Teatro/ Monologo dell’artista urbinate Matthias Martelli all’Antidoto di Macchitella

Teatro/ Monologo dell’artista urbinate Matthias Martelli all’Antidoto di Macchitella

Mercoledì scorso, a Gela, è andato in scena "Raffaello. Il figlio del vento", un appassionante monologo sulla figura del celebre pittore di Urbino, "maestro dell'armonia e della bellezza", scritto, recitato e diretto in un atto unico dal 39enne Matthias Martelli sceneggiatore, attore e regista anche lui urbinate. 

E per una sera, il teatro "Antidoto" di Macchitella che lo ha ospitato si è trasformato in laboratorio di storia dell'arte, luogo di narrazione di intrecci amorosi, palcoscenico di vita vissuta, centro di ricerca di linguaggi comunicativi che ha fatto della mimica e della tecnica giullaresca del grande artista Dario Fo il filo conduttore dello spettacolo, affascinando il folto pubblico presente in sala per tutta la durata dei suoi 75 minuti.

All'autore abbiamo chiesto perchè ha voluto definire Raffaello figlio del vento.

«Figlio del vento perchè, essendo io nato a Urbino, città notoriamente ventosa (lo diceva pure Pascoli) mi sono immaginato che si potesse evidenziare con questo termine la dinamicità di Raffaello che si sposta da una città all'altra, da una regione all'altra e che il vento potesse instillare il demone dell'arte interiore mentre lo portava in giro per l'Italia per renderlo un uomo felice e diventare uno degli artisti più straordinari di tutti i tempi».

– Che significato attribuisce al suo monologo?

"Non uno ma tanti significati. Innanzitutto quello di celebrare una figura del rinascimento non per lasciarla nel passato ma per ricordare la meraviglia che è stata l'epoca artistico-rinascimentale e capire come da essa, oggi, si possa costruire un nuovo Rinascimento, una ripartenza ancora più florida delle arti  e della cultura".

– Martelli, lei è molto attento a comunicare col suo pubblico

«Racconto Raffaello attraverso il ricorso a tre linguaggi: la narrazione giullaresca, facendo tanti personaggi; le musiche originali dal vivo del maestro Castellan con il suo piano; le immagini delle opere del grande pittore che appaiono mentre recito sul palcoscenico. Tre linguaggi che si uniscono in una sintesi ideale per trasmettere il mio messaggio storico e artistico». 

– Molti la definiscono l'erede morale del grande Dario Fo... 

«Mi sento lusingato ma Dario Fo ha lasciato un'eredità talmente grande che la si può dividere in tantissimi sia portando avanti i suoi pezzi, le sue commedie, i suoi monologhi, sia scrivendo e mettendo in scena quel teatro riscoperto da Dario, che viene dal medioevo».

– C'è nel suo lavoro qualcosa del grande artista lombardo, Nobel per la letteratura  nel '97?

«Sì. E' il suo linguaggio giullaresco, che è il linguaggio della commedia dell'arte, fisico, vocale, mimico che gioca molto col  palcoscenico».

– Matthias, cosa ricorda della sua amicizia con Dario Fo?

«Un episodio in particolare legato alle origini, a una mail che gli mandai nel 2011 invitandolo senza conoscerlo a un incontro per uno spettacolo che stavo preparando per la mia scuola di teatro. Lui mi rispose, volle il mio numero di telefono e mi chiamò presentandosi con una semplicità disarmante: "pronto, sono Dario". Pensate: lui, 85enne, premio Nobel, artista famoso, mentre io 25 anni attore alle prime armi. Questa avvenimento mi trasmise una forza interiore immensa e mi fece capire che nella vita tutto è possibile».

– La sua tournee si conclude a Gela?

«No. Nella vostra bellissima Isola dopo Gela vado a Noto, Regalbuto, Giarre e poi a Catania, con due serate, quindi a Genova da dove ripartiremo con "Mistero Buffo", il capolavoro di Fo. Sono molto contento di essere qui. La Sicilia di piace tantissimo, mi fa impazzire ed è l'occasione di vivere questa esperienza in un luogo ricco di storia e di cultura che non conoscevo».