia complessa, che spesso nasconde dolorosi disagi e tante insicurezze, provocate da messaggi comunicativi esagerati o distorti. Purtroppo, anch’io ho conosciuto il volto misterioso e plurimo di quei pesanti “effetti” citati in precedenza, in maniera prima invisibile e poi tristemente reale.
Il caso ha voluto (insieme ad una serie di avverse circostanze) che il sottoscritto, con la scusa di voler perdere qualche chilo, in realtà abbia finito per perderne quasi 25, con il risultato di un corpo scheletrito e visibilmente provato. In tempi piuttosto rapidi (circa tre mesi) il dimagrimento si è rivelato eccessivo, e un peso di 83.5 kg è precipitato verso uno di 58.7 kg, nel pieno di quella che ho definito “la guerra contro i carboidrati”. Stress, paura, ansia di non farcela, carico di emozioni negative legate alla pandemia da coronavirus (Covid-19), conflitti familiari e senso di profonda inadeguatezza in una città altamente omofoba e discriminatoria mi hanno trascinato in un processo morboso allarmante, non ancora del tutto concluso.
Dopo due anni di lotte e cure (con qualche episodio chiaramente recidivante, verificatosi nel 2019), adesso posso dire di essermi attestato sui 65 kg, anche se, considerata l’altezza di 184 cm, non è un traguardo proprio entusiasmante e in linea con i parametri ideali.
Da ciò si evince il vuoto di quello che si può avvertire interiormente. A volte ci si sente soli, ingabbiati, delusi, in un contesto sfavorevole o limitato. Le motivazioni psicologiche di base sono diverse e, comunque, soggettive. In certi casi, occorrono pazienza, coraggio e determinazione per ritrovare l’equilibrio adatto.
Fin qui, la storia di una persona anoressica e di un uomo, con il proprio bagaglio di fragilità. Tuttavia, oltre alla mia personale testimonianza, si ripercuote la ferma convinzione di non cedere ulteriormente ai rigurgiti violenti e insani del territorio gelese. Infatti, ad una povertà dilagante, esiste e corrisponde (a mio avviso) un’altra forma di “anoressia relazionale” derivata dalla mancanza di lavoro, ascolto, sistemi organizzativi efficaci e idee produttive che, per quanto valide, non sempre riaffiorano al meglio.
Una “magrezza” dei sentimenti, che non sostiene chi ha già difficoltà esistenziali. Ad ogni modo, mi auguro che ci sia una Gela più preparata ad occuparsi del prossimo sotto ogni aspetto, per un futuro che porti esperienze di vita più serene e meno angoscianti.